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Aifa: la spesa farmaceutica diretta cresce a quota 3,287 mld (+1,1 mld) ma è difficilmente comprimibile

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La spesa farmaceutica per gli acquisti diretti nel 2023 ha fatto registrare un aumento di 1,1 miliardi, a quota di 3,287 miliardi,  compensato solo in parte dall’aumento del tetto di spesa di 383 milioni. Lo afferma il direttore tecnico scientifico di Aifa, Pierluigi Russo, ricordando che nel 2022 il tetto aveva già fatto registrare uno sforamento di 2,706 miliardi. “Lo sforamento di spesa per i medicinali acquistati direttamente dalle Asl - spiega - in larga parte ad uso ospedaliero, è difficilmente attribuibile ad un loro uso inappropriato, essendo dovuto a medicinali innovativi per malattie rare, oncologiche, autoimmuni, cardiovascolari o per gli antidiabetici di ultima generazione”. Si tratta di farmaci in molti casi salvavita “e in larga parte sottoposti a strumenti di controllo sul loro uso appropriato, come le Note Aifa che ne circoscrivono la rimborsabilità, piani terapeutici o registri di monitoraggio informatizzati”. Per Russo “l’analisi più approfondita dei farmaci che hanno avuto il maggior incremento di spesa mostra come si tratti di una spesa difficilmente comprimibile”.
“Oltre il 40% dell’incremento (pari a 410 milioni di euro) è infatti dovuto a 12 farmaci antineoplastici e immunomodulatori, indicati principalmente per il trattamento di patologie oncologiche e malattie autoimmuni, tra cui vengono annoverati farmaci ad alto costo; tra questi si evidenzia la presenza di 4 farmaci innovativi, due dei quali utilizzati per il trattamento di malattie rare gravi, come la fibrosi cistica e l’atrofia muscolare spinale”, spiega il Direttore tecnico scientifico di Aifa.
“Per la maggior parte di questi farmaci l’ammissione alla rimborsabilità di nuove indicazioni terapeutiche nel corso del 2023 potrebbe inoltre aver determinato un maggior utilizzo e di conseguenza un incremento della spesa, come nel caso di una terapia avanzata cellulare, cosiddetta CAR-T”, aggiunge Russo.
Poco più del 30% dell’incremento (oltre 307 milioni di euro) è poi imputabile a 9 farmaci indicati per la cura di malattie cardiovascolari o che impattano sul rischio cardiovascolare, come gli ultimi antidiabetici di recente introduzione sul mercato, che da soli sono responsabili di un incremento di 144 milioni di euro e che richiedono un trattamento di tipo cronico. Tra questi solo la oramai nota semaglutide, farmaco antidiabetico efficace anche nella riduzione del peso corporeo, rappresenta l’8,2% (+82,9 milioni di euro) dell’aumento di spesa complessivo registrato. Il restante 30% è rappresentato da 8 farmaci, la metà dei quali sono farmaci innovativi per malattie ultra-rare. “Infine – spiega ancora Russo - si segnala anche il remdesivir, antivirale per il trattamento del Covid-19, il cui acquisto nel 2022 avveniva ad opera della struttura commissariale del Ministero della Salute per l’acquisto di vaccini e farmaci anti-Covid-19 e la cui spesa (53 milioni) ora viene contabilizzata nel flusso degli acquisti diretti”.


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