Dal governo

Pnrr, il riparto pronto per l'esame degli assessori ripropone vecchie logiche e penalizza le Regioni più fragili

di Ettore Jorio *

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24 Esclusivo per Sanità24

Dalla proposta di ripartizione programmatica, ancorché provvisoria, delle risorse Pnrr destinate a Regioni e Province autonome in materia di rafforzamento del sistema nazionale della salute, si evince l’ennesima "fregatura" per i territori meno attrezzati.
Le condizioni di riparto non tengono conto degli indici di deprivazione socio-economica e culturale, delle condizioni dei vigenti Ssr, delle orografie pressoché impossibili, delle condizioni delle infrastrutture stradali e di quelle assistenziali e socio-sanitarie. Tutti gap che caratterizzano da sempre la mia Regione.
Così è facile distribuire, senza tuttavia tenere conto dei fabbisogni reali ed emergenti cui affidare, per l’appunto, la ripresa e la resilienza, tali da rendere uniformi le condizioni essenziali del Paese. Specie di quello non uscito dalla pandemia e inconsapevole delle conseguenze che porrà il post-Covid.
Non solo lo si fa male, ma lo si fa di tutta fretta, inviando la proposta di riparto alle Regioni nemmeno due giorni prima della relativa discussione che si terrà alla Commissione Sanità. La Conferenza comunica infatti solo il 18 ottobre alle 11,00, con la discussione in Commissione Salute fissata per il 20 ottobre alle ore 10,00.
Con questo, tutte le Regioni, per non parlare della mia, unica commissariata, e di tutte quelle ancora in piano di rientro, si troveranno nella condizione, per alcune capestro, di accettare quanto proposto in sede ministeriale.
I criteri di riparto adottati dagli elaboratori della proposta sono, di fatto, sconosciuti ma, soprattutto, non fondati sull’inventario dei beni e servizi, che avrebbe dovuto costituire la base dell’investimento con finalità redistributiva. Un po' quello che costituiva la ratio del D.M. 26/11/2010, attuativo della legge 42/2009, riguardante la perequazione infrastrutturale.
Una tale metodologia, se condivisa, lascerà le cose così come prima, con qualche Casa e Ospedale di comunità in più, magari distribuiti sul territorio per utilità politica e peso della rappresentanza dei Comuni destinatari, e qualche servizio in meno finanche rispetto a quelli oggi a regime. Ciò in quanto la nuova organizzazione darà l’impressione di rivoluzionare il sistema assistenziale, senza che questa si traduca in realtà concreta.
A pagare saranno sempre gli stessi: gli anziani e i disabili e tutti quei cittadini che vivono nei comuni montani, ma non di quelli attrezzati delle note stazioni sciistiche!
Il maggiore costo lo pagherebbe la mia Calabria, tormentata dal 14 anni di commissariamento e una organizzazione sociosanitaria postbellica. Con il 32% della popolazione che vive a oltre 500 mt di altitudine, con il disastro viario che si ritrova e i servizi di trasporto pubblico pressoché inesistenti con 75 milioni di euro da dedicare alla Case della comunità non si farà neppure il solletico all’attuale disastroso disagio assistenziale.

* Università della Calabria


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