Medicina e ricerca

Rome Tech-Università della Tuscia: fotochemioterapia di precisione per neoplasie della pelle

S
24 Esclusivo per Sanità24

Il Dipartimento per la Innovazione nei sistemi Biologici, Agroalimentari e Forestali (DIBAF), dell’Università degli Studi della Tuscia di Viterbo nell’ambito delle iniziate legate al sistema dell’innovazione di Rome Technopole ha diffuso uno studio che caratterizza le interazioni chimico-fisiche in grado di preservare la struttura nanoparticellare di un farmaco organometallico di recente sviluppo a base di Palladio. “Nell’ambito delle applicazioni in fotochemioterapia - spiega Costantino Zazza che ha proposto la ricerca su scala dipartimentale - aggregati nanoparticellari di singole subunità molecolari seppur complesse possono aprire enormi prospettive nell’affrontare in maniera poco intrusiva con farmaci di precisione particolari neoplasie di superficie sull’epidermide”.
“Tipicamente - continua - la conservazione della struttura nanoparticellare dalla preparazione in laboratorio alla somministrazione nel flusso sanguigno è fondamentale per permettere che le singole subunità di farmaco non vengano degradate in processi secondari favorendone oltremodo lunghi tempi di circolazione nel corpo umano2.
La cosa attraente è quindi comprendere in condizioni fisiologiche la natura delle interazioni tra le singole molecole di farmaco” che permettono una marcata resilienza delle nanoparticelle anche in presenza dell’attecchimento all’interno di tessuti che presentano neoplasie. Trattandosi – come nel nostro caso – di interazioni a carattere non-covalente le molecole di farmaco preservano le proprietà fotodinamiche anche nel microambiente tumorale”.
La ricerca è stata ispirata da un articolo recentemente pubblicato su Nature Chemistry nel quale veniva mostrata per la prima volta l’efficacia di un complesso organometallico a base di Palladio capace di organizzarsi in nanostrutture stabili in condizioni fisologiche e che presenta un alta selettività per tessuti tumorali quali ad esempio il melanoma A375; una volta raggiunto il tessuto malato, questo può essere irradiato con luce di opportuna lunghezza d’onda per attivare una reazione fotosintetica di tipo I a carico delle singole molecole organizzate in nanostrutture che porta alla distruzione radiativa delle cellule tumorali.
“L’idea di utilizzare la luce per trattare neoplasie di superficie nei tessuti umani è decisamente attraente - conclude Zazza -. Chiaramente vanno individuati quei complessi organometallici fotoresponsivi alla luce. In conseguenza di tale attivazione, s’instaura una reazione fotodinamica che distrugge le cellule maligne in modo selettivo.
Il nostro primo contributo in questo campo moderno di ricerca è stato quello di identificare gli stati elettronici del farmaco in grado di captare la luce visibile nelle regioni spettrali di esercizio nella terapia farmacologica di precisone e di mettere in evidenza - mediante calcoli quantomeccanici decisamente complessi – la totale assenza di pattern di interazione covalente tra le singole unità di farmaco nelle strutture nanoparticellari.
Siamo confidenti che quanto derivato in questa ricerca fornisca informazioni utili nelle applicazioni terapeutiche con conseguente formazione di specie reattive dell’ossigeno (ROS, acronimo derivante dall’inglese “Reacting Oxygen Species”) a livello di singole cellule malate”.


© RIPRODUZIONE RISERVATA