Dal governo
Corte dei conti: ecco dove e come barano i furbetti dell’Asl
di Ernesto Diffidenti
Già all’inizio del secolo scorso Filippo Turati auspicava che la pubblica amministrazione diventasse una “casa di vetro”. Non lo era allora, evidentemente, non lo è oggi con ulteriori sovrapposizioni e farraginosità accompagnate da sistemi di raggiro sempre più sofisticati. Basta scorrere i rapporti internazionali ma anche le relazioni delle Procure delle Corte dei conti regionali - illustrate nell’inaugurazione dell’anno giudiziario 2016 - per avere uno spaccato del malaffare che si annida negli uffici pubblici dilagando nel comparto sanitario. Ebbene secondo questi studi che analizzano i fenomeni corruttivi nei vari Paesi, su tutti il rapporto di Transparency International presentato lo scorso gennaio e richiamato da diversi procuratori regionali, risulta che l’Italia si trova al sessantunesimo posto della graduatoria: in miglioramento rispetto all’anno precedente quando era sessantanovesima ma in posizione di retroguardia a livello europeo.
Insomma, qualcosa sta cambiando ma c’è ancora molto lavoro da lavorare per la trasparenza. D’altra parte non bisogna fare di tutta l’erba un fascio poiché la sanità non è malata nel suo complesso ma è proprio la complessità del sistema (e la corposa entità dei finanziamenti pubblici) a lasciare spazio a chi intende barare. Tanto è vero che la Procura siciliana ha promosso come «virtuose» le aziende sanitarie di Enna e Palermo. Ma è proprio nelle zone d’ombra che si concentra l’azione della magistratura contabile secondo cui la corruzione contribuisce alla riduzione della qualità dei servizi, incide negativamente sulle entrate pubbliche, scoraggia gli investimenti, aumenta ingiustizia sociale e povertà e, infine, mina la credibilità del Paese anche in ambito internazionale. Dunque, anche se a ranghi sempre più ridotti (è generalizzata la carenza di personale), la lotta ai «furbetti» andrà avanti senza soste.
I campi d’azione sono noti e vanno dall’uso privato di attrezzature pubbliche (in Liguria è stato “pizzicato” un dentista), alla violazione dell’esclusiva fino al fenomeno dei doppi pagamenti (una casa di cura fiorentina si faceva pagare per la stessa prestazione dal paziente e dalla Regione). Senza contare l’ennesimo caso di defuntopoli (Friuli Venezia Giulia) dove si è arrivati alla condanna penale di un dipendente che si appropriava di monili e orologi di defunti affidati alla sua custodia, nonché favorito alcune ditte di onoranze funebri.
Non mancano, ovviamente, i frequenti danni da parte del personale sanitario anche per gravi errori, come la dimencanza delle garze nel corpo dopo un intervento in sala operatoria (è successo in Lombardia). Ma anche il furto di farmaci «dopanti» o l’uso improprio di ricettari (è accaduto nelle Marche). C’è poi il fenomeno denunciato dai giudici campani, secondo cui le denunce relative ai compartamenti illeciti nella sanità «sono anomale per difetto». Insomma, sono poche. Per questo i giudici scuotono le dirigenze a rafforzare i controlli e farsi parte attiva anche nelle denunce. La costruzione della «casa di vetro» ha bisogno dell’impegno di tutti.
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