Sentenze
Cassazione: il rispetto delle linee guida cancella tutti i casi di colpa medica
di Giovanni Negri
Ormai parlare di colpa medica è quasi improprio. Perché la legge Gelli-Bianco del marzo 2017 ha introdotto una causa di non punibilità del medico che, a determinate condizioni, scatta indipendentemente dal grado della colpa. Lo chiarisce la Corte di cassazione con la sentenza 50078/17 della Quarta sezione penale con la quale è stata annullata la condanna per lesioni colpose emessa nei confronti di un medico agli effetti penali, mentre resta aperta la possibilità del risarcimento civile.
Al professionista erano state imputate le conseguenze di un intervento di lifting facciale che avevano condotto a un'estesa zona di insensibilità.
La Cassazione ricorda che il nuovo articolo 590 sexies del Codice penale ha cancellato la depenalizzazione della colpa lieve prevista dalla precedente legge Balduzzi. Non esiste quindi più, pertanto, un problema di grado della colpa, con l'eccezione di quei casi in cui la legge Balduzzi si configura come norma più favorevole da applicare a quei casi caratterizzati da negligenza o imprudenza.
La riforma, avverte la Cassazione, prende in considerazione solo le situazioni che si possono ricondurre all'imperizia, considerate non punibili neppure nell'ipotesi di colpa grave.
È degna di considerazione, riconosce la sentenza, l'obiezione per cui in presenza di colpa grave sarebbe molto difficile ipotizzare le condizioni di impunità del medico. Tuttavia, ribadisce la Cassazione, alla colpa grave non può più essere attribuito un peso diverso rispetto a quella lieve, visto che sono entrambe comprese nell'area di applicazione della nuova causa di non punibilità; inoltre, è chiara intenzione della riforma favorire la posizione del medico, riducendo gli spazi per la sua possibile responsabilità penale, conservando invece la responsabilità civile.
Si introduce così una causa di non punibilità per imperizia, la cui operatività è subordinata al rispetto da parte del medico delle linee guida oppure, in assenza di queste, delle buone pratiche clinico assistenziali e che queste raccomandazioni siano adeguate alla specificità del caso concreto. Una rinuncia alla sanzione che è fondata sulla volontà della legge di non mortificare l'iniziativa del professionista con la paura di ingiuste rappresaglie «mandandolo esente da punizione per mera valutazione di opportunità politico criminale, al fine di restituire al medico una serenità operativa così da prevenire il fenomeno della cosiddetta medicina difensiva».
«In questa prospettiva - osserva la pronuncia - l'unica ipotesi di permanente rilevanza penale della imperizia sanitaria può essere individuata nell'assecondamento di linee guida che siano inadeguate al caso concreto; mentre non vi sono dubbi sulla non punibilità del medico che, seguendo le linee guida adeguate e pertinenti pur tuttavia sia incorso in una “imperita” applicazione di queste».
© RIPRODUZIONE RISERVATA