Dal governo

Schillaci: il tetto per assumere il personale sale al 15%, un decreto e un Ddl sulle liste d’attesa

di Red.San.

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La vigilia del Consiglio dei ministri che dovrà discutere le misure per abbattere le liste di attesa è stata fitta di incontri con un dialogo intenso tra il ministero della Salute e le Regioni che dovranno applicare le misure annunciate dal Governo.

L’idea che sta prendendo corpo è che l’annunciato decreto legge contenga per lo più misure organizzative, leggere sul fronte dell’impatto economico, e che sia accompagnato da un disegno di legge con i provvedimenti che richiedono investimenti più corposi.

Il ministro della Salute, Orazio Schillaci, ospite a 5 minuti da Bruno Vespa, conferma: “Alcune misure saranno subito operative dopo il Consiglio dei ministri di domani, penso all’aumento del tetto di spesa per l’assunzione del personale che passerà dal 10 al 15%”. Le altre saranno attive “spero con l’inizio dell’anno nuovo, dal primo gennaio 2025”. “Vorremmo abolire il tetto di spesa sull’assunzione del personale - ha sottolineato il ministro - che rappresenterebbe un risultato epocale”. Schillaci ha parlato di “contatti febbrili” per cercare di rendere il provvedimento operativo il prima possibile. “Stiamo lavorando - ha detto - per avere prestazioni entro le 72 ore, laddove indicato, una tac, per esempio”.

Da subito, ha confermato Schillaci, “finalmente ci sarà un’agenda unica di prenotazione, che metterà insieme tutte le prestazioni disponibili nel pubblico e nel privato convenzionato. Ancora non è così in gran parte delle regioni”. “Sarà ribadito che non è possibile, per un medico, per una struttura sanitaria - prosegue il ministro - effettuare in intramoenia un numero di prestazioni maggiore di quelle effettuate nel pubblico, perché questo incide sulle liste di attesa. E non è possibile”. E ancora, “da subito implementeremo un sistema di monitoraggio, una piattaforma per sapere regione per regione quali prestazioni mancano per poter intervenire tempestivamente”.

La riunione tra ministro e Regioni è stata “garbata nei toni, ma con qualche imbarazzo reciproco”, perché le Regioni hanno lamentato di aver visto le bozze del Dl solo sui giornali.

“Ci piacerebbe contribuire alla genesi della norme, non fare solo osservazioni quando approvate”, ha spiegato dal canto suo Raffaele Donini, assessore alla Salute dell’Emilia-Romagna e coordinatore della commissione salute della Conferenza delle Regioni. “Da un’autonomia differenziata si passa direttamente a una autonomia nell’indifferenziata - ha aggiunto -. Ci sono stati detti per sommi capi i contenuti. Abbiamo capito che potrebbero esserci un disegno di legge e un decreto, ma non abbiamo informazioni sui dettagli e nemmeno sulle coperture. Abbiamo capito che si dovrebbero rafforzare i poteri ispettivi di Agenas nei confronti delle singole aziende sanitarie, cosa per noi assolutamente inaccettabile”.

Dal ministero hanno parlato di un “tema privatizzazione ma non sappiamo come si declinerebbe”. Tra le direttrici accennate alle Regioni anche “un Cup unico nazionale”. Ma “mancano i particolari - ha sottolineato ancora Donini -. Noi Regioni abbiamo ribadito tutta la nostra volontà di collaborare e di riunirsi anche sette giorni su sette, h24, per affrontare il nodo delle liste d’attesa, uno dei principali problemi che abbiamo, ovviamente condividendo una visione”.

Nel decreto, dunque, ci sarebbero la piattaforma di monitoraggio delle prestazioni che sarà in capo all’Agenas, per capire il peso di domanda e offerta di prestazione; l’interoperatività dei sistemi regionali e poi una struttura ispettiva creata ’ad hoc’; l’implementazione dei Cup regionali con il privato accreditato e l’acquisto di pacchetti di prestazioni in intramoenia. All’interno del decreto, inoltre, dovrebbe essere garantito l’accesso alla telemedicina anche a medici di famiglia e pediatri.

Nel disegno di legge, invece, che avrà costi e tempi più lunghi per l’approvazione, dovrebbero confluire l’innalzamento del tetto di spesa per il privato e le risorse aggiuntive per il personale. Il contributo delle “farmacie dei servizi”, presente nelle bozze del decreto, al momento sembra “più sfumato”.


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