Lavoro e professione

Manovra 2025/ Analisi in filigrana delle misure per il personale

di Stefano Simonetti

S
24 Esclusivo per Sanità24

Nonostante gli impegni e gli annunci, è andata come al solito ormai da decenni: la legge fondamentale dello Stato è stata votata a poche ore dall’esercizio provvisorio. Si è dunque concluso secondo tradizione l’iter della terza legge di bilancio della XIX Legislatura con la pubblicazione sul SO della GU n. 305 della legge n. 207 del 30 dicembre 2024, entrata in vigore il 1° gennaio; la pubblicazione sulla Gazzetta è avvenuta nel tardo pomeriggio del 31 dicembre e anche questo è un bel record. Solo per curiosità, si rileva che negli ultimi cinque anni la legge di bilancio è stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale due volte il 30 dicembre (quelle del 2021 e 2024), una volta il 29 dicembre (2023) e due volte addirittura il 31 dicembre (2022 e 2025). Con i numeri di questa maggioranza e il suo decisionismo sembrava che fossero state superate le anomalie del passato, anche sul piano procedurale, ma molte difficoltà sopravvenute hanno portato a un risultato “quasi” uguale a quelli degli anni scorsi. Accadeva da tempo immemore che il testo del Ddl governativo venisse ridotto a un solo articolo con centinaia di commi perché il Governo alla luce delle migliaia di emendamenti (anche della maggioranza stessa), in prossimità della fine dell’anno, era costretto a porre il voto di fiducia per scongiurare il ricorso all’esercizio provvisorio. E così è stato pure questa volta con il voto sul maxiemendamento alla Camera il 22 dicembre e il successivo passaggio blindato e definitivo al Senato del 29 dicembre, non senza polemiche alla luce degli 800 emendamenti presentati dalle opposizioni e delle “dimissioni” del relatore. Non è stato quindi possibile superare del tutto la assurda tradizione del passato – dal 2018 non viene più effettuata la doppia lettura - e di evitare il consueto e, a volte, imbarazzante assalto alla diligenza che, immancabilmente, è avvenuto nelle ultime settimane.
Abbiamo, quindi, una ulteriore legge fatta di un solo articolo: in realtà, la legge 207/2024 consta di 21 articoli ma quelli da 2 a 21 si riferiscono a norme di approvazione dei singoli stati di previsione mentre la “vera” legge è l’art. 1, composto di 908 commi, ad occhio quasi il doppio di quelli dello scorso anno. Oltretutto, questa tecnica legislativa – se è possibile chiamarla in tal modo - comporta norme molto difficili da leggere, essendo tutte prive di rubrica e sistematicità; senza contare i refusi e le incoerenze che sono giocoforza presenti e ne rendono ancora più ardua l’applicazione; e non sono tutti ingenui e innocenti come il caso “Carmagnola/Carmagnano”.
Riguardo alla mancanza di linearità e facilità di lettura, si possono prendere a emblema gli interventi legislativi sul trattamento accessorio dei sanitari laddove si tratta dell’indennità di Pronto soccorso al comma 323 e poi si saltano a piè pari una trentina di commi per arrivare alle indennità di specificità e agli straordinari (commi 351-354), con in mezzo norme sulla farmaceutica e sui dispositivi.
Più o meno sono state confermate tutte le disposizioni – compresi gli errori - presenti nel Ddl varato da Consiglio dei ministri il 23 ottobre scorso. Nel testo della legge un centinaio di commi sono dedicati alla sanità e alla salute, molti dei quali introdotti come emendamenti al testo originario. In particolare, per il personale della sanità e per il lavoro pubblico, vediamo il dettaglio precisando che tra parentesi viene indicata la corrispondente norma del Ddl di ottobre.
