Lavoro e professione
Obbligo vaccinale, le «sorprese» del Dl 172 e il rebus sugli amministrativi della sanità
di Stefano Simonetti
24 Esclusivo per Sanità24
Per l’ennesima volta mi trovo a dover commentare gli interventi legislativi sull’obbligo vaccinale e tutte le problematiche connesse. Infatti è entrato in vigore il 27 novembre il decreto legge 172/2021 che ha modificato le procedure per imporre l’obbligo vaccinale e le ha altresì estese. Viene sostituito l’intero art. 4 del Dl 44/2021 con modifiche sostanziali che riservano anche alcune sorprese. Vediamo di che si tratta:
• innanzitutto dal comma 1 dell’art. 4 viene eliminato il riferimento alla “situazione di emergenza epidemiologica”;
• sempre nello stesso comma non sono più citati i luoghi di svolgimento delle attività;
• viene inserito nell’obbligo anche la dose di richiamo, disposizione peraltro già contenuta nel nuovo art. 3-ter;
• è stato tolto il termine del 31 dicembre 2021 previsto dal precedente comma 9;
• per gli Ordini professionali che non rispettano gli obblighi di comunicazione si prevede lo scioglimento del Consiglio direttivo;
• nel nuovo comma 7 è contenuta una strana disposizione che consente di adibire i lavoratori per i quali la vaccinazione è omessa o differita “a mansioni anche diverse … in modo da evitare il rischio di diffusione del contagio”: e come si fa con i medici ? Alla luce di questa disposizione si deduce che il decreto prevede che non sia più possibile essere adibiti a mansioni diverse come alternativa alla vaccinazione ma ciò può avvenire solo “per il periodo … in cui è omessa o differita”;
• nel successivo comma 8 si invitano i soggetti interessati ad adottare le misure di sicurezza nell’esercizio della libera professione.
Si potrebbe fare una annotazione di matrice terminologica riguardo a quella locuzione “è omessa o differita”: perché il legislatore parla di omissione – termine con accezione sicuramente non positiva - invece di esonero o esenzione ?
L’art. 2 del decreto 172 provvede poi a estendere l’obbligo vaccinale inserendo un art. 4-ter nel precedente decreto 44/2021. Le categorie cui viene esteso l’obbligo a far data dal 15 dicembre sono elencate nelle lettere da a) a d) del comma 2 ma riguardo a questo aspetto si profila una criticità interpretativa molto complessa. Infatti è stato ampiamente riportato dalla stampa che l’obbligo coinvolge ora anche i dipendenti amministrativi delle aziende sanitarie. Lo stesso Dipartimento della Funzione pubblica ha pubblicato il 26 novembre sul proprio sito istituzionale un comunicato in cui si afferma che “si stabilisce l’estensione dell’obbligo vaccinale a ulteriori categorie, sempre a decorrere dal 15 dicembre: personale amministrativo della sanità”. Ebbene, non si comprende con immediatezza da quale norma specifica derivi questa estensione. L’unica disposizione che non si rivolge alla scuola o alle forze dell’ordine è quella della lettera c) ma l’aver citato l’art. 8-ter del d.lgs. 502/1992 non è il massimo della linearità. Infatti è pur vero che in tale norma viene disciplinata l’autorizzazione per tutte le strutture che svolgono attività sanitarie e sociosanitarie, sia pubbliche che private, ma aver utilizzato questo riferimento è abbastanza singolare. Tra l’altro, rispetto alla decodifica della astrusa formulazione contenuta nel decreto, se la stessa Funzione pubblica parla semplicisticamente di “personale amministrativo della sanità” che ne è degli ingegneri, degli avvocati, degli assistenti tecnici, dei programmatori, degli addetti stampa, degli operatori tecnici ? Forse un po’ più di precisione sarebbe auspicabile e l’abuso della sineddoche non è il modo migliore per “spiegare” una legge: era così difficile dire “personale che svolge … in tutte le strutture sanitarie e socio-sanitarie, pubbliche e private” ? L’unico modo per venirne fuori potrebbe essere, secondo me, quello di risalire alla definizione iniziale di “operatori di interesse sanitario” per i quali il comma 1 dell’art. 4 rinvia all’art. 1, comma 2 della legge 43/2006 laddove si precisa la “competenza delle regioni nell'individuazione e formazione dei profili di operatori di interesse sanitario”.
