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Cuori italiani in affanno: le malattie cardio, cerebro e vascolari restano prima causa di morte (31%) in Italia con tanto di gap di genere e per codice postale

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24 Esclusivo per Sanità24

Nonostante i progressi nella cura, le malattie cardio, cerebro e vascolari continuano a rappresentare la prima causa di mortalità in Italia, con più di 210.000 decessi nel 2021 (31% del totale) e con una quota maggiore fra le donne rispetto agli uomini (56% vs. 44%). In più, il tasso standardizzato di mortalità certifica il gap per codice postale, con valori inclusi tra i 22,1 decessi per 10.000 abitanti del Trentino-Alto Adige e i 35,6 della Campania, per un dato medio nazionale pari a 26,7.
Questo il preoccupante affresco di sintesi sulle principali patologie ’big killer’ tracciato in occasione dell’incontro “Verso la Giornata mondiale del cuore: prevenzione, diagnosi precoce e aderenza terapeutica”, organizzato alla Camera dei deputati per iniziativa dell’
Onorevole Francesco Maria Ciancitto (commissione Affari sociali) e realizzato in collaborazione con Meridiano Cardio, la piattaforma di discussione e dialogo sulle patologie cardio, cerebro e vascolari di The European House – Ambrosetti (Teha), con il contributo non condizionante di Amgen, Sanofi, Abbott Medical, W.L. Gore & Associati e Sandoz. «I dati di mortalità cardiovascolare e le significative difformità territoriali esistenti ci spingono a riflettere e a intervenire per migliorare la qualità di vita e la gestione dei pazienti – ha affermato in apertura l’onorevole Ciancitto, iscritto anche all’Intergruppo per le malattie cardio, cerebro e vascolari -. Lo scopo dell’incontro di oggi è proprio quello di confrontarci con le principali società scientifiche per capire come rafforzare concretamente la prevenzione, la diagnosi precoce e l’aderenza alle terapie, senza dimenticare la comunicazione al paziente. Su queste tematiche proseguirà il mio impegno parlamentare».
Quella delle malattie cardio, cerebro e vascolari rappresenta non soltanto una priorità di sanità pubblica nazionale, ma si configura anche come una priorità a livello europeo, con il 32% dei decessi legati a queste patologie (prima causa di mortalità). «È molto importante anche per il nostro Paese che la Presidente della Commissione Europea von der Leyen abbia inserito le malattie cardiovascolari come priorità di intervento per il mandato 2024-2029, replicando il modello dello Europe’s Beating Cancer Plan – ha sottolineato Daniela Bianco, Partner e Responsabile dell’Area Healthcare di Teha Group -. Con Meridiano Cardio continuiamo a ribadire in Italia la necessità di implementare azioni efficaci per migliorare la gestione di questi pazienti in 6 ambiti specifici, con un elemento di attenzione anche al monitoraggio degli interventi implementati, anche attraverso l’aggiornamento degli indicatori Lea, e alla riduzione delle difformità territoriali».
«Dobbiamo continuare a mantenere alta l’attenzione sulle malattie cardio, cerebro e vascolari perché queste patologie sono, e saranno sempre più, una priorità di salute pubblica per il nostro sistema sanitario, considerati anche i trend demografici - ha aggiunto la senatrice Elena Murelli, Promotrice dell’Intergruppo Parlamentare per le malattie cardio, cerebro e vascolari -. In vista della Giornata mondiale del cuore auspico davvero che si possa arrivare a un impegno concreto da parte del ministero della Salute su queste patologie e alla definizione di una strategia di presa in carico condivisa tra tutti gi stakeholder, dalle Istituzioni, passando per la classe medica, gli altri professionisti della salute e soprattutto i pazienti tramite le associazioni, sempre più attori protagonista del sistema di cura».