comma 121 (già art. 18, comma 1) = le risorse destinate al trattamento accessorio del personale dipendente delle amministrazioni pubbliche possono essere incrementate, nell’ambito del Ccnl 2022/2024, rispetto a quelle destinate a tali finalità nell’anno 2024, di una misura percentuale del monte salari relativo all’anno 2021 da determinare, per le sole amministrazioni statali, nei limiti di una spesa complessiva di 112,1 milioni di euro e per le restanti amministrazioni – cioè enti locali e Sanità - a valere sui propri bilanci con la medesima percentuale e i medesimi criteri previsti per gli statali secondo gli indirizzi impartiti dai rispettivi Comitati di settore. Non viene espressamente definita alcuna percentuale da applicare sul monte salari 2021 e dovrà, dunque, essere quantificata dal Comitato di settore. Orbene nella Relazione al Ddl si legge che “l’individuazione di una percentuale di incremento rispetto al monte retributivo del 2021 (delle medesime amministrazioni). Gli incrementi dei trattamenti sono stabiliti dalla contrattazione collettiva nazionale relativa al triennio 2022-2024”: quindi sono un benefit già esigibile. Ma, se come viene ipotizzato, il 14 gennaio si chiuderà la Preintesa del Ccnl del comparto Sanità, ci si chiede come e quando saranno rese disponibili tali risorse integrative. A ogni buon conto, la norma dice “possono” essere incrementate, per cui sembra tutto aleatorio.
comma 124 (non presente nel Ddl) = si tratta di una sorta di interpretazione autentica relativa ai fondi contrattuali del personale dipendente e chiarisce che le risorse destinate nell’ambito della contrattazione integrativa a benefici di natura assistenziale e sociale in materia di welfare integrativo aziendale devono rispettare il famigerato limite introdotto nel 2017 sui fondi per il trattamento economico accessorio del personale (art. 23, comma 2, del d.lgs. 75/2017, decreto delegato della legge Madia). È credibile che il Governo abbia adottato questa norma per smontare l’interpretazione fornita dalla Sezione delle Autonomie della Corte dei Conti con la deliberazione n. 17 del 30 settembre 2024, relativa al welfare aziendale fuori dai tetti di spesa. Il sacrosanto principio di diritto affermato mesi fa dalla Corte è stato così annullato per mano, si presume, della Ragioneria Generale dello Stato che sulla questione aveva polemizzato per mesi con varie sezioni regionali dell’organo contabile e ha, alla fine, imposto la sua tesi.
comma 128 (già art. 19, comma 1) = si occupa di rinnovi contrattuali relativi al triennio 2025/2027 per il personale dipendente dalle amministrazioni pubbliche. La norma ricalca quelle degli anni scorsi e si indicano direttamente gli importi previsti per i rinnovi delle amministrazioni statali in cifra assoluta e non in percentuale. Tuttavia, leggendo la Relazione illustrativa, si dovrebbe trattare dell’1,8% per l’anno 2025, del 3,6% per l’anno 2026 e un incremento complessivo del 5,4% a regime. È fin troppo facile ironizzare sul fatto che per le aree dirigenziali non sono nemmeno iniziate le trattative per il triennio 2022/2024, ormai scaduto. Il comma viene espressamente richiamato dal successivo 273 sul livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato e, naturalmente, ciò significa che non sono affatto risorse ulteriori ma un “di cui” del fondo sanitario nazionale. Addirittura il comma 274 stabilisce l’accantonamento delle somme necessarie per i rinnovi fino al triennio 2028/2030, cioè a quando con ogni evidenza il servizio sanitario nazionale non esisterà più. Si prevede altresì l’anticipazione di cui all’art. 47-bis, comma 2, del d.lgs. 165/2001, voluta nel 2009 dall’allora Ministro Brunetta, che viene comunemente, ma impropriamente, chiamata indennità di vacanza contrattuale. La misura percentuale di detta indennità rispetto agli stipendi tabellari, è pari allo 0,6 % dal 1° aprile 2025 al 30 giugno 2025 e dell’1 % a decorrere dal 1° luglio 2025. A ben vedere, però, nella previsione legislativa si cela una ennesima sottrazione salariale perché per la definizione del quantum si fa riferimento agli “stipendi tabellari” che, ovviamente sono quelli disciplinati nei Ccnl 2019/2021, visto che per il triennio successivo si è tuttora in alto mare. Sarebbe interessante quantificare con precisione quanto comporta la remissione salariale alla luce di questa ennesima stortura. Un effetto surreale si avrà fra quattro mesi quando tutti i dipendenti della Sanità troveranno contemporaneamente in busta paga due anticipazioni o Ivc che dir si voglia: una nuova, riferita al triennio 2025/2028 e l’altra, vecchia e consolidata, relativa al triennio precedente e ancora dovuta, visto che è materialmente impossibile che i tre contratti per quella data siano entrati in vigore. Si diceva di un effetto surreale - ed è un complimento - ma è la sconfortante conferma che la contrattazione collettiva nel pubblico impiego ha una assoluta necessità di revisione.
