Lavoro e professione

Medicina di gruppo, è esente Iva il riaddebito delle spese comuni

di Alberto Santi

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24 Esclusivo per Sanità24

È esente da Iva il riaddebito delle spese comuni da parte delle associazioni della medicina di gruppo ai singoli associati. Lo ha precisato l’Agenzia delle entrate, con la risposta n. 161 del 26 luglio 2024 a un’istanza presentata da un’associazione costituita da medici di medicina generale, che ha chiesto lumi sul corretto trattamento fiscale della propria gestione.
La questione oggetto dell’istanza. L’istante è un’associazione costituita da quattro medici di medicina generale, operante nell’ambito dell’assistenza primaria “all’interno del medesimo ambito territoriale di scelta”, per migliorare gli standard strumentali, strutturali e di organizzazione dell’attività. La stessa associazione è munita di codice fiscale e partita Iva propria.
Gli associati non svolgono attività di “libera professione strutturata” per un orario superiore a cinque ore settimanali.
La forma associativa prescelta è quella disciplinata dall’articolo 40 del Dpr n. 270/2000 e dall’accordo collettivo nazionale della medicina generale del 22 marzo 2005.
Il quesito formulato verteva sul regime Iva applicabile alle operazioni di riaddebito delle spese di gestione accentrata (quali quelle di assicurazione, manutenzione, pulizia, segreteria, ecc.) nei confronti dei singoli medici associati, conformemente a quanto previsto nell’atto di costituzione dell’associazione.
Più in particolare, l’associazione chiedeva se potesse fruire dell’esenzione da Iva per le operazioni di ribaltamento dei costi della gestione associativa, senza applicazione di alcuna maggiorazione (mark-up), invocando quanto stabilito dall’art. 10, comma 2, del Dpr n. 633/1972.
Le forme associative dell’assistenza primaria. Il citato art. 40 del Dpr n. 270/2000 prevede che i medici di medicina generale possano realizzare, in accordo tra loro:
a) forme associative, che costituiscono modalità organizzative del lavoro e di condivisione funzionale delle strutture di più professionisti, per sviluppare e migliorare le potenzialità assistenziali di ciascuno di essi, ovvero
b) forme associative quali società di servizio, anche cooperative che, in ogni caso, non possono fornire prestazioni sanitarie ed assicurano esclusivamente beni e servizi ai medici.
Parere dell’Agenzia delle entrate. Come accennato in premessa, l’Agenzia ha sostanzialmente condiviso la soluzione interpretativa proposta dall’istante.
L’Agenzia, infatti, ha dapprima ricordato che l’art. 10, comma 2, del Dpr n. 633/1972 prevede l’esenzione dall’Iva per le prestazioni di servizi effettuate “nei confronti dei consorziati o soci da consorzi, ivi comprese le società consortili e le società cooperative con funzioni consortili”, nel presupposto che siano costituiti tra soggetti per i quali, nel triennio solare precedente, il pro rata di detrazione (art. 19-bis del DPR 633/72) non abbia superato il 10%. Inoltre, il regime esentativo richiede che i corrispettivi dovuti dai consorziati o soci ai suddetti consorzi e società non superino i costi imputabili alle prestazioni stesse.
Questa normativa di favore è stata introdotta nel nostro ordinamento in recepimento dell’art. 132, par. 1, lett. f), della direttiva 2006/112/Ce, con la specifica finalità di evitare che i soggetti che svolgono attività esenti, siano penalizzati dall’indetraibilità dell’Iva assolta sugli acquisti, allorché decidano di esternalizzare taluni servizi, quali quelli amministrativi, di gestione della contabilità, di gestione degli immobili, ecc. (in tal senso, si veda la Circolare 17 febbraio 2011, n. 5/E).
Il nostro legislatore, in questo senso, tutela in maniera esplicita i consorzi (costituiti anche in forma societaria) e le cooperative con funzioni consortili, ritenendole strutture associative assimilabili alle generiche “associazioni autonome di persone” individuate dalla norma unionale.
In via interpretativa, inoltre, l’Agenzia delle entrate ha dapprima equiparato ai consorzi le “organizzazioni di origine comunitaria aventi finalità analoghe, quali i gruppi economici di interesse europeo (GEIE)” (cfr. Circolare 8 maggio 2009, n. 30/E). Successivamente, con la Risoluzione n. 30/2012, relativamente alla fattispecie riguardante le società cooperative costituite fra soggetti esercenti l’attività sanitaria, le Entrate hanno altresì chiarito che, ai fini dell’esenzione da Iva, non è rilevante la forma giuridica assunta dalla struttura associativa, quanto piuttosto il relativo oggetto sociale, vale a dire la collaborazione all’attività esente svolta dai singoli associati.
La circostanza che l’art. 10, comma 2, del Dpr n. 633/1972 si riferisca alle sole strutture associative di tipo consortile, non può essere interpretato come discriminatorio rispetto ad altri schemi associativi autonomi costituiti al fine di rendere, al mero costo, servizi comuni agli associati, che svolgono attività esente, funzionali all’esercizio dell’attività di ciascuno di essi.
Alla luce di quanto sopra sintetizzato, l’Agenzia delle entrate ritiene che la misura di favore stabilita dall’art. 10, comma 2, più volte richiamato possa valere anche per le associazioni della medicina di gruppo costituite da medici di medicina generale. Sicché, il riaddebito delle spese comuni ai singoli associati, senza mark-up, deve avvenire in esenzione da Iva.


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