Ma l’aspetto senz’altro più eclatante del nuovo decreto legge è quello di aver eliminato del tutto dalla procedura le Regioni (pregresso comma 3) e le Asl territoriali di residenza dei soggetti interessati (commi 4 e 5) e tutta la verifica viene ora effettuata soltanto dagli Ordini avvalendosi della Piattaforma nazionale digital green certificate. Per gli “altri” operatori che non hanno Albo professionale si applicano le procedure di accertamento di cui all’art. 4-ter, introdotto dallo stesso decreto 172. In questo caso gli atti di accertamento e gli eventuali conseguenti provvedimenti di sospensione sono di competenza dei “responsabili delle strutture in cui presta servizio il personale”
Un’altra problematica – sempre correlata agli obblighi di cui si parla - merita tuttavia di essere segnalata. Tutti i media il 3 e 4 dicembre scorso hanno riportato notizie riguardo ai controlli effettuati dai carabinieri del Nas. Le verifiche hanno riguardato quasi 5.000 soggetti che lavorano sia in strutture pubbliche che private. Dei 281 sanitari scoperti, 126 erano già stati sospesi dagli ordini professionali proprio perché non vaccinati. Tutti hanno commesso un reato specifico (abuso di professione ex art. 348 cp) ma quelli che erano già colpiti dalla sospensione sono in una posizione senz’altro più grave. Visto l’evidente dolo, l’allarme sociale e le violazioni di norme legislative e deontologiche, credo che non si possa che parlare di radiazione, a prescindere dagli aspetti penali. Ma un paio di settimane fa sul sito della Fnomceo è apparso un dato piuttosto inquietante. Riferendo il report delle sospensioni, si precisava che, sino ad allora, erano state 2.365, delle quali 598 revocate per avvenuta vaccinazione. Ma proseguiva il comunicato: «All’appello mancano 22 Ordini, che non hanno ancora ricevuto i nominativi degli iscritti sospesi”. Ora, è certamente plausibile che questi dati mancanti riguardassero proprio i medici intercettati dai Nas anche se sembra che il 45% di loro era già stato sospeso, per cui la responsabilità di questa inaccettabile situazione è ben ripartita – seppure con graduazione differente - tra Ordini provinciali, Asl di residenza e aziende sanitarie datrici di lavoro. Eppure anche in questo caso sono costretto a ricorrere alla sgradevole affermazione "io l’avevo detto": purtroppo, sembra proprio che da anni le norme che riguardano la Sanità siano colpite anch’esse da un virus. Nell’articolo pubblicato il 12 aprile sul sito, indicando tutte le evidenti patologie della procedura ideata dal Governo, sottolineavo in particolare che tutti i termini indicati nella procedura non erano perentori che “non sono previste sanzioni di nessun tipo per chi non rispetta le cadenze temporali con la conseguenza che Ordini, Regioni e Asl potrebbero in tal senso avere ritardi e complicazioni “burocratiche” di ogni genere”. Anche questo scenario si è puntualmente avverato se dopo ben 8 mesi dall’entrata in vigore del Dl 44/2021 un Ordine su cinque non dispone delle comunicazioni necessarie ed è molto probabile che nessuno pagherà per una situazione tanto assurda quanto annunciata. Non è un caso che l’odierno legislatore ha ritenuto di prevedere delle sanzioni. Ma anche in questo caso si deve segnalare un pasticcio. Il singolo Ordine provinciale ai sensi del comma 4 del nuovo art. 4 deve dare comunicazione del mancato adempimento dell’obbligo vaccinale “anche al datore di lavoro” ma credo che si debba seriamente chiedere come faccia un Ordine professionale a sapere dove lavora il proprio iscritto.
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