comma 129 (già art. 19, comma 2) = viene ripetuta la rituale formula secondo la quale gli oneri per i rinnovi sono posto a carico dei rispettivi bilanci, confermando così la precisazione di cui al comma precedente. Nel comma 130 si precisa che il principio vale anche per il personale convenzionato (Mmg, Pls, specialisti ambulatoriali).
comma 162 (era l’art. 23, comma 2) = è stato di fatto soppresso nel pubblico impiego l’istituto giuridico del collocamento a riposo per raggiunti limiti di età con la eliminazione del limite ordinamentale dei 65 anni. Si ricorda che, fatta eccezione per il personale della dirigenza medica e sanitaria che beneficia di varie forme di trattenimento, i dipendenti “normali” che raggiungono i 65 anni di età dovevano essere collocati obbligatoriamente a riposo qualora, al compimento del 65° anno, avessero già maturato una qualunque forma di diritto a pensione; in caso contrario, avrebbero proseguito sino e non oltre la maturazione del diritto e, comunque, non oltre i 67 anni prescritti per la pensione di vecchiaia. Dal 1° gennaio 2025 i limiti ordinamentali vengono elevati al requisito anagrafico previsto per l’accesso alla pensione di vecchiaia, cioè 67 anni, con la conseguenza che collocamento a riposo e maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia coincideranno. Si segnala che dal 2027, qualora per effetto dell’adeguamento legato alla speranza di vita quest’ultima dovesse subire incrementi, l’età anagrafica richiesta aumenterà ulteriormente.
comma 163 (già art. 23, comma 3) = abroga l’art. 2, comma 5, della legge 125/2013 che prevedeva la tassatività del collocamento a riposo del personale dipendente pubblico che, al raggiungimento del 65° anno, avesse i requisiti per l’accesso al trattamento anticipato ai sensi della legge Fornero.
comma 164 (già art. 23, comma 4) = viene abrogata di conseguenza anche la norma (art. 72, comma 11, della legge 133/2008, più volte modificata), giò oggetto di un certo contenzioso, che consentiva ai datori di lavoro pubblici la cosiddetta “rottamazione”, cioè di risolvere unilateralmente il rapporto di lavoro nei confronti dei dipendenti che, anche prima dei 65 anni, avessero maturato i requisiti per la pensione di anzianità (poi divenuta “anticipata”), tramite decisione motivata e senza pregiudizio per i servizi.
comma 165 (già art. 23, comma 5) = in piena controtendenza rispetto al passato, è stato sostanzialmente reintrodotto l’istituto del trattenimento in servizio. L’abrogazione dell’istituto del biennio di trattenimento, risalente addirittura all’art. 16 del d.lgs. 503/1992, venne infatti disposto dall’art. 1 della legge 114/2014., rubricato significatamente “ricambio generazionale”. Le pubbliche amministrazioni potranno, quindi, trattenere in servizio i propri dipendenti, previa disponibilità degli stessi, anche per l’attività di tutoraggio e di affiancamento dei neoassunti e per esigenze funzionali non altrimenti assolvibili, beninteso non oltre i 70 anni di età. Si prevedono già notevoli difficoltà applicative in quanto vengono fissate alcune condizioni di procedibilità: l’opzione potrà essere esercitata nei limiti del 10% delle facoltà assunzionali, nel senso che ogni unità trattenuta comporterà una unità in meno nel Piano assunzioni. L’aspetto più controverso è che il personale interessato sarà individuato esclusivamente sulla base delle esigenze organizzative – e fino a qui la questione potrà essere gestita – ma anche in base al “merito” ed è assolutamente certo che sorgerà un contenzioso notevole. Negli ultimi anni la parola “merito” è assurta a utilizzazioni di vario tipo, dalla rubrica dell’art. 3 del DL 80/2021, ai contenuti delle direttive del ministro Zangrillo, fino alla denominazione ufficiale di un Ministero. In realtà, nessuno è in grado di spiegare con chiarezza e senza riserve mentali in cosa consiste il merito e permane il forte sospetto che possa subliminalmente voler dire tutt’altro e, nel contesto di questo comma, si può immaginare come sarà gestito. La disposizione in esame esclude espressamente da questa forma di trattenimento il personale delle magistrature e degli avvocati e procuratori dello Stato nonché delle forze armate e dell’ordine. È evidente che a questa elencazione si deve aggiungere la dirigenza sanitaria che, come detto, gode di molteplici forme di trattenimento distinte da quella innovativa introdotta da questo comma.
