Lavoro e professione

Previdenza/ Come andare in pensione nel 2025

di Claudio Testuzza

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24 Esclusivo per Sanità24

Nel corso del 2024 si è parlato molto di modifiche al sistema previdenziale. Ma al di là di alcuni roboanti annunci e di un possibile piano elaborato dal Cnel non si è avuto nessuno intervento significativo.
Anzi, nonostante le novità previste anche nel disegno di legge di Bilancio per il 2025, che secondo il Governo aumenterebbero la flessibilità nell’accesso a pensione, l’anno prossimo le soluzioni per diventare pensionati prima di raggiungere i 67 anni, cioè l’età minima richiesta per il trattamento di vecchiaia, saranno analoghe a quelle attuali. Grazie alle quali, nei primi nove mesi del 2024, ci sono stati 89 pensionamenti anticipati ogni 100 di vecchiaia, con un’età media alla decorrenza oscillante tra i 61 e i 62 anni nelle varie gestioni previdenziali, mentre per la vecchiaia fluttua tra i 67 e i 68 anni .
Il ricorso alla pensione integrativa. L’unica disposizione innovativa è stata rappresentata dalla condizione che dal 2025 si consentirà di utilizzare la pensione integrativa al fine di raggiungere il requisito di importo minimo di 3,2 volte la pensione sociale, per il pensionamento anticipato.
Tale condizione riguarderà le pensioni interamente contributive, accessibili a chi non ha contributi prima del 1996, e di conseguenza il suo utilizzo, per ragioni anagrafiche, interesserà pochissimi nei prossimi anni (si dice appena 100 nel 2025 ), perché queste persone arriveranno in massa al pensionamento solo tra un poco di anni. Infatti, la stessa relazione tecnica alla legge di Bilancio afferma che le nuove regole sull’accesso al pensionamento di vecchiaia contributiva non dovrebbero produrre effetti nel 2025 (anche per i tempi di attuazione della norma) mentre si stima che verranno inizialmente utilizzate da circa 600 persone nel futuro 2034, e che anticiperanno il pensionamento, in media, di 1 solo anno.
Un bel risultato per chi ha sostenuto il superamento della legge Fornero.
Un mito propagandato da molti anni che viene finalmente rottamato.
La stessa legge di Bilancio 2025 introduce, però, ulteriori regole per chi l’anno prossimo potrebbe raggiungere l’importo minimo anche valorizzando la pensione integrativa. In questo caso, il requisito contributivo salirà a 25 anni dagli attuali 20, e a 30 anni a partire dal 2030. Inoltre fino all’età della pensione di vecchiaia l’assegno potrà essere cumulato solo con redditi da lavoro autonomo occasionale fino a 5mila euro lordi all’anno. Poi negli anni a seguire i requisiti diventeranno più selettivi.
Ma già dall’anno prossimo l’accesso a questo canale sarà condizionato al rispetto del budget previsto e ciò potrebbe comportare ulteriori restrizioni, quali l’elevazione dell’importo soglia e dell’importo della pensione di primo pilastro, nonché un ampliamento delle finestre.
La pensione anticipata ordinaria è la via principale per andare in pensione prima di compiere 67 anni di età. Ma è necessario avere accumulato una consistente anzianità contributiva: almeno 42 anni e 10 mesi se uomini, 41 anni e 10 mesi se donne. Raggiunto tale traguardo si matura il diritto alla pensione, indipendentemente dall’età.
Tuttavia la decorrenza scatta 3 mesi dopo, per via della finestra mobile, periodo in cui si resta senza reddito se non si prosegue l’attività lavorativa e non si hanno altre entrate. Nel 2025 la finestra salirà a 4 mesi per i lavoratori del comparto pubblico la cui pensione è liquidata della Cassa dei dipendenti degli enti locali, dei sanitari, degli ufficiali giudiziari e degli insegnanti di asilo e di scuole elementari parificate.
Si potrà ancora accedere a quota 103 raggiungendo i 62 anni di età e almeno 41 anni di contributi entro il 31 dicembre 2025, a cui va aggiunta una finestra di 7 mesi per i lavoratori del settore privato e di 9 mesi per quelli del pubblico. Inoltre l’importo dell’assegno sarà calcolato interamente con il metodo contributivo, in genere meno vantaggioso di quello misto a cui i pensionandi avrebbero diritto secondo le regole ordinarie e l’importo effettivamente messo in pagamento tra il pensionamento e il raggiungimento del requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia non potrà essere superiore a quattro volte il trattamento minimo di ogni anno. Durante lo stesso arco di tempo la pensione potrà essere cumulata solo con redditi da lavoro autonomo occasionale per un massimo di 5mila euro lordi annui.
