Medicina e ricerca

Stenosi aortica, nuova indicazione estende la Tavi agli asintomatici, l’Italia soddisfa solo metà del fabbisogno

di Francesco Saia* e Alfredo Marchese**

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Mentre le evidenze scientifiche supportano l’estensione delle indicazioni della TAVI (sostituzione transcatetere di valvola aortica) anche nei pazienti con stenosi aortica asintomatica, nel nostro paese l’accesso a questa procedura mininvasiva soddisfa poco più della metà del fabbisogno nazionale. In Italia ogni anno si eseguono 220 TAVI per milione di abitanti, quando invece il fabbisogno stimato è di 400 per milione di abitanti. Nelle scorse settimane, in occasione del congresso internazionale della Cardiologia Interventistica Transcatheter Cardiovascular Therapeutics (TCT) di Washington, è stato discusso un importante lavoro scientifico, lo studio EARLY TAVR, il quale ha dimostrato che intervenire precocemente sui pazienti con stenosi aortica grave, ma senza sintomi, potrebbe essere una strategia più utile di una vigile attesa. Lo studio, che ha coinvolto 75 centri negli Stati Uniti e in Canada, ha coinvolto 901 pazienti con un’età media di 75,8 anni affetti da stenosi aortica grave: 455 sono stati sottoposti a una TAVI precoce, mentre 446 pazienti sono stati monitorati. Tutti i partecipanti sono stati seguiti per 3,8 anni, durante i quali è emerso che i pazienti sottoposti a una TAVI precoce hanno un rischio ridotto di poco più del 15% di morte, ictus o ricovero rispetto ai pazienti sottoposti solo a un monitoraggio (35% versus 51%). I pazienti sottoposti a intervento precoce avevano anche meno probabilità di riportare un peggioramento della funzione ventricolare sinistra e atriale sinistra rispetto a quelli del gruppo di sorveglianza. Ecco perché abbiamo deciso di affrontare anche questo argomento al nostro 45° Congresso del GISE (Società Italiana di Cardiologia Interventistica) che si è aperto oggi a Milano.

La TAVI è una procedura minimamente invasiva che ha rivoluzionato la cardiologia interventistica, offrendo un’importante opportunità di cura per i pazienti con stenosi aortica in alternativa alla chirurgia a cuore aperto tradizionale. La stenosi aortica è una patologia causata dal restringimento della valvola aortica che determina un ostacolo al flusso di sangue dal cuore verso il resto del corpo. Questa patologia mette il cuore in difficoltà e porta alla comparsa di sintomi come affaticamento, dolore al petto o svenimenti. Dopo la comparsa dei sintomi, si ha un aumento importante del rischio di morte stimato intorno al 30% per anno tanto che a 3 anni dalla diagnosi sopravvive meno del 5% dei pazienti. Questi dati mostrano chiaramente che non ci sono evidenze che una TAVI precoce sia dannosa o negativa. Dallo studio emerge anche che il 26% dei pazienti coinvolti ha manifestato poi i sintomi entro 6 mesi, il 50% entro un anno e oltre il 70% ha avuto bisogno di una sostituzione della valvola aortica entro 2 anni. Circa il 40% dei pazienti ha sviluppato sintomi molto avanzati o acuti, ovvero edema polmonare, insufficienza cardiaca grave, sincope o arresto cardiaco. Questo significa che non ci sarebbe alcun vantaggio nell’aspettare soprattutto alla luce della storia naturale della stenosi aortica. Le attuali linee guida raccomandano una sorveglianza clinica di routine ogni 6-12 mesi, ma i nuovi dati indicano che un intervento precoce può migliorare i risultati.

Nonostante ci siano indicazioni chiare di estendere il ricorso alla TAVI ai pazienti con stenosi aortica grave asintomatica, allargando potenzialmente la rosa dei pazienti candidabili all’intervento, in Italia non si riesce a stare al passo neanche ai bisogni attuali.

Nel nostro paese i livelli di accesso all’interventistica cardiovascolare risultano ancora inadeguati sia in termini di numero di pazienti trattati rispetto al fabbisogno, sia di disomogeneità tra le varie aree geografiche dell’Italia. Per le TAVI, in particolare, la media nazionale è 220 procedure per milione di abitanti, ma il fabbisogno stimato è di 350/400 e nelle diverse Regioni il range varia da 108 a 294 interventi per milione di abitanti. È dunque necessario individuare, insieme alle istituzioni, gli strumenti che possono permettere di superare queste criticità, di migliorare gli esiti delle procedure e, soprattutto, la salute dei pazienti.

*Presidente GISE e cardiologo interventista all’IRCCS Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna, Policlinico Sant’Orsola
**Responsabile cardiologia interventistica Ospedale S.Maria GVM di Bari


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