Dal governo

Regionalismo differenziato: un nuovo decreto legge per realizzare una reale uguaglianza sul territorio

di Ettore Jorio

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24 Esclusivo per Sanità24

Che l’attuazione del regionalismo differenziato abbia creato da quattro anni il tema del quale discutere e sul quale contrapporsi politicamente è fuori da ogni dubbio. La contrapposizione politica in atto è esplosa successivamente ai Ddl proposti nel 2020 da Francesco Boccia e nel 2022 da Mariastella Gelmini, che invero proponevano lo stesso percorso generale di quanto scritto nell’ottava bozza di Ddl a firma di Roberto Calderoli.

Il dibattito si è pertanto trasformato, dopo l’approvazione della legge 86/2024, in una aspra contesa a colpi di “carta bollata” intendendo per tale referendum, dalla verosimile inammissibilità, e probabili ricorsi alla Corte costituzionale dall’esito ragionevolmente negativo.

Il federalismo fiscale deve mandare a casa la spesa storica

Allo stato c’è l’esigenza non rinviabile di riparare, in poco più di due mesi la legge “Calderoli” in Parlamento. Si avrebbe modo di aggiustare alcune “disattenzioni” presenti nel testo ma soprattutto di risolvere gli errori commessi nell’assegnare l’incarico all’istituito CLEP con il Dpcm del 23 marzo 2023. La soluzione immediata ci sarebbe. Un rimedio che – da una parte - offrirebbe l’occasione di evitare fughe in avanti delle Regioni già dichiaratesi pronte a fare istanza di differenziazione legislativa sulle nove materie non Lep e – dall’altra- rimedierebbe alla parzialità del contenuto del Rapporto finale del Clep, presentato al Governo a fine ottobre dello scorso anno.

E già. Perché delle nove materie non “leppizzate” ce ne sono almeno cinque (rapporti internazionali e con l’Unione europea, commercio con l’estero, protezione civile, previdenza complementare e integrativa, coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario) che non sono da assolutamente ritenersi tali. Al riguardo, infatti, è difficile pensare, per esempio: alla protezione civile (che, al di là dell’utilità di attribuire ai Presidenti di Regione il potere di ordinanza per le emergenze, rischierebbe di rompere l’attuale sistema di intervento coordinato e solidale tra Regioni in materia di tutela della persona), alla previdenza complementare e integrativa (che potrebbe incidere sulle retribuzioni rendendole concorrenziali, tali da attrarre, per esempio, in sanità personale proveniente da altre Regioni). Infine, al coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, del quale è impossibile supporre il concretizzarsi di un coordinamento in assenza di una pluralità di soggetti istituzionali coinvolti.

Conseguentemente, urgerebbe riparare l’errore di incarico dato al Clep di limitarsi all’analisi delle materie differenziabili e non di tutte quelle individuate nei primi due commi dell’art. 117 della Costituzione oltre a quelle residuali e dunque di competenza legislativa regionale che sono ben oltre trenta.

Un mandato, cui dovere assolvere a cura di Sabino Cassese e i suoi sessanta (diminuiti successivamente per dimissioni) da doversi concludere, bene e nel breve, per dare modo di mettere a terra il federalismo fiscale.

La sanità in primis

Una mission che non sarà affatto facile dal momento che le materie da declinare e approfondire, in tema di riconducibilità ai Lep, sono tantissime, specie nel valutarle in termini di trasversalità necessaria. Basti pensare al dovere eluso di implementazione dei Lea da considerarsi anche al lordo dei già Liveas.

Il Rapporto finale del Clep ha dato in materia per scontati i Lea rappresentati nelle 71 pagine di cui si compone, al lordo degli allegati, il Dpcm del 12 gennaio 2017. Si badi bene, una ricognizione di prestazioni, di aggiornamento al Dpcm del 29 novembre 2001, effettuata ante Covid, con naturali omessi aggiornamenti delle necessità assistenziali post-pandemia.

Ma soprattutto da implementare tenendo conto: del DM77 di riscrittura dell’assistenza territoriale; degli interventi del Pnrr su telemedicina e sulle nuove tecnologie; delle novità che apporterà nella tutela della salute l’introduzione a regime della intelligenza artificiale; delle nuove metodologie di assistenza necessarie per gli anziani non autosufficienti, per la salute mentale da riscrivere finanche nei principi e per le patologie dell’alimentazione. Insomma, sarà un lavoraccio che richiederà tempo, conoscenze specialistiche e collaborazioni assidue del sistema delle autonomie territoriali, vero conoscitore delle diseguaglianze rilevate nei vari territori, ricchi di debolezze che incrementano il “turismo” sanitario per quattro miliardi di euro

Portare in Parlamento, ma come?

Esiste allo stato un unico percorso, che darebbe modo anche alla Lega di risolvere l’errore politico grave che ha imposto alla maggioranza. Quello che di solito fa nascere i gattini ciechi.

Da qui, un decreto legge che incida soprattutto sulla modifica dell’art. 3, comma 3, della legge 86/2024. Quello che, nella sostanza, esclude le nove materie da quelle riconducibili ai Lep e, in quanto tali, oggetto di istanza di differenziazione da parte delle solite Regioni del nord del Paese. Le condizioni di urgenza “spacca Paese” ci sono tutte.

La situazione venutasi a creare è, infatti, non più sostenibile, sia sotto il profilo politico che sociale. Di conseguenza, malcontenti in seno al Governo, divergenze nei partiti, protagonismi sparsi e differenziati dei presidenti di Regioni, interpretazioni improprie del regionalismo differenziato (a cominciare dalla denominazione di autonomia differenziata, per fare prima e male!), confusione grave con il federalismo fiscale, messa in discussione dei Lep senza comprendere la loro indispensabilità per evitare le diseguaglianze di oggi sono tutti incidenti gravi cui necessita offrire una soluzione unica e immediata.

Al di là delle variabili procedurali possibili, l’opzione del decreto legge raggiunge lo scopo di arrivare ad un’utile moratoria (proposta da Occhiuto) nonché ad essere in linea con l’idea di Emiliano di ricorrere ad una legge costituzionale e di De Luca, dichiaratosi non innamorato dei referendum. Ma soprattutto correggerebbe la ratio e il percorso attuativo della legge medesima, rendendola più finalizzata a realizzare una uguaglianza sostanziale nella percezione dei diritti civili e sociali a tutta la Nazione.


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