Medicina e ricerca
Tumori/Pinto: scritte pagine nuove nella cura ma serve un network unico per l'accesso all'innovazione
di Alessandra Ferretti
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Aumento della sopravvivenza e minore impatto della tossicità nelle terapie di mantenimento grazie a nuovi farmaci e alla combinazione di più strategie di cura. Sono alcuni dei risultati emersi del 6° Congresso internazionale “Clinical Needs and Translational Research in Oncology”, organizzato a Reggio Emilia dalla Struttura Complessa di Oncologia IRCCS dell’Ospedale Santa Maria Nuova e dal suo Direttore, dottor Carmine Pinto. Una due giorni che ha chiamato a raccolta professionisti dell’oncologia e della ricerca traslazionale da tutta Italia e dall’estero e che ha fatto il punto su trend, terapie, prospettive. Ma vediamo cosa è emerso per le diverse patologie.
Il tumore del polmone
In comune alle patologie oncologiche del polmone e della mammella spicca come dato rilevante la caratterizzazione della malattia. “Nell’adenocarcinoma del polmone – spiega il dott. Pinto - i risultati legati alle terapie target molecolari hanno cambiato in modo radicale la sopravvivenza in questi pazienti, mentre per i pazienti dove non sono presenti dei target un risultato rilevante è stato portato dall’immunoterapia”.Come afferma l’Associazione Internazionale per lo studio del cancro del polmone (International Association for the Study of Lung Cancer, IASLC), la sopravvivenza a cinque anni per i pazienti con questa patologia è oggi di circa il 12% e si può pensare di raddoppiarla nei prossimi dieci anni.
Il tumore della mammella
Riguardo all’adenocarcinoma del tumore della mammella, oggi abbiamo a disposizione indirizzi terapeutici precisi per i diversi setting la malattia (malattia ormono-responsiva, malattia HER-2 positiva e quella triplo negativa), i quali tengono conto della caratterizzazione del tumore. “Questo si considerava già nel passato ovviamente – precisa l’oncologo -, ma oggi probabilmente abbiamo più possibilità terapeutiche per questi pazienti, pensiamo ad esempio a quello che sta succedendo alla malattia HER-2 positiva dove avevamo a disposizione soltanto il trastuzumab. Ma poi sono arrivati il trastuzumab deruxtecan e il tucatinib. Oggi, dai dati del doppio blocco con malattia metastatica trattata con pertuzumab, trastuzumab e tassano, possiamo affermare come la sopravvivenza a 8 anni sia quasi il 38%, percentuale non elevata che tuttavia potrà essere ulteriormente migliorata dai nuovi farmaci che abbiamo a disposizione. E in questo caso parliamo sia del trastuzumab deruxtecan che del tucatinib, i quali potranno dare nella malattia importanti risultati, come hanno fatto gli inibitori delle cicline nei vari setting di malattia ormonopositiva e come già sta cominciando a dare anche l’immunoterapia per la malattia triplo-negativa”.
Il trattamento di mantenimento
Sull’impatto che può avere il trattamento di mantenimento nelle diverse neoplasie in fase avanzata, dalla mammella al colon, al polmone, alla vescica, le evidenze cambiano molto da tumore a tumore. Nel complesso oggi possiamo contare su un controllo di malattia che permette la non-progressione del tumore in questa fase, con un trattamento che è meno intenso in termini di tossicità nella fase del mantenimento, ma che alla fine può migliorare la qualità di vita del paziente perché la malattia non progredisce. Anche sul mantenimento stiamo leggendo la pagina nuova rappresentata dall’immunoterapia, che per molte patologie prevede una terapia di induzione in combinazione con chemio e successivamente mantenimento con una sola immunoterapia.
Tumor Mutational Burden e microbiota
Ancora in tema di immunoterapia, si è ragionato sul carico mutazionale del tumore (Tumor mutational Burden, TMB), la frontiera che sta aprendo prospettive nel trattamento personalizzato del cancro. Valutando il carico mutazionale di un tumore si può ottenere una panoramica completa delle sue alterazioni molecolari. Per facilitare la selezione dei pazienti ci si basa anche sugli antigeni di membrana e sul microbiota, considerando quanto impatta il numero di batteri (il microbiota naturale) e come questo può influire anche a livello dell’espressione antigenica e quindi sulla risposta all’immunoterapia.
L’importanza delle reti oncologiche
Nei tumori dell’ovaio, fegato e rene, la chemioterapia e le diverse tipologie di trattamento target (in particolare con attività antiangiogenetica), sia per via infusionale che per via orale, ed anche in combinazione con l’immunoterapia, può migliorare in modo importante la sopravvivenza dei pazienti, quando vengano date con una strategia di sequenza terapeutica. “In tutto questo – sottolinea Pinto - occorre disporre di una programmazione e organizzazione sanitaria che garantisca in maniera diffuso l’accesso alle terapie appropriate e innovative. Parliamo dell’importanza delle reti oncologiche regionali che mettono insieme in unico network gli ospedali, le università, gli IRCCS e tutte le altre strutture del territorio in continuità assistenziale. All’interno delle reti gioca un ruolo centrale la ricerca, che può consentire ai pazienti di poter accedere agli studi e quindi precocemente ai farmaci innovativi”.
La comunicazione scientifica dell’oncologia
Tutto quello che qui stiamo riferendo va comunicato in modo corretto, trasparente e “adatto” ovvero fruibile alla popolazione. “Oggi siamo in una fase di passaggio sull’informazione - ragguaglia Pinto -. Su un piatto della bilancia pesa la comunicazione web, che porta con sé la necessità di attenta selezione delle fonti e dei contenuti, sull’altro piatto mantiene il suo ruolo primario il media tradizionale, visto che durante questa pandemia la percentuale maggiore di utilizzo dei media l’ha raggiunta ancora il mezzo del telegiornale. Consci di questo, pensiamo sia opportuno utilizzare questi stessi media per fornire un’adeguata educazione e informazione, in parallelo ad una crescita della qualità di chi intende fare informazione scientifica”.
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