comma 166 (non presente del Ddl) = viene corretta la svista (o fu intenzionale ?) della legge di bilancio dell’anno scorso (comma 164 della legge 213/2023) che limitava la possibilità di restare in servizio anche oltre il 40° anno di servizio di lavoro effettivo e non oltre il 70° anno di età ai soli infermieri del Ssn). A mio parere non si tratta di un diritto soggettivo pieno e incondizionato in quanto la norma utilizza le parole “possono” e “autorizzazione”, segnali inequivocabili che si tratta al massimo di un dirtto affievolito. Adesso la facoltà è stata estesa a tutti gli esercenti le professioni sanitarie disciplinate dalla legge n. 43/2006 dipendenti dal Ssn, che sono 22 (al netto dell’osteopata e del chiropratico nei cui confronti ancora non è definitivamente a regime la disciplina di attivazione). Naturalmente tra gli “esercenti” non rientrano medici, odontoiatri, veterinari, biologi, chimici, fisici, farmacisti e psicologi che beneficiavano già in precedenza della stessa deroga.
comma 323 (già art. 56) = la disposizione incrementa la indennità di pronto soccorso, già riconosciuta per le particolari condizioni di lavoro svolto dal personale della dirigenza medica e dal personale del comparto sanità, dipendente delle aziende e degli enti del Servizio sanitario nazionale e operante nei servizi di pronto soccorso. Riguardo a quest’ultima indicazione, nell’applicare il contratto collettivo di due anni fa la platea dei destinatari è stata ampliata notevolmente da parte delle Regioni, considerato anche che la locuzione “servizi di pronto soccorso” è piuttosto generica se non ambigua. L’ulteriore stanziamento, con decorrenza dal 1° gennaio 2025, è di 50 mln complessivi, di cui 15 mln per la dirigenza medica e 35 mln per il personale del comparto sanità. Si ricorda che le indennità hanno una disciplina diversa, perché nel Ccnl del comparto del 2022 non veniva indicato un importo preciso ed era lasciato tutto alle determinazioni regionali mentre nel Ccnl della dirigenza sanitaria del 2024 si prevede l’importo di 12 euro per turno di 12 ore che, tuttavia, può essere aumentato in sede di contrattazione integrativa. Anche riguardo ai destinatari si notano delle differenze, perché per la dirigenza spetta esclusivamente ai medici al contrario del comparto dove i profili sono indistinti e potrebbe accedere all’emolumento anche personale non infermieristico. Non viene precisato esplicitamente, come in altri commi analoghi, che lo stanziamento avviene “nell’ambito della contrattazione collettiva nazionale”, circostanza che dovrebbe essere ovvia alla luce delle precisazioni fatte sopra.
comma 336 (già art. 59) = vengono incrementate le borse di studio per i medici specializzandi secondo questo schema: la parte fissa del 5% per tutte le specializzazioni, mentre la parte variabile è aumentata del 50% ma solo per alcune specializzazioni considerate meno attrattive; sono esattamente 20 e fra di esse - a conferma della chiara scelta politica - non risultano presenti chirurgia plastica, dermatologia, endocrinologia, cardiologia, gastroenterologia, oftalmologia, pediatria, neurologia, radiodiagnostica, medicina termale, cioè quelle che, nel 2024, nelle 36 facoltà di medicina hanno raggiunto il 100% delle assegnazioni di borse di studio e, conseguentemente, sono le preferite dai medici che scelgono il rapporto non esclusivo e l’attività extramuraria. La riflessione vale anche per psichiatria, alcune chirurgie specifiche, ortopedia, ginecologia.
