Sentenze

Asl contro Agenzie delle Entrate: l'aggio sulle cartelle è irragionevole e va riformato

di Paola Ferrari

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L'aggio imposto sulle cartelle esattoriali è irragionevole e va riformato, questa è l'opinione espressa nella sentenza della Corte Costituzionale n. 120 del 10 giugno scorso che ha respinto la questione di incostituzionalità del sistema, affermando nel contempo la necessità della riforma del sistema di riscossione.
La circostanza che il servizio della riscossione sia ormai sostanzialmente accentrato, affermano i giudici, salve limitate eccezioni in ambito locale, presso l'ente pubblico Agenzia delle entrate – Riscossione (e già al tempo della disciplina censurata, presso Equitalia spa, società a totale partecipazione pubblica), potrebbe, essere considerata dal legislatore al fine di valutare se l'istituto dell'aggio mantenga ancora, in tale contesto, una sua ragion d'essere – posto che rischia di far ricadere (o fa attualmente ricadere) su alcuni contribuenti, in modo non proporzionato, i costi complessivi di un'attività ormai svolta quasi interamente dalla stessa amministrazione finanziaria e non più da concessionari privati o non sia piuttosto divenuto anacronistico e costituisca una delle cause di inefficienza del sistema.
Si ricorda che in caso di pagamento effettuato entro 60 giorni dalla notifica della cartella, tali oneri sono pari al 3% delle somme riscosse.
In caso di pagamento effettuato dopo 60 giorni dalla data di notifica della cartella, gli "oneri di riscossione", interamente a carico del debitore, sono pari al 6% dell'importo dovuto, percentuale non indifferente che si somma alla sanzione per il mancato pagamento pari al 30% ed agli interessi di mora (il cui tasso attualmente applicabile è pari al 2,68% annuo).

I fatti e la posizione delle parti
A sollevare la questione non è stato un contribuente scontento per avere ricevuto una cartella esattoriale non gradita.
Le questioni sono sorte nel corso di un giudizio proposto dall'Azienda ULSS 12 Veneziana contro Equitalia Nord spa, avverso una cartella di pagamento dell'importo di complessivi euro 4.249.745,75, di cui euro 188.838,07 a titolo di «compensi (aggio) di riscossione», notificata il 3 settembre 2014 ed emessa a seguito di iscrizione a ruolo del 16 giugno 2014 per imposte, sanzioni, interessi e compensi della riscossione dovuti per gli anni dal 1998 al 2001, in relazione ad avvisi di accertamento divenuti definitivi per effetto della sentenza della Corte di cassazione, sezione quinta civile, del 9 aprile 2014, n. 8320.

Il giudice a quo riferisce che l'impugnazione della predetta cartella «riguarda unicamente i compensi di riscossione» e che con essa la ricorrente ha chiesto: a) in via pregiudiziale, di sollevare questioni di legittimità costituzionale dell'art. 17, comma 1, del d.lgs. n. 112 del 1999 per contrasto con gli artt. 3, 23, 24, 53, 76 e 97 Cost.; b) in via principale, di dichiarare illegittima in tutto o in parte la cartella di pagamento con riferimento alla pretesa dell'aggio di riscossione; c) in via subordinata, di dichiarare illegittima in tutto o in parte la cartella medesima per errata determinazione dell'aggio della riscossione.
La mancanza di un ancoraggio al costo del servizio, secondo la Ulss farebbe perdere al compenso per la riscossione il suo carattere di controprestazione economica, creando un'ingiustificata «disparità di trattamento tra i contribuenti» che, a parità di servizio reso – ad esempio la compilazione della cartella di pagamento –, sarebbero tenuti al pagamento di un aggio diverso in relazione agli importi dovuti.
La norma censurata sarebbe infine irragionevole sotto un ulteriore profilo, relativo alla circostanza che detti compensi maturerebbero anche in relazione a voci accessorie (come gli interessi di mora) che nulla avrebbero a che fare con la pretesa tributaria.

L'invito a rivedere i meccanismi di riscossione
La Corte Costituzionale, forse considerando l'uragano di ricorsi che si sarebbe abbattuto contro l'agenzia del fisco sollevato da un'articolazione dello Stato stesso, ha dato un colpo al cerchio ed uno alla botte.
Nella disciplina censurata, afferma la sentenza, l'aggio è strutturato come il meccanismo di finanziamento ordinario dell'intera attività di riscossione, accogliendo la prospettazione dell'avvocatura, vede nel rischio della «mancata esazione» uno dei suoi principali «fattori di costo».
È, in ogni caso, del tutto evidente, affermano gli ermellini, che tale remunerazione, deve restare coerente con la sua funzione e non assumere un carattere arbitrario, come invece può facilmente verificarsi nel caso (non infrequente, per le ragioni sopra viste) di eccessiva entità del costo del non riscosso addossato al contribuente "solvente".
Si deve ora ribadire che un'adeguata riscossione è essenziale non solo per la tutela dei diritti sociali, ma anche di gran parte di quelli civili, data l'ingente quantità di risorse necessaria al funzionamento degli apparati sia della tutela giurisdizionale sia della pubblica sicurezza, entrambi indispensabili per la garanzia di tali diritti.

Le modalità con cui ciò potrebbe avvenire – superando i profili di irragionevolezza della censurata disciplina dell'aggio (sostanzialmente riprodotta, come detto, nella sua essenziale struttura anche nella disciplina vigente) e garantendo risorse adeguate alla funzione pubblica della riscossione – possono però essere molteplici e sono rimesse in prima battuta alla discrezionalità del legislatore.
Infatti, se il finanziamento della riscossione, da un lato, finisce per gravare prevalentemente sui cosiddetti "contribuenti solventi" e, dall'altro, fornisce risorse insufficienti al corretto esercizio della funzione pubblica di riscossione, si determina anche un disincentivo alla lotta della cosiddetta "evasione da riscossione" nei confronti di chi riesce a sfuggire in senso totale ai propri obblighi, soprattutto se di importo relativamente modesto.

Le questioni sollevate dal rimettente "vanno perciò dichiarate inammissibili, afferma la sentenza, perché le esigenze prospettate, pur meritevoli di considerazione (nei sensi sopra precisati), implicano una modifica rientrante nell'ambito delle scelte riservate alla discrezionalità del legislatore (sentenza n. 219 del 2019).
Nel pervenire a tale conclusione questa Corte ritiene, però, opportuno rimarcare, ancora una volta, l'indifferibilità della riforma, al fine sia di superare il concreto rischio di una sproporzionata misura dell'aggio, sia di rendere efficiente il sistema della riscossione".


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