Sentenze

La Corte costituzionale boccia”il Piemonte che modifica il piano di rientro dal disavanzo sanitario

di Pietro Verna

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24 Esclusivo per Sanità24

Le Regioni non possono modificare unilateralmente i piani di rientro dal disavanzo sanitario. Una diversa soluzione sarebbe in contrasto con i principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica (articolo 117, comma 3, della Costituzione) e con l’articolo 1, commi 173 e 180, della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005) che contempla:

- la definizione concordata fra Stato e regioni delle misure volte a realizzare gli obiettivi di mantenimento dell’equilibrio finanziario del Sistema Sanitario Regionale- SSR;

- il principio di vincolatività dei piani di rientro e dei successivi programmi operativi, sottoscritti da Stato e regione, e il conseguente divieto per le regioni di adottare leggi e/o provvedimenti contrastanti con gli interventi indicati nei medesimi piani o programmi, nel periodo di vigenza di questi ultimi.

Lo ha stabilito la Consulta con la sentenza n.87/2024 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 8 della legge n. 6/2023 della Regione Piemonte che ha prorogato all’anno 2032 (in origine fissato 2026) il termine per la restituzione delle somme indebitamente sottratte alla gestione sanitaria

La sentenza

Nel ricorso proposto alla Corte costituzionale, l’Avvocatura generale dello Stato aveva denunciato la violazione dell’articolo 1, commi 173 e 180, della legge n.311 del 2004, evidenziando che «la regione era stata assoggettata al Piano di rientro di riqualificazione e riorganizzazione e di individuazione degli interventi per il perseguimento dell’equilibrio economico» e che il programma di restituzione delle somme al SSR era stato concordato in sede di Conferenza permanente Stato- Regioni- Province autonome. Mentre la Regione aveva sostenuto che il prolungamento temporale del programma di restituzione delle somme suindicate si era reso necessario per far fronte alle esigenze connesse alla pandemia da Covid-19 e al rincaro dei costi delle materie prime. Tesi che non ha colto nel segno. L’Alta Corte ha statuito che la regione «avrebbe dovuto promuovere un’interlocuzione con le amministrazioni statali competenti al fine di rappresentare loro le ragioni dell’asserita sopravvenuta insostenibilità del completamento del programma di restituzione […] per eventualmente giungere alla definizione, necessariamente concordata, di un diverso termine finale entro il quale modulare il trasferimento di cassa». Decisione che è in linea con l’orientamento secondo cui:

- l’autonomia legislativa concorrente delle regioni nella gestione del servizio sanitario può incontrare limiti alla luce degli obiettivi della finanza pubblica e del contenimento delle spese (Corte costituzionale, sentenze n. 91/2012 e n. 193/2007);

- la presenza di due livelli di governo posti a presidio del diritto alla salute - il Sistema Sanitario Nazionale e i Sistemi Sanitari Regionali- rende necessaria la definizione di un sistema di regole che ne disciplini i rapporti di collaborazione, nel rispetto delle reciproche competenze, al fine di realizzare «una gestione della funzione sanitaria pubblica efficiente e capace di rispondere alle istanze dei cittadini coerentemente con le regole di bilancio» (Corte costituzionale, sentenza n.190/2022).


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