comma 338 (già art. 56) = risulta prorogata al 31 dicembre 2026 la possibilità per i medici in formazione specialistica di assumere incarichi libero professionali in deroga alle incompatibilità presso i servizi sanitari del Ssn e – in questo caso si tratta di una novità assoluta - anche presso strutture sanitarie private o liberi professionisti, per un massimo di 8 ore settimanali.
comma 339 (non previsto nel Ddl) = fortemente voluta dai sindacati, un’altra novità è quella di aver previsto borse di studio anche agli specializzandi di area non medica (odontoiatri, veterinari, biologi, chimici, fisici, farmacisti e psicologi). Inevitabilmente i sindacati del comparto si lamentano dell’esclusione dal beneficio degli studenti di infermieristica e delle altre 21 professioni.
comma 342 (non previsto nel Ddl) = ennesima proroga – in questo caso fino al 31 dicembre 2027 – riguarda l’efficacia del comma 548-bis della legge 145/2018, ossia la possibilità di procedere per i collocati in graduatorie separate stilate all’esito di un concorso pubblico all’assunzione a tempo determinato e a tempo parziale degli specializzandi, a partire dal secondo anno anche da parte delle aziende e degli enti del Ssn non appartenenti alla rete formativa per la disciplina oggetto di concorso. In questo caso previa certificazione rilasciata dal ministero della Salute sugli standard generali e specifici per l’accreditamento delle strutture facenti parte delle reti formative in base alla normativa vigente. Questa estensione potrebbe rappresentare un primo fondamentale passo per la revisione completa della rete formativa e sarà sicuramente contrastata dalle Università.
comma 350 (già art. 61) = viene disposto l’incremento dell’indennità di specificità medico-veterinaria, per cui i vigenti valori fissati dall’art. 65 del vigente Ccnl in € 9.162 e 12.266 annui sono incrementati nei limiti degli importi complessivi lordi di 50 ml di € per l’anno 2025 e 327 ml di € a decorrere dall’anno 2026; si tratta di 32 € lordi al mese (circa 18 € netti). Va precisato che l’incremento non è automatico, ma avviene “nell’ambito della contrattazione collettiva nazionale dell’Area Sanità”, cioè chissà quando. Infatti, è doveroso ricordare che la contrattazione del triennio 2022/2024 – ormai già scaduto – è lontana da venire e non è nemmeno stato formulato l’Atto di indirizzo da parte del Comitato di settore. Si deve sottolineare che la Relazione tecnica non ascrive effetti finanziari al comma 350 e ai tre seguenti, volti a incrementare i valori di talune indennità vigenti nel 2024, in quanto alla copertura dei relativi oneri si provvede sul livello del finanziamento del fabbisogno sanitario come incrementato dall’ex articolo 47, ora comma 273. Per capirsi, non sono risorse ulteriori ma vengono “prese” dal Fondo sanitario nazionale.
comma 351 (già art. 62) = con la medesima motivazione utilizzata nel comma precedente (“valorizzare le caratteristiche peculiari e specifiche della dirigenza sanitaria non medica”), si dispone l’incremento dell’indennità di specificità della dirigenza sanitaria non medica di cui all’art. 66 del Ccnl del 23.1.2024. Il vigente valore, pari ad € 1.381,49 annui, è incrementato nei limiti dell’importo complessivo annuo lordo di 5,5 ml di € a decorrere dall’anno 2025: si tratta di 29 € al mese (circa 14 euro netti). Anche qui si precisa “nell’ambito della contrattazione collettiva nazionale dell’Area Sanità” per cui valgono le considerazioni fatte sopra. Ma in questo comma è celato un giallo tanto assurdo quanto incomprensibile. Si è detto che lo schema della norma (motivazione, importo degli incrementi, rinvio alla contrattazione) ricalca quello del comma 351, ma qui manca completamente lo stanziamento per il 2026. L’Intersindacale medica ha tentato in ogni modo di far correggere il “refuso” e con una nota del 23 dicembre ha scongiurato il ministro Schillaci di intervenire, come da pregressi accordi verbali; ma, come si è visto, non c’è stato nulla da fare e nel testo pubblicato in Gazzetta l’errore è rimasto, se di errore si tratta.
