Sentenze
Consulta: il payback sui dispositivi medici presenta criticità ma è ragionevole e non sproporzionato
di Red.San.
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“Il payback presenta di per sé diverse criticità, ma non risulta irragionevole in riferimento all’art. 41 Costituzione, quanto al periodo 2015- 2018. Esso, infatti, pone a carico delle imprese per tale arco temporale un contributo solidaristico, correlabile a ragioni di utilità sociale, al fine di assicurare la dotazione di dispositivi medici necessaria alla tutela della salute in una situazione economico finanziaria di grave difficoltà”. Lo afferma la Corte Costituzionale che ha pubblicato due sentenze (n. 139 e n. 140) sul meccanismo del payback. “Il meccanismo - sottolinea la Corte - non risulta neppure sproporzionato, alla luce della significativa riduzione al 48% dell’importo originariamente posto a carico delle imprese, riduzione ora riconosciuta incondizionatamente a tutte le aziende in virtù della sentenza n. 139”.
Le due sentenze della Corte (n. 139 e n. 140) hanno ad oggetto il meccanismo del payback, che è regolato da diverse norme di legge. La disciplina principale è contenuta nell’art. 9-ter del decreto legge n. 78 del 2015. “Le disposizioni di questo articolo - spiega la Consulta - stabiliscono un tetto alla spesa regionale per i dispositivi medici. Se la regione supera il tetto, le imprese che forniscono i dispositivi ai Servizi sanitari regionali sono tenute a contribuire parzialmente alripiano dello sforamento”. Per gli anni dal 2015 al 2018 è espressamente prevista la procedura di determinazione dell’ammontare del ripiano a carico delle singole imprese (comma 9-bis, inserito nel 2022 nell’art. 9-ter menzionato).
Vi sono poi le norme contenute nell’art. 8 del decreto legge n. 34 del 2023. “Queste disposizioni - continua la Corte - hanno istituito un fondo statale da assegnare pro-quota alle regioniche nel menzionato periodo abbiano superato il tetto di spesa. Esse hanno inoltre consentito alle imprese fornitrici dei dispositivi di versare solo il 48 % della rispettiva quota di ripiano, a condizione che rinunciassero a contestare in giudizio i provvedimenti relativi all’obbligo di pagamento”.
La Corte si è occupata dapprima, su ricorso della Regione Campania, delle disposizioni del 2023 e, con sentenza n. 139, le ha dichiarate incostituzionali nella parte in cui condizionavano la riduzione dell’onere a carico delle imprese alla rinuncia, da parte delle stesse, al contenzioso. “La conseguenza - sottolinea la Corte - è che a tutte le imprese fornitrici è ora riconosciuta la riduzione dei rispettivi pagamenti al 48 per cento”.
Con la successiva sentenza n. 140 la Corte, su rimessione del TAR Lazio, ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 9-ter deldecreto legge n. 78 del 2015, quanto al periodo 2015-2018. La Corte ha precisato che, in relazione a tale periodo, il legislatore ha dettato una disciplina apposita per il ripiano dello sforamento dei tetti di spesa, e le regioni,con propri provvedimenti, hanno richiesto alle imprese le somme da esse dovute. La sentenza ha rilevato “che il payback presenta di per sé diverse criticità, ma non risulta irragionevole in riferimento all’art. 41 Cost., quanto al periodo 2015-2018”. “Esso, infatti - continua la Consulta - pone a carico delle imprese per tale arco temporale un contributo solidaristico, correlabile a ragioni di utilità sociale, al fine di assicurare la dotazione di dispositivi medici necessaria alla tutela della salute in una situazione economico finanziaria di grave difficoltà”. Il meccanismo “non risulta neppure sproporzionato, alla luce della significativa riduzione al 48 per cento dell’importo originariamente posto a carico delle imprese, riduzione ora riconosciuta incondizionatamente a tutte le aziende in virtù della citatasentenza n. 139”,
Inoltre, la Corte ha osservato che la disposizione censurata non contrasta con la riserva di legge prevista dall’art. 23 Cost. per l’imposizione di prestazioni patrimoniali.Infine, la sentenza 140 ha precisato che la disposizione censurata non ha natura retroattiva, in quanto il comma 9-bis dell’art. 9-ter, introdotto nel 2022, si è limitato a rendere operativo l’obbligo di ripiano a carico delle imprese fornitrici, senza influire, in modo costituzionalmente insostenibile, sull’affidamento che le parti private riponevano nel mantenimento del prezzo di vendita dei dispositivi medici.
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