Aziende e regioni

Regioni più virtuose o meno? Il caso del payback sui dispositivi medici emblematico dei diversi pesi e misure impiegati

di Massimo Braganti *

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24 Esclusivo per Sanità24

Dopo aver preso atto delle sentenze emanate dalla Corte Costituzionale n. 139 e n. 140 del 19 giugno scorso, ci ritroviamo di nuovo in una polemica infinita generata dalla difficoltà a livello centrale, nazionale, a gestire la spesa pubblica in sanità. Analogamente a quanto accade per la spesa per il personale, anche sulla spesa per dispositivi medici le aziende sanitarie si trovano a gestirla non con strumenti di programmazione, ma a suon di tetti e imposizioni trasversali che tutto permettono fuorché una conduzione manageriale come la gestione della spesa pubblica richiederebbe.
A seguito delle citate sentenze ci sono organizzazioni di categoria e parte della politica che contestano la Regione Toscana e altre Regioni sullo sforamento della spesa per dispositivi medici, che poi determina (in base alla norma sul payback introdotta dal governo Renzi nel 2015) una compartecipazione da parte dei fornitori che avrebbero superato un dato valore di fornitura; per contro ci sono altre Regioni classificate virtuose perché non solo rispettano il tetto di spesa dispositivi, ma hanno anche una spesa per personale sotto la media nazionale.
È tutta una questione di efficienza? O forse questo deriva dall’autonomia gestionale delle Regioni che ha portato a diversi sistemi di gestione ciascuno dei quali, con modalità opposte, garantisce livelli di assistenza tra i migliori a livello nazionale?
Se vogliamo entrare nel merito semplicemente fcendo un raffronto tra un gruppo di Regioni che sforano il tetto dispositivi quali Toscana, Umbria e Friuli Venezia Giulia contro un gruppo che lo rispetta quali Lombardia, Lazio e Campania, troviamo un comune denominatore per spiegare il fenomeno. Non è che nel secondo gruppo di Regioni tali spese non siano effettuate, ma le stesse sono diversamente collocate dentro i Bilanci in altre voci (a esempio la spesa per assistenza sanitaria da privati in convenzione), confrontando le quali la classifica si capovolge a favore del primo gruppo.
In Toscana la spesa per dispositivi medici è elevata perché tali presidi sono acquistati e impiantati quasi esclusivamente dal settore pubblico, mentre in Lombardia è proprio l’opposto: tali attività sono effettuate infatti prevalentemente dal settore privato e in misura ridotta negli ospedali pubblici.
Il ministero oltre a dare tetti validi per qualche voce di spesa ma non per tutte, quando fa raffronti, non depurando tali fenomeni, utilizza dati tra loro non confrontabili. In tal senso la spesa per assistenza privata accreditata: su una media nazionale del 17.5%, la Toscana è al 10.9%, l’Umbria all’8.6% e il FVG al 9.1%, mentre la Lombardia è al 24.3%, la Campania al 19.5% e il Lazio al 25.5% (dato Rapporto Oasi ministero Salute del 2023) mentre per la spesa per beni e servizi su una media nazionale del 39.4%, la Toscana è al 42.2% l’Umbria al 44.9% e il FVG al 41.1% mentre la Lombardia è al 39.3% la Campania al 38.9% e il Lazio al 36.3%.
È evidente che occorre il superamento di questo “atteggiamento/metodo” ministeriale, tanto più se l’indirizzo è quello di andare verso una autonomia differenziata delle Regioni. In sede di valutazioni per il riparto nazionale del Fondo sanitario, non depurare i fenomeni da situazioni particolari e non normalizzando i dati si rischia di creare ulteriori distorsioni: guardando un singolo fenomeno si rischia di perdere il panorama complessivo.

* Direttore Generale Estar Toscana


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