comma 352 (già art. 63, comma 1) = sempre con la finalità di valorizzare le caratteristiche professionali, si dispone l’incremento dell’indennità di specificità infermieristica di cui all’art. 104 del Ccnl del 2.11.2022. Stesse identiche considerazioni riguardo al rinvio alla contrattazione collettiva che, tuttavia, è in uno stato di avanzamento dei lavori molto maggiore rispetto all’Area della Sanità. I valori vigenti, differenziati nella tabella H secondo le aree di appartenenza e pari per un infermiere a 873,48 annui, sono incrementati nei limiti dell’importo complessivo annuo lordo di 35 ml di € per 2025 e di € 285 ml per il 2026. Difficile quantificare l’aumento di dettaglio, ma poiché gli infermieri sono 262.000, si può stimare che sia di 11 € al mese (circa 7 euro netti).
comma 353 (già art. 63, comma 2) = in questo comma l’oggetto dell’incremento è l’indennità di tutela del malato e per la promozione della salute di cui all’art. 105 del Ccnl già citato. Tutto risulta speculare a quella disciplinata nel comma 352, compresa la difficoltà di quantificazione. Anche per questo emolumento – che nell’imminente rinnovo contrattuale avrebbe potuto assumere una denominazione meno ridondante - i vigenti valori, differenziati nella tabella I secondo le aree di appartenenza e pari per un tecnico RX a 493,20 annui, sono incrementati nei limiti dell’importo complessivo annuo lordo di 15 ml di € per 2025 e di € 150 ml per il 2026. Di nuovo appare arduo quantificare l’aumento di dettaglio ma poiché i destinatari sono 128.000, si può stimare che sia di 9,7 € al mese (circa 6 euro netti); il calcolo è molto più empirico rispetto a quello tentato per gli infermieri perché nel numero di 128.000 sono presenti circa 61.000 Oss che hanno valori diversi rispetto ai tecnici sanitari e agli assistenti sociali.
comma 354 (non presente nel Ddl) = si tratta di una delle norme più dirompenti della legge. I compensi per lavoro straordinario di cui all’art. 47 del vigente Ccnl spettanti agli infermieri del Ssn – e soltanto per loro - sono assoggettati a un’imposta pari al 5%, sostitutiva sull’Irpef e delle addizionali regionali e comunali. L’imposta sostitutiva è applicata dal 2025, nel senso che graverà sul lavoro straordinario “pagato” dal 1° gennaio – prestato anche in precedenza - e non su quello “effettuato” da tale data. Provando a quantificare il beneficio, si può prendere a riferimento lo straordinario di un infermiere neoassunto. Premesso che tutti gli infermieri superano lo scaglione dei 28.000 € cui si applica l’aliquota massima del 35%, fino a oggi per un infermiere, ad esempio, veneto in busta paga per un’ora di lavoro straordinario diurno tariffata € 15,50, andava un netto di 9,77 €, cioè 15,50 – 37,02% (35% + 1,23% di addizionale regionale + 0,79% di addizionale comunale). Da oggi l’importo netto diventa 14,73 € (15,50 – 5%); per un infermiere toscano il beneficio è leggermente più alto a causa delle maggiori addizionali. Ritengo che sia scontato che la detassazione riguardi – direi a maggior ragione - anche lo straordinario notturno e festivo. Questa tassazione speciale ha già generato diverse polemiche perchè, come detto, è limitata ai soli “infermieri dipendenti della aziende e degli enti del Servizio sanitario nazionale” e, inoltre, perché, come la analoga flat tax sulle prestazioni aggiuntive, introduce una tassazione speciale che discrimina il reddito da lavoro dipendente in base alla tipologia qualitativa di prestazione lavorativa, contrastando probabilmente con i principi costituzionali di uguaglianza (art. 3) e di progressività dell’imposta personale sul reddito (art. 53). Peraltro, nemmeno ai diretti interessati la norma è risultata di completa soddisfazione perché un sindacato rappresentativo ha comunque sottolineato che avevano chiesto di detassare il lavoro del personale turnista. A parte questi aspetti di criticità, c’è un’ulteriore questione che dovrebbe preoccupare le strutture di gestione del personale delle aziende sanitarie e cioè il presumibile aumento esponenziale del ricorso al lavoro straordinario, senz’altro ora più attrattivo, che potrebbe creare problemi alla capienza del Fondo ex art. 103 del Ccnl. Infatti, va rammentato che i compensi per lo straordinario sono contingentati all’interno delle risorse per le condizioni di lavoro al contrario delle prestazioni aggiuntive che vengono pagate da bilancio: e la differenza non è da poco. Riguardo, infine, all’applicazione concreta della disposizione in tutti gli aspetti tecnici, credo che si possa fare riferimento a quanto giù precisato dalla Agenzia delle Entrate riguardo alla norma del giugno 2023 (vedi la Risoluzione della Agenzia entrate n. 36/E del 22 luglio 2024 nonché gli Interpelli della medesima Agenzia nn. 263, 264 e 265 del 17 dicembre 2024, tutti relativi alla flat tax sulle prestazioni aggiuntive).