Secondo gli ultimi dati del Progetto Cuore dell’Istituto Superiore di Sanità, il 98% della popolazione italiana di età compresa tra i 18 e i 69 anni presenta almeno un fattore di rischio cardiovascolare tra ipertensione, ipercolesterolemia, diabete, sedentarietà, fumo, eccesso ponderale, scarso consumo di frutta e verdura; se l’ipercolesterolemia è fattore causale della cardiopatia ischemica, il diabete rappresenta il principale fattore di rischio per lo sviluppo delle malattie cardiovascolari e, allo stesso tempo, le malattie cardiovascolari si configurano come la principale causa di morte nel paziente diabetico. Si stima infatti che più del 60% dei pazienti diabetici ultrasessantenni muoia per malattie cardiache e abbia un rischio fino a 5 volte maggiore di infarto rispetto alla popolazione non diabetica. La prevenzione primaria rappresenta un elemento chiave per queste patologie considerato che, agendo sui fattori di rischio cardio-metabolici modificabili, l’80% dei decessi legati a queste malattie sarebbe evitabile. Anche uno studio del 2024 realizzato da Efpia e London School of Economics ha dimostrato che nell’Unione Europea nei prossimi 10 anni si potrebbero evitare 1,2 milioni di infarti e ictus fatali se il 70% delle persone affette da malattie cardiovascolari gestisse meglio i propri fattori di rischio.
«La sfida della prevenzione cardiovascolare passa attraverso il riconoscimento della condizione di rischio dei pazienti e dall’intervento prima che si sviluppi un evento ischemico – ha sottolineato Pasquale Perrone Filardi, presidente della Società italiana di Cardiologia. «La Sic - ha detto - ha appena pubblicato su questo tema un position paper con obiettivo di aumentare la sensibilità della classe medica su questo aspetto, ricordando che in termini assoluti il maggior numero di eventi ischemici che registriamo si sviluppa proprio in coloro che non erano consapevoli della malattia sottostante o non avevano subito precedenti eventi».
La prevenzione secondaria. Con riferimento alla prevenzione secondaria, più dell’80% dei pazienti ancora non raggiunge il target di colesterolo Ldl (inferiore a 55mg/dL) previsto dalle più recenti linee guida Eas/Esc, con il risultato che la mortalità a 1 anno da un infarto miocardico acuto è ancora pari al 9,1% (dato 2021) rispetto al 10,2% del 2015, rispetto alla mortalità a 30 giorni passata dal 9% del 2015 al 7,7% del 2022; il dato della mortalità a 1 anno presenta anche un elevato grado di difformità territoriale con valori che oscillano tra il 5,4% della Valle d’Aosta al 12,8% della Sicilia. «La prevenzione secondaria nei soggetti che sono già andati incontro a un evento cardiovascolare e che hanno un rischio residuo elevato è un ambito da potenziare. In questo ambito, sono varie le criticità da affrontare: molti pazienti non raggiungono i target terapeutici, abbiamo a disposizione presidi farmacologici in grado di migliorare la prognosi ma li utilizziamo ancora in modo insufficiente, la mancanza di aderenza da parte dei pazienti è frequente, saranno fondamentali una riorganizzazione territoriale e maggiori sinergie tra gli attori coinvolti nel percorso di cura – ha aggiunto Fabrizio Oliva, presidente dell’Associazione dei medici cardiologi ospedalieri (Anmco).
La diagnosi precoce con screening. Gli screening offrirebbero l’opportunità di identificare precocemente queste malattie, riducendo sia gli impatti sugli outcome di salute sia i notevoli costi sociali e previdenziali correlati. La diagnosi precoce attraverso gli screening ha un grande valore anche per le patologie valvolari che non sono prevenibili adottando semplicemente stili di vita corretti, che finora sono sempre state sotto-diagnosticate e quindi sotto-trattate. Il primo esempio di screening condotto su un campione di circa 1.000 anziani in dieci piccoli comuni con meno di 3.000 abitanti ha restituito una prevalenza di patologie valvolari nelle forme lieve e moderata tre volte più alta rispetto a quella stimata fino ad oggi del 10-12%. «Molte valvulopatie hanno oggi straordinarie possibilità di trattamento efficace e mini-invasivo per via transcatetere. Una diagnosi tempestiva è centrale per prevenire eventi avversi gravi e per il successo clinico del trattamento che non può arrivare in fase troppo avanzata della malattia – ha ricordato Francesco Saia, presidente della Società italiana di Cardiologia interventistica (Gise).
Anche nella lotta alle malattie vascolari, un corretto stile di vita, un’efficace gestione dei fattori di rischio e una diagnosi precoce sono fondamentali. Ad esempio, l’esecuzione dell’ecocolordoppler dell’aorta addominale in tutti i pazienti a partire dai 50 anni potrebbe favorire la diagnosi precoce dell’aneurisma aortico, prevenendone la rottura che in Italia è responsabile di circa 6.000 decessi, di cui circa l’80-90 % prima di giungere in ospedale.
