Medicina e ricerca
Radioligandi: l’importanza di un’equa remunerazione e di un giusto Drg per sostenere l’innovazione
di Alfredo Muni*
24 Esclusivo per Sanità24
La terapia con radioligandi (RLT) segna un nuovo traguardo nel trattamento oncologico con radiofarmaci: questa strategia terapeutica permette infatti di individuare il bersaglio e rilasciare radiazioni mirate e precise nelle cellule tumorali ovunque si trovino, senza danneggiare i tessuti vicini. Si tratta quindi di uno degli esempi più innovativi e promettenti della medicina di precisione grazie alla quale si stanno individuando strategie di intervento più mirate e sicure in grado di migliorare sia la capacità prognostica che l’aspettativa di vita dei pazienti, come sottolinea anche il Piano Oncologico Nazionale 2022-2027.
Una promessa che è diventata realtà con l’introduzione negli ultimi anni di alcuni trattamenti, tra cui il radiofarmaco per i tumori neuroendocrini del tratto gastro-entero-pancreatico, ben differenziati, metastatici e in progressione a cui prossimamente si aggiungerà un altro radiofarmaco indicato per il trattamento del carcinoma prostatico progressivo metastatico resistente alla castrazione e PSMA-positivo.
Di fronte a questa innovazione scientifica e clinica, però, il sistema di remunerazione non si è adeguato: il sistema tariffario attualmente vigente è infatti in forte ritardo nell’aggiornare i DRG, risultando incoerenti con le procedure cliniche e le soluzioni tecnologiche che oggi sono la prassi nel SSN. Infatti, dal momento che, ad oggi, non esiste un DRG dedicato alla terapia con radioligandi, questo trattamento è associato al DRG 409, che è codificato per le generiche sessioni di radioterapia. Non è stato quindi effettuato alcun adeguamento delle procedure per la determinazione delle tariffe rispetto alla complessità delle nuove terapie, alla necessità di risorse umane e tecnologiche aggiuntive: qualunque sia la complessità del trattamento, la remunerazione del DRG 409 che comprende tutte le prestazioni terapeutiche di medicina nucleare è sempre pari a 1.471 € se erogate in regime di ricovero ordinario e di 353 € se erogate in regime di day hospital, un’inezia rispetto alla spesa sostenuta ed al valore intrinseco del trattamento.
Il DRG 409 avrebbe necessità di essere meglio valorizzato, almeno tanto quanto il costo standard del ricovero ordinario medio calcolato dal Network Italiano Sanitario (N.I.San) che fa attività di benchmarking con i dati che vengono forniti dai principali ospedali italiani, e che nel 2022 è risultato pari a 2.826,80 € per il ricovero ordinario. È, dunque, evidente come sia necessario aggiornare i DRG e riconoscere il giusto valore alle diverse prestazioni del SSN poiché, com’è attualmente strutturato, il DRG 409 ha una elevata inappropriatezza e non consente una corretta valorizzazione della nuova opportunità terapeutica.
Un giusto DRG garantisce l’innovazione. La remunerazione incorretta dei DRG alimenta l’inefficienza e impedisce il corretto accesso all’innovazione ai pazienti, “penalizza” in modo incoerente i ricoveri, dei casi più complessi a vantaggio delle unità che effettuano interventi routinari e di più limitata complessità. Sarebbe quindi auspicabile costruire una tariffa ad hoc per la RLT a livello nazionale e, alla luce del superamento dell’obbligo di ricovero ordinario in degenza protetta per le terapie che non prevedano l’utilizzo di radioiodio (D. Lgs 101/2020), sarebbe necessario avere una tariffa adeguata in caso di somministrazione in regime di day hospital.
La capacità di erogare le terapie con radioligandi è attualmente insufficiente a coprire i bisogni di una platea di pazienti che è destinata a crescere con l’arrivo di nuove indicazioni. La RLT erogata in regime alternativo al ricovero ordinario renderebbe possibile estendere l’offerta terapeutica anche ai centri di medicina nucleare sprovvisti di degenza ordinaria protetta permettendo, al contempo, un’economia di gestione più sostenibile; questo, porterebbe anche a un abbattimento della mobilità passiva che interessa soprattutto le Regioni del Sud Italia dove il numero di letti disponibili in medicina nucleare è inferiore.
Recentemente è stato redatto un documento congiunto AIFM-AIMN “Aspetti di radioprotezione nelle terapie con 177Lu-DOTATATE e 177Lu-PSMA-617” nel quale vengono ipotizzate tre scenari per la somministrazione di radiofarmaci terapeutici marcati con 177-Lutezio. Il documento permette di estendere la possibilità di effettuare i trattamenti anche ai centri di medicina nucleare sprovvisti di camere di degenza protetta per i ricoveri ordinari.
Di fatto, quindi, l’introduzione nella pratica clinica che somministra radiofarmaci avvalendosi della terapia con radioligandi rende necessario non solo un adeguamento del DRG ma anche un adeguamento della logistica e dell’organizzazione. È fondamentale disegnare delle reti regionali di medicina nucleare terapeutica secondo un modello Hub & Spoke, in grado di erogare la RLT attraverso un potenziamento dei posti letto nelle sedi che già dispongono di degenza ordinaria, a cui si deve aggiungere l’attivazione di camere di Day Hospital per tutti gli altri centri di medicina nucleare. La rete permetterebbe inoltre di poter erogare in day hospital i cicli successivi al primo anche per quei pazienti a rischio di eventi avversi, quindi gestiti con ricovero ordinario, qualora dopo il primo ciclo nella struttura Hub non si siano registrate criticità. Si allargherebbe così in modo importante l’offerta delle sedi in grado di erogare questa prestazione e con essa la possibilità per i pazienti di avere accesso all’innovazione terapeutica.
In conclusione, per rendere l’innovazione una vera opzione di cura servono cambiamenti culturali ma anche infrastrutturali, organizzativi e politico-amministrativi.
*Direttore SC Medicina Nucleare AOU “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” Alessandria
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