Le altre misure. Da ultimo, è corretto menzionare una serie di commi che, pur non riguardando direttamente il personale del Ssn, costituiscono tuttavia una importante novità per l’organizzazione del lavoro e sanciscono una integrazione strutturale alla legge fondamentale della Sanità, cioè al Dlgs 502/1992. In tal senso, il comma 361 integra l’art. 1, comma 2, del decreto citato imponendo tra i principi ispiratori la previsione “della centralità della persona umana, della umanizzazione della cura, della soddisfazione dei bisogni complessivi del paziente”. Viene inoltre stabilito che tutti gli enti, compresi i privati accreditati, che erogano servizi di cura nell’ambito di strutture ospedaliere devono adottare modelli organizzativi, protocolli, assetti gestionali al fine di garantire servizi in modo integrato e funzionale ai bisogni del malato. Con il comma 362 si rinvia al consueto regolamento del ministro della Salute per fissare le linee guida da osservare al fine di far partire una fase sperimentale di due anni (comma 363), al cui esito il ministro stabilirà con regolamento le norme necessarie per l’applicazione generalizzata dei modelli organizzativi per la centralità del malato.
Dal Milleproroghe alle correzioni del Codice Appalti. Si deve, infine, segnalare che, sempre alla fine dell’anno, sono stati pubblicati due provvedimenti importanti: il tradizionale Milleproroghe e un decreto correttivo del Codice degli appalti. Il primo (DL 202/2024) con l’art. 1, comma 9, ha prorogato fino al 30.4.2025 il cosiddetto scudo erariale. Il lunghissimo art. 4 effettua interventi dilatori sui sanitari ucraini (comma 2), sugli incarichi semestrali agli specializzandi (comma 3) e a quelli per i non specializzati (comma 4), sui concorsi per l’emergenza/urgenza (comma 5), sull’elenco dei direttori generali (comma 7, lettera a), sullo scudo penale per i medici (comma 7, lettera d), sull’ulteriore finanziamento per le prestazioni aggiuntive (comma 11) e sugli incarichi ai pensionati (comma 12). Il secondo provvedimento (d.lgs. 209/2024), con la modifica all’art. 45 del d.lgs. 36/2023, ha in pratica ripristinato gli incentivi tecnici in favore del personale dirigenziale cui erano stati interdetti nel 2014 dal Governo Renzi (art. 13 della legge 114/2014). Tuttavia la linearità della disposizione è carente perché non viene detto in modo diretto ma viene abrogato e sostituito il comma dove si precisava l’esclusione delle qualifiche dirigenziali in ossequio al (malinteso) principio di onnicomprensività della retribuzione.
Inoltre, è plausibile che, come in passato, si aprirà una complessa questione sulla decorrenza della norma, nel senso di capire se si applica solo sui nuovi appalti ovvero anche su quelli in corso di esecuzione. Questa innovazione dovrebbe superare quella del 2023 che prevedeva la possibilità per gli enti locali e gli enti e le aziende del S.s.n. - ma limitatamente al periodo 2023-2026 - di erogare anche ai dirigenti gli incentivi per lo svolgimento delle funzioni tecniche connesse ai progetti Pnrr e Pnc (art. 8, comma 5, della legge 41/2023).


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