Medicina e ricerca
Cardioncologia, quando il cuore si ammala per le cure anticancro
di Nicola Maurea (direttore SC Cardiologia Irccs Pascale) e Michelino De Laurentiis (direttore Uoc Oncologia Clinica Sperimentale Irccs Pascale)
La cardioncologia, disciplina finalizzata alla diagnosi, alla prevenzione e al trattamento delle complicanze cardiovascolari delle terapie antitumorali, è in continua espansione in considerazione della disponibilità crescente dei trattamenti antitumorali e dell'aumento, anche in Italia, del numero di casi prevalenti (numero di persone vive dopo una diagnosi di tumore), pari a oltre 3 milioni e trecentomila stimati per il 2017, in Campania il numero è di circa 350.000, con un incremento del 24% rispetto al 2010.
La chemioterapia, le terapie biologiche e la radioterapia possono tuttavia provocare complicanze a breve e a lungo termine. In un recente studio condotto sulle cause di decesso in 1.807 pazienti, in un follow-up di 7 anni, si è evidenziato che il 33% è morto per disturbi cardiaci e il 51% di cancro: purtroppo questo è un prezzo da pagare sicuramente alto. A causa delle terapie anticancro, le chemioterapie tradizionali e le nuove terapie biologiche, una notevole percentuale di pazienti sviluppa una serie di effetti collaterali cardiovascolari. Tutto ciò si può evitare se al momento della diagnosi e prima della scelta della terapia oncologica si accede e si viene presi in carico da una struttura cardioncologica, per individuare e trattare in maniera aggressiva eventuali fattori di rischio cardiovascolari come ipertensione, ipercolesterolemia, ipertrigliceridemia, diabete, ed intervenire precocemente in caso di patologie cardiache non diagnosticate come la disfunzione ventricolare sinistra, la cardiopatia ischemica, aritmie, problemi tromboembolici, ma principalmente intervenire in caso di urgenza cardiovascolare.
Per tali motivi, abbiamo organizzato con il direttore generale e il direttore scientifico dell'Istituto dei tumori di Napoli, Fondazione Pascale, Attilio Bianchi e Gerardo Botti due Congressi sulla Cardioncologia, che si svolgeranno tra il 21 e il 23 febbraio in partnership con il Dipartimento di Cardiologia dell' MD Anderson Cancer center di Houston, Università del Texas, che è il Centro Oncologico più importante al mondo, e la Divisione di Cardioncologia del Vanderbilt Heart medical center di Nashville (USA).
Il problema degli effetti collaterali cardiaci delle terapie antitumorali sta diventando sempre più consistente anche perché, a causa dell'invecchiamento della popolazione, un numero sempre maggiore di pazienti arriva alla diagnosi di tumore con fattori di rischio cardiovascolari o cardiopatie silenti. Ad esempio le donne con cancro al seno, di età superiore ai 50 anni, hanno una probabilità più alta di morire per problematiche cardiache collegate ai trattamenti oncologici che di morire per la recidiva del tumore.
Purtroppo spesso, mentre si è tutti concentrati a eliminare il cancro, questi problemi non sono riconosciuti o non vengono adeguatamente trattati: un errore di prospettiva, purtroppo, anche perché la presenza di fattori di rischio cardiovascolari non trattati aumenta il rischio di eventi avversi cardiaci a seguito della chemioterapia o della terapia con farmaci biologici. Purtroppo le tecniche ecocardiografiche attualmente diffuse nella maggior parte degli ospedali e sul territorio non sono sufficienti a diagnosticare precocemente il danno cardiaco in questi pazienti. Le nuove linee guida ci indicano che è obbligatorio utilizzare le nuove metodiche di studio della funzione cardiaca: lo strain longitudinale globale e l'ecocardiografia tridimensionale. Oltre a questo è necessario l'utilizzo di strumentazioni più sofisticate, quale la cardio TC per i danni da radiazione e la risonanza magnetica cardiaca, per identificare precocemente con le nuove sequenze la cardiotossicità. Il paziente deve essere seguito dal team cardioncologico durante il corso della malattia e se ha assunto determinati farmaci anche per anni dopo la fine della chemioterapia. .
Questa “regola” entra a buon diritto nel decalogo della prevenzione cardioncologica ideale, presentato al convegno: dieci semplici raccomandazioni che incrementano le possibilità di successo della cura e al tempo stesso sono “salvasalute” perché consentono di ridurre le recidive e gli effetti avversi delle terapie, permettendo ai tanti che sconfiggono il tumore di rimanere sani e forti. Sappiamo ad esempio che una corretta alimentazione è fondamentale per contrastare gli effetti cardiotossici di chemioterapia e cure biologiche. L'alimentazione migliora la prognosi e le regole per una dieta antitumorale sono poche: bisogna limitare o abolire carne rossa, zuccheri e dolci, ma senza restrizioni particolari su tutte le altre classi di alimenti. I tanto demonizzati latticini, ad esempio, non devono essere eliminati del tutto né è necessario diventare vegani: non esiste nessuna prova scientifica chiara di eventuali vantaggi, in più si tratta di un regime alimentare difficile da seguire con costanza e anche complicato da gestire perché sia equilibrato in termini di nutrienti necessari. Anche l'attività fisica e la dieta giocano un ruolo fondamentale. Fondamentale in un campo così nuovo è il ruolo della ricerca traslazionale. Il Pascale è già ad ottimi livelli e dispone di un laboratorio avanzato di ricerca preclinica cardioncologica con cui studiamo gli effetti cardiotossici dei farmaci e le possibilità di cardioprotezione, sfruttando un modello che, partendo dall'analisi in vitro su cardiomiociti, passa all'analisi in vivo con metodiche ecocardiografiche avanzate (analisi dello strain, ecc.), per poi passare all'analisi isto-patologica.
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