Medicina e ricerca
Insufficienza cardiaca, così le nuove tecnologie migliorano i risultati delle cure
di Francesco Vetta *
24 Esclusivo per Sanità24
Le malattie cardiovascolari sono la principale causa di morte in tutto il mondo. Il progressivo invecchiamento della popolazione è la causa principale dell’aumentata incidenza e prevalenza di patologie cardiovascolari, con un trend progressivamente in aumento. Ad oggi sono circa 20 milioni le persone che muoiono all’anno nel mondo a causa di una malattia cardiovascolare, mentre in Italia ci assestiamo intorno a 250mila. Tuttavia è previsto un progressivo aumento, raggiungendo entro il 2030 24 milioni di morti nel mondo all’anno per cause cardiovascolari, con una media di oltre 66.000 al giorno ed un costo globale totale che passerà da circa 863 miliardi di dollari nel 2010 a oltre 1 trilione.
Nel corso degli ultimi decenni, abbiamo imparato la necessità di intervenire tempestivamente nelle sindromi coronariche acute creando una rete territoriale per il trasporto rapido, diretto di questi pazienti presso i Centri ospedalieri dotati di emodinamica. Questo ha garantito un miglioramento della sopravvivenza di questi pazienti ma, al contempo, ha favorito una cronicizzazione della cardiopatia ischemica. Quale conseguenza possiamo notare una aumentata prevalenza di patologie quali lo scompenso cardiaco e di aritmie come la fibrillazione atriale.
L’insufficienza cardiaca mostra una prevalenza del 2%, con circa 90.000 nuovi casi incidenti per anno: si tratta di una condizione cronica la cui prevalenza e incidenza sono strettamente legate all’età. Negli ultimi anni sono notevolmente migliorati i presidi medici farmacologici e non farmacologici in grado di migliorare la prognosi di questi pazienti. L’armamentario farmacologico si è arricchito degli Arni (Angiotensin Receptor Neprilysin Inhibitor) che potenziando il sistema dei peptidi natriuretici migliorano la prognosi di questi pazienti, poi degli SGLT2 inibitori (inibitori del co-trasportatore sodio-glucosio di tipo 2, chiamati anche gliflozine) farmaci usati inizialmente per il trattamento del diabete di tipo 2, ma che hanno mostrato successivamente un miglioramento nella prognosi di pazienti con insufficienza cardiaca, indipendentemente dalla presenza o meno di diabete mellito ed infine agisce sulla via dell’ossido nitrico (NO) il vericiguat che stimolando l’attività dell’enzima guanilato cliclasi solubile (sGC) e promuovendo la sintesi di guanosina monofosfato cliclica (cGMP), migliora la funzione cardiovascolare di questi pazienti per un effetto sulla via NO-sGC-cGMP che risulta disfunzionante in questi pazienti.
Parallelamente alla terapia farmacologica, ormai da alcuni anni, nei pazienti con insufficienza cardiaca, dopo ottimizzazione della terapia farmacologica, ove la funzione sistolica del ventricolo sinistro sia ancora significativamente alterata, possiamo pensare alla terapia elettrica volta sia a bloccare eventuali aritmie ventricolari minacciose (più frequenti in questi pazienti rispetto alla popolazione generale) che a favorire una terapia di resincronizzazione cardiaca. Il cuore di questi pazienti, infatti, presenta una dissincronia che in genere è atrio-ventricolare, interventricolare (tra i due ventricoli) ed intraventricolare (tra la parete settale e laterale del ventricolo sn).
Già da alcuni anni è stata introdotta la stimolazione biventricolare ponendo un elettrocatetere in ventricolo destro ed un altro, per via retrograda lungo il seno coronarico, in corrispondenza della parete laterale del ventricolo sn. Tale terapia permette un miglioramento clinico in una buona quota di pazienti con insufficienza cardiaca. Tuttavia anche qui si ottiene un miglioramento clinico inducendo una doppia dissincronia. Per tale motivo, negli ultimi anni si è sviluppata la tecnica del pacing fisiologico, posizionando l’elettrocatetere in corrispondenza del fascio di HIS, oppure, più recentemente, effettuando una stimolazione di branca sn che, da dati recenti, sembra dimostrare una maggiore capacità di resincronizzazione rispetto a quanto ottenuto con le metodiche precedenti.
Oltre a questo abbiamo recentemente acquisito una metodica (CCM) Cardiac Contractility Modulation basata su dispositivi per l’insufficienza cardiaca (HF) che prevede l’applicazione di segnali elettrici bifasici ad alta tensione (≈7,5 V), di lunga durata (≈20 millisecondi) alla parete del setto ventricolare destro durante il periodo refrattario miocardico assoluto. Di conseguenza, i segnali CCM non suscitano una nuova contrazione; piuttosto, influenzano la biologia del miocardio difettoso, migliorando il metabolismo del Calcio.
È stato dimostrato che i segnali CCM inducono un aumento acuto della forza contrattile del ventricolo sinistro (LV) senza un aumento del consumo di ossigeno miocardico sia nei modelli animali di scompenso cardiaco che nei pazienti con frazione di eiezione ridotta. La progressiva introduzione di algoritmi basati sulla intelligenza artificiale permetterà un rapido miglioramento dei sistemi di diagnosi e cura. Al momento attuale, visto il rapido incremento delle patologie cardiovascolari, in relazione all’età dei soggetti, sarebbe opportuno introdurre degli screening cardiologici per i soggetti da 65 anni, volto a un precoce riconoscimento di patologie cardiovascolari ed a un tempestivo trattamento delle stesse.
* Direttore Uoc Cardiologia Utic Ospedale di Avezzano e professore di Cardiologia Unicamillus
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