Sentenze
Danno vaccinale: la Consulta boccia la norma che fa decadere dopo tre anni il termine per l’indennizzo
di Pietro Verna
24 Esclusivo per Sanità24
Il termine triennale di decadenza per la richiesta di indennizzo del danno vaccinale deve decorrere da quando l’avente diritto ha avuto conoscenza non solo del danno ma anche della relativa indennizzabilità. Lo ha stabilito la Corte Costituzionale ( sentenza n.35/2023) che ha accolto le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, nell'ambito di una causa in cui era stata chiamata a decidere sulla costituzionalità dell’art. 3 della legge 25 febbraio 1992, n. 210 (Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati), nella parte in cui prevede che i termini per la richiesta di indennizzo "decorrono dal momento in cui l'avente diritto risulti aver avuto conoscenza del danno”.
Nel caso di specie, i genitori di una bambina danneggiata dal vaccino contro il morbillo avevano chiesto l'indennizzo oltre il triennio da quando si era manifestato il danno e tuttavia prima che il danno stesso – in quanto causato da vaccinazione all'epoca non obbligatoria, ma solo raccomandata – fosse dichiarato indennizzabile dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 107 del 2012.
La Consulta ha evidenziato che le esigenze di solidarietà sociale e di tutela della salute portano a ritenere che la conoscenza del danno suppone che il danneggiato abbia acquisito consapevolezza non soltanto dell’esteriorizzazione della menomazione permanente dell’integrità psico-fisica e della sua riferibilità causale alla vaccinazione, ma anche della sua rilevanza giuridica, e quindi dell’azionabilità del diritto all’indennizzo. Da qui la sentenza in narrativa che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 3 della legge n. 210/1992 nella parte in cui, al secondo periodo, dopo le parole "conoscenza del danno", non prevede "e della sua indennizzabilità.
Decisione che- afferma l’Alta Corte- è in linea con l’orientamento della giurisprudenza costituzionale secondo cui il:
- la mancata previsione del diritto all’indennizzo in caso di patologie derivanti da vaccinazioni raccomandate si risolve in una lesione degli artt. 2, 3 e 32 Cost., in quanto le esigenze di solidarietà sociale e di tutela della salute del singolo richiedono che sia la collettività ad accollarsi l’onere del pregiudizio individuale, mentre sarebbe ingiusto consentire che siano i singoli danneggiati a sopportare il costo del beneficio anche collettivo (sentenza n. 107 del 2012);
- l’estensione dell’indennizzo ai casi di vaccinazioni raccomandate è volta a completare il “patto di solidarietà” tra individuo e collettività in tema di tutela della salute e a rendere più serio e affidabile ogni programma sanitario volto alla diffusione dei trattamenti vaccinali, al fine della più ampia copertura della popolazione (sentenza n. 268 del 2017).
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