Aziende e regioni
Serve un ospedale adeguato ed esteso per evitare il collasso
di Francesco Cognetti *
24 Esclusivo per Sanità24
Già prima della pandemia gli ospedali erano al limite dei loro mezzi e delle loro forze dopo essere stati fiaccati da anni di politiche miopi, ma oggi rischiano di implodere sotto il peso di sempre più pesanti contraddizioni. Non basta aver registrato durante il periodo pandemico la più elevata mortalità da Covid tra i contagiati e su popolazione e la più elevata mortalità in eccesso per altre patologie fra tutti i Paesi dell’Europa Occidentale? Non basta avere il Pronto Soccorso e la medicina d’urgenza in tilt per rendersi conto che ormai l’ospedale è diventato suo malgrado un’emergenza nell’emergenza?
Il progressivo depotenziamento dell’assistenza ospedaliera del nostro Paese è nei numeri: in soli dieci anni (2010-2019) gli istituti di cura sono diminuiti da 1.165 a 1.054. Abbiamo perso 25mila posti letto di degenza ordinaria (da 215 mila a 190 mila). Il definanziamento della sanità ha raggiunto i 37 miliardi ed il settore ospedaliero è stato quello più colpito dai tagli. L’attuale crisi dei Pronto soccorso non è altro che il risultato di anni di progressivo depotenziamento e la punta dell’iceberg di un sistema ospedaliero in affanno.
Sappiamo che esiste un Dm 71 in discussione (riforma del territorio) e in attesa di essere approvato, non sappiamo ancora nulla su cosa si intende fare con il Dm 70 (riordino degli ospedali).
Insistiamo con forza, nell’interesse primario dei malati, sulla necessità di andare oltre il Dm 70, quindi di definire non più un ospedale minimo ma un ospedale adeguato, superando i vetusti parametri organizzativi del passato e la contrapposizione ideologica ospedale contro territorio a favore di una organizzazione interconnessa e dipartimentale.
Chiediamo con urgenza di ripensare i parametri di organizzazione dei nosocomi. Il numero di posti letto di degenza ordinaria deve crescere ben oltre i 350 per 100.000 abitanti odierni fino a raggiungere almeno la media europea di 500, e il numero di posti letto di terapia intensiva deve superare i 14 posti letto, peraltro rimasti sulla carta e mai raggiunti.
Non senza una certa apprensione, sentiamo il dovere di lanciare un allarme sulle condizioni precarie delle nostre dotazioni organiche: i medici specialisti ospedalieri sono circa 130mila, 60mila in meno della Germania e 43mila in meno della Francia. Gli operatori sanitari, inclusi gli infermieri, sono quindi inadeguati in rapporto alla popolazione e assistiamo a un consistente esodo di medici neolaureati e specializzandi, perché all’estero gli stipendi e le condizioni di lavoro sono nettamente migliori.
Come ha ribadito Papa Francesco nella recente udienza con i dirigenti di ‘Federsanità’, “occorre confermare l’importanza del sistema di sanità pubblica e per ridurre le disuguaglianze in tema di salute occorre lavorare perché tutti abbiano accesso alle cure, il sistema sanitario pubblico sia sostenuto e promosso, e continui ad essere gratuito. Tagliare le risorse per la sanità rappresenta un vero e proprio ‘oltraggio’ all’umanità”. Queste le dure e solenni affermazioni del Santo Padre che rappresentano un monito per tutti.
La riforma territoriale proposta con il Dm 71 è una discutibile controriforma delle cure primarie. Rischia infatti di minare il pilastro fondamentale dell’assistenza di base, garantita da sempre sulle basi di una Convenzione Internazionale. Prevede interventi del tutto insufficienti a colmare le disfunzioni gravi dell’assistenza territoriale, preoccupandosi più delle strutture che dei professionisti e delle tecnologie. Non garantisce la prossimità con la comunità dei bisogni e non risolve i problemi che ancora oggi contrappongono in modo sbagliato l’ospedale al territorio. Non solo. Favorisce in modo preoccupante la privatizzazione dell’assistenza ai malati cronici con un modello corrispondente ad una filosofia di popolazione (50-100.000 cittadini utenti per ogni singola struttura) che appiattisce la diversità e la complessità della moderna domanda di salute.
Non si ottiene l’auspicata diminuzione degli accessi a bassa priorità nei Pronto Soccorso solo con il potenziamento del territorio, su cui vanno ridistribuite le istanze cliniche meno acute. Ciò che è territoriale deve essere considerato pre e post-ospedaliero, in una visione integrata delle due realtà. Ci rendiamo conto che rivedere il DM 70, come da nostre proposte, implichi una crescita di spesa per il fondo sanitario. È infatti impossibile ripensare i nosocomi, accrescerne le funzionalità e incrementare il loro grado di adeguatezza con il bisogno di cura della popolazione a invarianza di costo. Se si entra nella logica della ri-spedalizzazione, è necessario passare dal risparmio all’investimento.
Rivendichiamo con urgenza un significativo rifinanziamento della spesa ospedaliera, nello stesso tempo ci rendiamo disponibili a ricercare con il Ministero della Salute un accordo di sostenibilità per eliminare diseconomie, superare disorganizzazioni, ridurre gli sprechi tuttora largamente esistenti a livello locale, in una parola per trovare soluzioni che consentano, a seguito di una crescita della spesa, di garantire un valore aggiunto.
È quanto chiede il Forum delle Società Scientifiche dei Clinici Ospedalieri e Universitari Italiani (FoSSC), ribadendo al ministro Speranza la necessità di un tavolo comune per affrontare i gravi problemi del sistema sanitario.
* Coordinatore del Forum delle Società scientifiche dei clinici ospedalieri e universitari italiani (FoSSC)
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