Educare la popolazione è un must. «Anche per le malattie vascolari occorre informare ed educare la popolazione, investire maggiormente e in modo più oculato in programmi di screening nelle fasce di popolazione a rischio, correggere i fattori di rischio, diagnosticare in tempo e laddove opportuno, secondo le linee guida, anche intervenire chirurgicamente, meglio se con le nuove tecnologie mininvasive endovascolari, oltre che con la terapia medica sempre più efficace – ha ribadito Gaetano Lanza, Presidente della Società italiana di Chirurgia vascolare ed endovascolare (Sicve) -. Il miglioramento dei processi di presa in carico, a partire dalle attività di prevenzione e diagnosi precoce, passa anche per la definizione e rilevazione di opportuni indicatori di monitoraggio a livello territoriale, ambito sottodimensionato in termini di indicatori monitorati rispetto all’assistenza ospedaliera».
L’importanza della sanità digitale. «Il progresso della sanità digitale e l’interoperabilità dei sistemi informativi apriranno nuovi scenari per il monitoraggio dei processi assistenziali, nella prospettiva di individuare le aree di miglioramento, contrastare l’inappropriatezza e la disomogeneità nell’accesso ai trattamenti, sostenere una più efficace programmazione sanitaria e contribuire alla costruzione di un Ssn più sostenibile e più resiliente», ha affermato Giorgia Duranti, Dirigente Area Indicatori Pne” di Agenas.
L’importanza dell’aderenza alle terapie. Oltre alla prevenzione e alla diagnosi precoce, anche l’aderenza alle terapie è correlata agli outcome di salute, con una bassa aderenza che si traduce in una maggiore incidenza di eventi clinici e mortalità e in maggiori costi per il sistema: ad esempio nei pazienti affetti da ipercolesterolemia e ipertensione tra il minore e maggiore livello di aderenza si osserva una riduzione rispettivamente del 38% e del 25% dei costi del paziente. Oggi in Italia nel caso dei farmaci per la prevenzione del rischio cardiovascolare, come gli antipertensivi, gli ipolipemizzanti e gli anticoagulanti, l’aderenza è bassa e tende a diminuire all’aumentare dell’età dei pazienti, sebbene i più anziani siano proprio i soggetti a più alto rischio; una bassa aderenza è maggiore nelle Regioni del Sud. «Alla luce delle importanti implicazioni cliniche ed economiche legate alla mancata aderenza, è fondamentale individuare e implementare strategie efficaci per migliorarla - ha affermato Giorgio Lorenzo Colombo, direttore scientifico del Centro di Economia e valutazione del farmaco e delle tecnologie sanitarie dell’Università degli Studi di Pavia -. Tra gli interventi più efficaci figurano i programmi di automonitoraggio e autogestione dei medicinali, il coinvolgimento diretto dei farmacisti nella gestione delle terapie; l’adozione di schemi terapeutici quanto più possibile semplificati, come le ’single-pill combinations’ e una maggiore educazione sull’utilità dei farmaci e sui rischi derivanti da un’assunzione scorretta».
Il successo delle attività di prevenzione e diagnosi precoce in ambito cardio, cerebro e vascolare dipende soprattutto dal livello di consapevolezza del paziente, che deve essere informato (oggi, ad esempio, tra le varie cause di morte, le malattie cardiovascolari sono quelle per cui si registra il differenziale massimo - 24 punti percentuali - tra mortalità reale e mortalità percepita tra i cittadini) ma anche sentirsi responsabile della propria salute. «Coinvolgere attivamente i cittadini-pazienti richiede la comprensione profonda delle dinamiche motivazionali, emotive e percettive delle persone verso la salute, la malattia e la sanità – ha aggiunto in chiusura Guendalina Graffigna, Direttore di EngageMinds HUB – Consumer, Food & Health Engagement Research Center dell’Università Cattolica -. Bisogna cambiare passo nelle iniziative di educazione e comunicazione. La psicologia può aiutare nel pianificare strategie di indagine e di intervento atte a rendere le persone davvero protagoniste del loro percorso preventivo.


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