Le “premialità” e le agevolazioni in manovra. Una conferma della Manovra di bilancio 2025 è la volontà di premiare lavoratrici e lavoratori che, pur potendo andare in pensione con Quota 103, decidono comunque di restare a lavoro. Si tratta di un incentivo al posticipo pensione già presente nel 2024. Chi sceglie in questi casi di proseguire l’attività lavorativa dipendente può rinunciare e ritrovarlo nella propria retribuzione, all’accredito contributivo della quota dei contributi previdenziali a suo carico, relativi all’Assicurazione generale per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti (Ivs) o a forme sostitutive. Per i lavoratori precoci sono necessari 41 anni di contributi se almeno 12 mesi sono riferiti a periodi lavorati prima del compimento del diciannovesimo anno di età. Ma solo se rientrano nelle categorie specificate dalla norma: disoccupati, caregiver, capacità lavorativa ridotta almeno del 74%; addetti alle mansioni gravose o usuranti. Si applicano le finestre dell’anticipata ordinaria. Nel 2023/2024 sono stati poco più di 11mila. Le lavoratrici che hanno maturato almeno 35 anni di contributi e almeno 61 anni di età (60 se con un figlio, 59 con almeno due figli) entro il 2024, potranno scegliere il pensionamento con l’opzione donna, che comporta il calcolo dell’assegno interamente con il metodo contributivo. Anche questo anticipo pensionistico è riservato alle disoccupate o dipendenti di aziende per le quali è aperto un tavolo ministeriale di crisi (requisito anagrafico ridotto sempre a 59 anni), alle caregiver e a coloro che abbiano una riduzione della capacità lavorativa per invalidità civile pari almeno al 74 per cento. In questo caso la finestra è di 12 mesi per le lavoratrici dipendenti e di 18 mesi per le autonome. Si stimano poco più di 2.500 accessi.
Le attività usuranti. Chi per almeno metà della vita lavorativa o per almeno sette anni negli ultimi dieci abbia svolto attività “usuranti” indicate nel decreto legislativo 67/2011 o lavorato di notte, può andare in pensione con il meccanismo delle quote, da raggiungere sommando età e anni di contributi. Si parte da almeno 61 anni e 7 mesi di età e almeno 35 anni di contributi. Nel 2023 sono state accolte meno di 2mila domande. L’anticipata contributiva è destinata a chi ha iniziato a versare contributi dal 1996. Richiede un requisito anagrafico di 64 anni abbinato a un minimo di 20 anni di contributi effettivi (non valgono quelli figurativi per malattia e disoccupazione), oltre a una finestra di tre mesi. L’importo del primo assegno deve essere non inferiore a tre volte l’assegno sociale, multiplo ridotto a 2,8 volte per le donne con un figlio e a 2,6 volte con almeno due figli. Dal pensionamento al raggiungimento del requisito anagrafico della pensione di vecchiaia l’importo messo in pagamento non può essere superiore a cinque volte il trattamento minimo. In presenza di un figlio, il requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia contributiva (67 anni) viene ridotto di quattro mesi, che diventano otto mesi con due figli, dodici mesi con tre figli e sedici mesi con almeno quattro figli. Non cambia il requisito contributivo minimo, che è sempre di 20 anni. Inoltre si deve ricordare che il pensionamento è consentito se l’importo del primo assegno è pari almeno a quello dell’assegno sociale. Obiettivo che dal 2025 potrà essere raggiunto anche valorizzando l’importo teorico della pensione complementare. A questa pensione possono accedere anche le lavoratrici con contributi ante 1996 se attivano l’opzione per passare al metodo contributivo a fronte del possesso dei requisiti richiesti per tale opzione. Infine nel quadro normativo attuale e futuro si può contare su quattro strumenti che non sono pensionamenti anticipati ma accompagnano alla pensione. L’Ape sociale, a carico dello Stato e prorogata dalla legge di Bilancio 2025, per determinate categorie di lavoratori a partire da 63 anni e 5 mesi di età e anzianità contributiva variabile da 28 a 36 anni. L’ Isopensione e l’assegno straordinario dei fondi bilaterali, a carico direttamente o indirettamente delle aziende, con durata massima rispettivamente di 7 e 5 anni. La rendita integrativa temporanea anticipata, che il singolo lavoratore si autofinanzia attingendo alla sua posizione di previdenza integrativa, in modo da avere uno scivolo fino a 5 anni, che sale fino a 10 anni a fronte di disoccupazione almeno biennale.Per quanto attiene la rivalutazione delle pensioni 2025, la così detta “perequazione”, l’incremento degli importi sarà regolato da un meccanismo un poco diverso rispetto al 2024. Torna in vigore la rivalutazione più favorevole, prevista a scaglioni invece di quella per fasce. Sarà infatti del 100 % per le fasce d’ importo fino a 4 volte il trattamento minimo ( 2394.44 euro ). In questi casi quindi l’aumento sarà totale. Del 90 % per le fasce d’ importo tra 4 e 5 volte il trattamento minimo (tra 2394.45 e 2933,06 euro) e del 75 % per le fasce d’ importo oltre 5 volte il trattamento minimo.
