Medicina e ricerca

Tumori occupazionali: una piaga che colpisce ogni anno 3.500 lavoratori con stime al rialzo

di Alberto Vannelli*

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24 Esclusivo per Sanità24

Ricorrono oggi i 210 dalla morte del carpigiano Bernardo Ramazzini, padre della medicina del lavoro. Nato in un’Europa barocca segnata da grandi sconvolgimenti politici, è a tutti gli effetti precursore di quell’illuminismo del “sapere aude” di kantiana memoria. Medico e docente (prima a Modena e poi nella università patavina), il suo “coraggio di conoscere” lo portò a indagare su: lavoratori, territorio, ambienti di lavoro e rischi per la salute. Da questa ricerca nacque il “De Morbis Artificum Diatriba”: 54 capitoli, oltre 100 occupazioni indagate, con i rischi affrontati dai lavoratori e tra questi anche i tumori: quello al seno ad esempio, riscontrato tra le suore più che in qualsiasi altra donna; la sua celebre intuizione della correlazione con il celibato, anticipava di secoli l’osservazione della nulliparità e dello stato ormonale delle donne come fattore di rischio per il cancro alla mammella.
La storia lavorativa e l’esposizione ad agenti cancerogeni sul luogo di lavoro sono elementi indispensabili per la sorveglianza e la prevenzione primaria di quelli che oggi tecnicamente sono chiamati: tumori occupazionali. Diversi elementi però hanno reso difficile nel nostro Paese, lo sviluppo e la diffusione di adeguate politiche sanitarie: latenza di sviluppo delle patologie tumorali, difficoltà nel riconoscere il nesso di causalità tra insorgenza della patologia e dose cumulativa di esposizione (sia per intensità che durata), raccolta di dati epidemiologicamente significativi e lungo inter legislativo di adeguamento delle direttive al progresso tecnologico. La prima norma infatti è avvenuta con il decreto del Presidente della Repubblica n. 962/1982 riguardante la “protezione sanitaria dei lavoratori esposti al cloruro di vinile monomero”. Secondo i dati di uno studio italiano pubblicati su Cancers, si stimano ogni anno circa 3.500 lavoratori con tumori occupazionali (0.9% dei casi di cancro) e l’1,6% dei decessi in Italia attribuibili a carcinogeni occupazionali. INAIL ricorda però, che le modifiche sostanziali in tema di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro, sono state apportate solo con il d.lgs. 44/2020, a recepimento delle previsioni introdotte da due direttive europee (dir. 2019/130/CE e dir. 2019/983/CE), ecco perché le stime più accreditate in Italia sono al rialzo con circa 8.500 nuovi casi ogni anno. Oltre al tema etico della sicurezza sul posto di lavoro: questi tumori rappresentano la principale causa di morte sul lavoro in Europa con oltre 100 mila morti all’anno; esiste un dato economico da non sottovalutare: secondo le stime di un progetto internazionale, dell’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro, le malattie professionali e gli infortuni sul lavoro costano all’UE almeno 476 miliardi di euro ogni anno. I soli tumori occupazionali generano costi diretti pari a 119,5 miliardi di euro. Il costo globale secondo lo studio realizzato dagli istituti Risk & Policy Analysts e Fobig per conto dello European trade union institute (Etui) e presentato nel lontano 2017, raggiungeva i 610 miliardi di euro.
I tumori occupazionali più comuni sono il mesotelioma e il tumore dei seni nasali e paranasali come ricordava Alessandro Marinaccio, direttore del Laboratorio di Epidemiologia occupazionale e ambientale dell’INAIL. Nel primo caso con circa 1.800 nuovi casi all’anno, ad essere colpiti sono: pleura, peritoneo, pericardio e testicolo, in gran parte causati dall’esposizione all’amianto (proibito nel nostro Paese dal 1992). Nel secondo caso con 500 casi di cancro naso-sinusale, parliamo di un tumore raro nella popolazione generale, ma relativamente comune in chi lavora: polveri di legno e cuoio. Anche per altri tumori quali: polmone, vescica, laringe e sangue, l’ambiente lavorativo gioca un ruolo importante, così come i tumori della pelle provocati dalle radiazioni solari o altri tumori derivati dai perfluoroalchilici: soprattutto fra i lavoratori dell’agricoltura, edilizia e pesca.
La nostra normativa prevede l’obbligo da parte del datore di lavoro di sostituire eventualmente gli agenti cancerogeni e preoccuparsi affinché il livello di esposizione sia ridotto al più basso valore tecnicamente possibile, mediante l’utilizzo di impianti d’aspirazione, sottoposti a regolare manutenzione e verifica di buon funzionamento oltre alla corretta pulizia degli ambienti.
A conclusione di questo percorso, ricorda INAIL, il decreto del ministero del Lavoro e delle politiche sociali n. 183/2016, che ha introdotto l’uso dello strumento informatico per il registro delle esposizioni occupazionali, renderà possibile nei prossimi anni un’efficace azione di politica sanitaria sui questi temi.
Il precetto del Ramazzini, espresso nella tredicesima orazione del 1711 dall’espressione “longe præstantius est præservare quam curare”: prevenire è di gran lunga meglio che curare, resta la più grande eredità a monito delle future generazioni.

*Presidente Erone onlus


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