Dal governo
Meridiano Sanità/ Italiani i più longevi d’Europa, ma con meno salute e investimenti in crisi
di L.Va.
Italiani sempre più longevi, ma anche più malati e dementi. Lo dice il XII Rapporto Meridiano Sanità, che con il Meridiano Sanità Index, curato da The European House – Ambrosetti, misura e traccia la rotta del nostro sistema sanitario. L’aspettativa di vita degli italiani è salita a 82,2 anni, ma con almeno 20 anni in cattiva salute, con un aumento di 4,2 anni dal 2006. Ma a preoccupare è l'indice di mantenimento dello stato di salute in cui l’Italia riporta un punteggio inferiore alla media europea. Tra i fattori che mettono maggiormente a rischio la sostenibilità dell'attuale livello di salute ci sono la capacità di risposta del sistema sanitario agli emergenti bisogni di salute, alcuni casi di inappropriatezza delle prescrizioni e il livello delle risorse economiche a disposizione della sanità.
Nel dettaglio, abbiamo performance superiori alla media europea, soprattutto su aspettativa di vita alla nascita (1° in Europa e 2° al mondo dopo il Giappone) e tassi di mortalità. Ma è allarmante il dato sui fattori di rischio per bambini, l'aspettativa di vita in buona salute a 50 anni e le disabilità. In Italia, nella popolazione al di sotto dei 15 anni solo 8,3 soggetti su 100 praticano attività fisica moderata (vs 20,9 in Spagna), e il 35% dei soggetti appartenenti a questa fascia di età presenta una condizione di eccesso ponderale e obesità (vs il 14,2% in Svezia).
L'aumento dell'aspettativa di vita ha contribuito all'aumento della popolazione anziana che oggi è pari al 22% della popolazione totale e raggiungerà il 34% entro il 2050. L'invecchiamento della popolazione porta con sé il peso di patologie non trasmissibili e croniche, che provocano l'86% degli anni di vita perduti per disabilità e morte prematura (DALY), complessivamente pari a 16,3 milioni di anni. Nel 2016, il tumore al polmone e quello alla mammella sono tra le patologie con il numero di DALY più elevato tra le neoplasie, rispettivamente pari a 626 e 266 mila anni. L'Alzheimer e le demenze provocano invece un numero di DALY pari a 898 mila anni, raddoppiati rispetto al 1990. Con l'invecchiamento e la diffusione di patologie ad alto impatto aumenteranno anche i costi ad esse correlati, sia diretti che indiretti. Questi ultimi sono pari al 73% dei costi totali delle demenze e al 53% dei costi totali generati dalle neoplasie.
Una delle aree più critiche per l'Italia, che aumenta il rischio di non riuscire a mantenere in futuro l'attuale stato di salute della popolazione, è quella relativa alla “Capacità di risposta del sistema sanitario ai bisogni di salute”, e in particolare, le coperture vaccinali che fino ad oggi sono state decisamente al di sotto delle soglie indicate dall'OMS, che garantirebbero non solo la protezione del singolo individuo ma della comunità intera, attraverso l'immunità di gregge. I tassi di copertura delle principali vaccinazioni raccomandate, registrati nel 2016, sono stati tutti al di sotto del target ottimale pari al 95%. Grazie all'approvazione della legge n.119 del 2017, che ha reso obbligatorie 10 vaccinazioni per l'accesso a scuola nei bambini da 0 a 16 anni, nei prossimi anni ci si aspetta un netto miglioramento delle coperture. Resta ancora molto da fare per aumentare le coperture vaccinali degli adulti e, in particolare dei soggetti occupati e attivi, che generano la quota maggiore di costi indiretti a partire dalla perdita di produttività lavorativa.
L'evidente ritardo nell'accesso all'innovazione terapeutica contribuisce al potenziale deterioramento dello stato di salute della popolazione. In Italia, in media, sono 15,6 i mesi che intercorrono dall'approvazione alla prima commercializzazione di un farmaco (5 volte il tempo impiegato in Germania).
A queste criticità si aggiungono tassi di informatizzazione e di accesso ai servizi informativi per la sanità lontani dalla media europea. In Italia il 10% dei cittadini utilizza l'e-booking per prestazioni sanitarie (vs il 19,7% in Europa), il 9,2% dei medici utilizza lo strumento dell'e-prescription (vs il 38,5% in Europa) e il 31,2% delle strutture sanitarie utilizza il Fascicolo Sanitario Elettronico (vs il 47,6% in Europa). La mancanza di informatizzazione rende anche più complesso il monitoraggio dei pazienti, delle prestazioni, delle patologie e del loro impatto sanitario ed economico.
L'Italia è ai primi posti in Europa per consumo di antibiotici negli animali e al secondo posto per consumo umano, oltre ad essere tra i Paesi con la prevalenza maggiore di ceppi resistenti da isolati invasivi (Escherichia Coli, Klebsiella Pneumoniae, Staphylococcus Aureus), che si è attestata tra il 25 e il 50% nel 2015. The European House – Ambrosetti ha elaborato un modello che stima i costi relativi alla degenza aggiuntiva in ospedale causata dall'antibiotico resistenza, che risultano pari a circa 319 milioni di euro nel 2016. Nell'ipotesi di uno scenario in cui non si introducano interventi capaci di contrastare l'antibiotico resistenza, l'impatto economico dell'AMR potrebbe raggiungere circa 1,8 miliardi di euro entro il 2050.
Nell'area efficienza, efficacia e appropriatezza delle cure, del Meridiano Sanità Index, il nostro Paese riporta performance superiori alla media europea. Ne è la prova l'aumento della sopravvivenza a 5 anni dei pazienti oncologici che è pari al 54% negli uomini e al 63% nelle donne, con un rispettivo aumento di 15 e 8 punti percentuali tra il 1990 e il 2009.
All'allungamento dell'aspettativa di vita della popolazione e alla riduzione della mortalità per molte patologie hanno contribuito in modo rilevante gli sviluppi della medicina con l'arrivo di nuovi farmaci e gli investimenti nella ricerca clinica. Nonostante gli elevati tempi e costi del processo, la pipeline dell'industria farmaceutica ha raggiunto nel 2017 il record storico con oltre 14.000 prodotti in sviluppo, di cui più di 7.000 in fase clinica.
L'Italia è uno dei Paesi che ha condotto il maggior numero di studi clinici, pari al 17% di quelli condotti in Europa (3.900), di cui il 37% ha riguardato l'area oncologica. I promotori profit hanno permesso di realizzare il 76% degli studi condotti in Italia.
© RIPRODUZIONE RISERVATA