Rivalutazione ai minimi storici. La rivalutazione delle pensioni 2025 sarà molto limitata, rispetto a quella degli anni precedenti. Frutto di una percentuale fissata allo 0,8 %, che non avrà un forte impatto sugli importi del prossimo anno. Si tratta di pochi euro ( in media di 3 euro), a fronte di un costo della vita ben più alto. Infatti il decreto datato 15 novembre e siglato dal Ministero dell’economia e dal Ministero del lavoro ha stabilito la perequazione automatica delle pensioni con decorrenza 1° gennaio 2025 limitandone l’indicizzazione a 0,8 punti percentuali, anche se al momento solo provvisori. Il decreto prevede tuttavia, che, qualora la stima provvisoria dello 0,8 % non corrisponda ai dati definitivi, che non sembrano poter variare dall’0,8 %, si procederà a un conguaglio. Per quanti andranno in pensione nel 2025 c’è anche una buona notizia: la rivalutazione del montante. Per buona parte dei prossimi pensionati, il dato più importante per il calcolo del loro trattamento non è più l’ultimo stipendio o gli ultimi dieci anni di retribuzione, che sono utili per la quantificazione della quota di pensione determinata con il sistema retributivo, ma il coefficiente di capitalizzazione dei montanti contributivi, perché, almeno dal 2012 in poi ( ma per molti altri dal 1996 in poi ), la quota di pensione corrispondente viene determinata con il sistema contributivo.
Le previsioni per gli iscritti Enpam. Questo sistema si applica, a partire dal 2013, anche ai medici e agli odontoiatri iscritti all’Enpam, con riferimento a due delle cinque gestioni dell’Ente: la Quota A del Fondo di previdenza generale e la Gestione degli Specialisti esterni accreditati. Con il sistema contributivo, la pensione viene calcolata attraverso i contributi versati, che vengono rivalutati anno dopo anno sulla base di un particolare coefficiente ( appunto il coefficiente di capitalizzazione ), che viene individuato nel tasso medio annuo composto di variazione del prodotto interno lordo nominale nei cinque anni precedenti il penultimo anno prima della decorrenza della pensione.Ebbene per quanti andranno in pensione nel 2025 la rivalutazione del montante contributivo sarà del 3,66%, in deciso aumento rispetto al 2,30% dello scorso anno. Lo ha comunicato l’Istat, con la nota prot. 2545394 del 2024, pubblicata sul sito del Ministero del Lavoro, nella quale espone il tasso di capitalizzazione ai sensi della legge n. 335/1995, riferito all’anno 2024.Per l’effettiva determinazione della pensione entrerà poi in gioco un altro coefficiente, il cosiddetto coefficiente di trasformazione. Si tratta della percentuale che, applicata al montante, determina l’importo annuo del trattamento, in funzione dell’età di pensionamento. La tabella relativa contiene valori a partire dal 57° e fino al 71° anno di età. Anche questi coefficienti sono soggetti a revisione, con cadenza biennale. Nel biennio 2023/2024, a seguito della riduzione dell’aspettativa di vita, conseguente al Covid, sono aumentati, consentendo l’erogazione di pensioni più alte. Per il 2025/2026 è invece ripreso l’ordinario trend discendente.
Un occhio alle new entry nel mercato del lavoro. Infine una “ strana “ novità prevista dal testo della Manovra 2025che interessa i giovani lavoratori e lavoratrici che dal prossimo anno entrano nel mercato del lavoro. L’obiettivo è quello di garantire loro un montante contributivo maggiore su cui calcolare l’assegno della pensione. Nello specifico, i giovani che iniziano a versare i primi contributi nel 2025 potranno scegliere di versare all’Inps una maggiorazione sui contributi dovuti, quindi oltre a quelli obbligatori già previsti. Si potrà versare quindi una quota pari la massimo a due punti percentuali, e cioè pari al 2 per cento della quota a proprio carico trattenuta in busta paga. Questi saranno deducibili dal reddito complessivo per il 50 per cento dell’importo totale versato. I contributi versati a titolo di maggiorazione non saranno deducibili al 100 per cento come quelli ordinari. Attenzione però: la quota di pensione che deriva da questi versamenti extra non sarà erogata in automatico. Sarà corrisposta su apposita domanda dell’interessato e soprattutto al momento della maturazione del requisito per la pensione di vecchiaia: quindi a 67 anni ! I contributi versati a titolo di maggiorazione, inoltre, non andranno a contribuire al raggiungimento dell’importo soglia per l’accesso alla pensione anticipata nel sistema contributivo, che dal 2024, ricordiamo, è fissato a 3 volte l’assegno sociale (1.603,23 euro per il 2024). La soglia poi scende a 2,8 volte per le donne con 1 figlio e 2,6 per le donne con 2 o più figli.La contribuzione extra quindi si tradurrebbe in pensione solo al compimento dei 67 anni e senza favorire in alcun modo il pensionamento anticipato a 64 anni. Una misura che lascia più di qualche perplessità viste le già precarie condizioni dei giovani lavoratori e lavoratrici.


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