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Epatite C: in Italia si stimano 300mila casi sommersi, record in Europa
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Nel nostro Paese ci sono circa 300mila persone inconsapevoli di essere affette dal virus HCV e non ancora trattate, un record di casi sommersi in Europa che ci vede ancora lontani dall’obiettivo dell’OMS di eliminazione dell’Epatite C entro il 2030. Per questo AbbVie lancia oggi la campagna digitale “Una Malattia con la C”, con l’obiettivo di informare gli italiani, avvalendosi di un’indagine svolta utilizzando l’intelligenza artificiale. L’iniziativa prevede un sito web interamente dedicato alla patologia (unamalattiaconlac.it/), con informazioni e strumenti per la prevenzione e per contattare il centro più vicino al proprio domicilio. Infine, ma non ultimo, l’avvio di una campagna social su Facebook, Instagram e TikTok, per arrivare anche ai più giovani. La campagna, che proseguirà per sei mesi, ha il patrocinio delle società scientifiche SIMIT (Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali) e AISF (Associazione Italiana Studio del Fegato) e dell’associazione Anlaids Onlus.
“L’Epatite C è una malattia infiammatoria del fegato causata dal virus HCV – spiega Vincenza Calvaruso, segretario nazionale dell'Associazione Italiana per lo Studio del Fegato (AISF) e professore associato di Gastroenterologia Dipartimento di Promozione della Salute, Materno Infantile, Medicina Interna e Specialistica di Eccellenza - Università di Palermo –. Il virus HCV causa l’infiammazione e la formazione di tessuto cicatriziale nel fegato, replica prevalentemente nelle cellule epatiche evolvendo nella maggior parte dei casi in epatite cronica, fibrosi, cirrosi e carcinoma epatico. In alcuni casi l’infezione da HCV può interessare anche altri organi (reni, sistema linfatico, tiroide etc) determinando le manifestazioni extraepatiche dell’Epatite C. Fare informazione su questa patologia è una leva importante per conoscerla e prevenirla”.
La campagna “Una Malattia con la C” viene lanciata oggi, in occasione del mese dedicato alla consapevolezza sul tumore del fegato, che rappresenta la terza causa più comune di morte per tumore a livello globale, con circa 800.000 decessi nel 2020.
Circa il 90% dei tumori del fegato deriva da uno stato di cirrosi, frequentemente associata ad infezioni dal virus dell’HCV (Epatite C). Secondo l’EASL, senza alcuna azione di prevenzione i casi di tumore del fegato potrebbero incrementare del 55% entro il 2040.
“L’Epatite C è una malattia subdola, che impiega anni per dare quel quadro clinico che la rende evidente. Iniziative come ‘Una malattia con la C’, che contribuiscono ad accendere i riflettori sull’HCV – afferma Massimo Andreoni, Direttore scientifico della Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali (SIMIT) e professore emerito di Malattie Infettive dell’Università di Roma Tor Vergata – vanno sostenute con entusiasmo e partecipazione. Dall’Epatite C si può guarire, ma senza intercettare il ‘sommerso’ non possiamo eradicarla”.
Per favorire l’emersione del sommerso, il Governo ha stanziato un finanziamento di 71,5 milioni di euro per procedere allo screening gratuito dell’Epatite C, dedicato ai nati tra il 1969 e il 1989, ai tossicodipendenti e ai detenuti.
“Grazie alla ricerca – sostiene Fabrizio Greco, amministratore delegato di AbbVie Italia – l’Epatite C è diventata una malattia curabile e gli screening sono il miglior modo per arrivare ad una diagnosi precoce e prevenire ulteriori rischi per la propria salute. Ecco perché continueremo ad impegnarci in campagne di informazione e sensibilizzazione, supportando le Istituzioni, le Associazioni dei pazienti e tutti gli esperti del settore per garantire l’accesso tempestivo alle cure e contribuire all’obiettivo fissato dall’OMS di eradicazione del virus entro il 2030”.
“Per combattere i pregiudizi e la scarsa informazione sull’Epatite C riteniamo sia necessario coinvolgere anche i più giovani, aumentando la consapevolezza sulla malattia e sensibilizzandoli sull’importanza dello screening – dichiara Bruno Marchini, presidente dell’Associazione Nazionale per la Lotta contro l'AIDS (Anlaids) –. I giovani, infatti, sono il nostro futuro, e l’educazione alla prevenzione e ai comportamenti corretti da seguire quando, per esempio, decidono di ricorrere a tatuaggi, piercing, o manicure e pedicure in ambienti non igienicamente controllati e con strumenti non sterilizzati, è il modo migliore per tutelare la loro salute e quella dei loro cari. Parlarne sui loro canali di comunicazione privilegiati, come i social, rappresenta la scelta più coerente ed efficace”.
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