Medicina e ricerca

Tumore della prostata: la sopravvivenza globale dei pazienti arriva al 91% a 5 anni dalla diagnosi

di Sergio Bracarda*

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24 Esclusivo per Sanità24

Una diagnosi di tumore ha un impatto significativo sulla vita e sulle prospettive non solo del paziente, ma anche dei suoi familiari. Quando parliamo di tumore della prostata, dobbiamo ricordarci che si tratta del più diffuso tra la popolazione maschile italiana, rappresentando il 19,8 % di tutti i tumori maschili. Nell’anno 2023, sono state stimate circa 41.100 nuove diagnosi associate, tuttavia, ad un numero molto più basso di decessi.

Tra i fattori di rischio, primo fra tutti vi è il fattore età: la probabilità di contrarre il tumore aumenta sensibilmente oltre i 50 anni, con un picco intorno ai 70 anni. Può giocare un ruolo importante anche la familiarità, infatti, il rischio di ammalarsi è maggiore per chi ha o ha avuto in famiglia un parente con tumore della prostata, o della mammella, ovaio o pancreas rispetto a quelli con nessuna storia familiare. Sono da considerarsi anche l’etnia - gli uomini afroamericani sono più a rischio rispetto agli uomini di altre etnie per i più elevati livelli circolanti di androgeni, DHT e 5-alfa-reduttasi – e la presenza di mutazioni di geni, come BRCA1 e BRCA2. Infine, fattori legati a stili di vita poco sani, obesità, fumo e mancanza di attività fisica possono far aumentare la possibilità di sviluppare la patologia, migliorare gli stili può incidere significativamente sulla probabilità di sviluppare la malattia. L’incidenza del carcinoma prostatico, specialmente nell’ultimo decennio, è aumentata, anche a causa di una maggiore diffusione del cosiddetto screening “opportunistico” con il test del PSA. Ciò permette una presa in carico più tempestiva del paziente, con il conseguente avvio al trattamento terapeutico più adatto, ma, come già detto, aumenta anche il rischio di diagnosticare forme clinicamente non importanti da un punto di vista clinico e d avviare quindi a “sorveglianza attiva”. Di questo il cittadino (non ancora paziente) deve essere informato.

Nel tumore della prostata la diagnosi precoce, riveste grande importanza. In Italia, gli uomini che convivono con una diagnosi di tumore della prostata sono, globalmente ad oggi 564.000 con una sopravvivenza netta a 5 anni dalla diagnosi del 91%. Ciò grazie a tutti gli strumenti altamente efficaci ad oggi disponibili e che possono anche essere combinati tra loro, come la chirurgia e la radioterapia, insieme a terapie mediche di vecchia e nuova generazione che ne hanno modificato globalmente il trattamento, sia in termini di guarigione che di cronicizzazione di malattia.

Il trattamento del tumore della prostata ha infatti obiettivi diversi e diversa aspettativa di vita a seconda dell’estensione ed aggressività della malattia e della presenza di patologie concomitanti che possono rappresentare un rischio di morte superiore a quello della stessa malattia prostatica. Con il progredire delle conoscenze e delle tecnologie diagnostiche e terapeutiche, la discussione multidisciplinare dei casi clinici è oggi un elemento imprescindibile per garantire le migliori possibilità di cura al paziente.

In uno scenario terapeutico in rapidissima evoluzione e con il progressivo miglioramento delle cure disponibili grazie anche all’arrivo dei farmaci innovativi, il miglior esito terapeutico deriva dall’attiva collaborazione e dal confronto tra i diversi specialisti facenti parte attivamente di gruppi oncologici multidisciplinari di patologia inseriti o meno in strutture come le Prostate Units. Queste ultime possono essere formate da urologi, oncologi radioterapisti, oncologi medici, anatomo-patologi, radiologi, medici nucleari, psicologi, infermieri e da altre figure specialistiche coinvolte in specifiche fasi del percorso di cura del paziente.

Solo l’attivazione concreta di tutte queste figure professionali in maniera coordinata all’interno dei gruppi oncologici multidisciplinari (GOM) e/ o delle Prostate Units può garantire una presa in carico olistica del paziente e dunque cure di alto livello. Grazie ad auspicabili programmi di diagnosi precoce, e ad un ottimale inquadramento diagnostico e terapeutico realizzato da team multidisciplinari che mettano a profitto la presente rapida evoluzione delle conoscenze biologiche e diagnostiche e ad una innovazione terapeutica, sempre più avanzata e meno invasiva, si potrà ulteriormente migliorare il tasso di sopravvivenza e la quality of life del paziente, anche nelle forme più aggressive ed avanzate.

*Presidente Società Italiana di Uro-Oncologia (SIUrO), Direttore della struttura complessa di Oncologia Medica e Traslazionale e del Dipartimento di Oncologia presso l’Azienda Ospedaliera Santa Maria di Terni; Coordinatore Organizzativo Rete Oncologica Umbra


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