Medicina e ricerca
Scambia (Gemelli): il futuro delle neoplasie ginecologiche oggi è finalmente più “rosa”
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Il futuro delle neoplasie ginecologiche oggi è finalmente più ‘rosa’. Lo sostiene il professor Giovanni Scambia (Ordinario di Ginecologia e Ostetricia all’Università Cattolica del Sacro Cuore e Direttore Scientifico di Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs) invitato a tenere una ‘keynote lecture’ nell’ambito del congresso annuale ESMO Gynaecological Cancer, che si è svolto dal 27 al 29 giugno a Firenze, dal titolo “10 years of success in gynaecological malignancies treatment: Moving forward into a brilliant future”. Il take home message della lettura del professor Scambia è che nel campo dei tumori ginecologici, il futuro è illuminato da grandi speranze. Merito di una migliore comprensione dei meccanismi molecolari alla base dei tumori, ma anche e soprattutto di una prevenzione più moderna ed efficace. È la diagnosi precoce che consente infatti alle terapie, chirurgiche, mediche e radioterapiche di esprimere al massimo tutta la loro potenzialità.
Le novità nel tumore dell’endometrio. “La revisione dello staging dei tumori endometriali pubblicata nel 2023 dalla FIGO (International Federation of Gynecology and Obstetrics) – spiega Scambia - ha decisamente rivoluzionato il modo in cui consideriamo i tumori endometriali; andando ad incorporare una serie di parametri istologici e molecolari, questa nuova classificazione ci consente di dettagliare con maggior precisione la prognosi dei pazienti”. Ma non solo. Questa nuova classificazione basata sugli aspetti molecolari del tumore, ha portato anche ad una revisione dei trattamenti. “Un esempio – spiega il professor Scambia - è l’impiego dell’immunoterapia nelle pazienti con la cosiddetta instabilità dei microsatelliti e il nuovo ruolo della chemioterapia nelle donne con mutazione p53”. Ma la nuova classificazione non dà indicazioni solo sulla scelta del trattamento più mirato; consente anche di evitare l’over-treatment. “Con la nuova classificazione dei tumori endometriali – spiega l’esperto - oggi siamo in grado di prevedere quali donne non avranno benefici dalla chemioterapia adiuvante e questo ci permette di risparmiare loro un trattamento inutile e gravato di effetti indesiderati. I tanto attesi risultati del trial EUGENIE, attualmente in corso, ci diranno infine se questa nuova classificazione avrà un impatto anche sulla stadiazione chirurgica di queste pazienti”.
Il trattamento dei tumori dell’endometrio sta dunque diventando sempre più personalizzato e meno invasivo. “Uno dei maggiori progressi fatti in questo campo negli ultimi anni – prosegue Scambia – è che si è capito che la chirurgia minimamente invasiva rappresenta la migliore strategia di trattamento per queste pazienti. Oggi sappiamo che non tutti i casi richiedono la rimozione del cosiddetto linfonodo sentinella. Per queste pazienti inoltre nel prossimo futuro avremo a disposizione nuovi traccianti fluorescenti-anticorpo coniugati che ci consentiranno di individuare con grande precisione la presenza di eventuali linfonodi sede di metastasi, guidandoci in questo modo alla loro rimozione”.
Le novità nel tumore della cervice uterina. Per questo tumore, la prevenzione resta la strategia più efficace e tutti gli sforzi dovrebbero essere concentrati su una migliore implementazione degli screening e delle campagne di vaccinazione contro il papilloma virus (HPV). “Il vaccino – ricorda Scambia - potrebbe portare all’eradicazione di questo tipo di tumore e di recente è stato dimostrato che le strategie vaccinali a singola dose, sono altrettanto efficaci dei regimi multi-dose. Oggi inoltre abbiamo a disposizione nuovi vaccini anti-HPV più efficaci perché in grado di coprire un maggior numero di sierotipi dell’HPV. Sul fronte della terapia infine sono in corso numerosi studi dai quali aspettiamo risposte circa l’efficacia dell’immunoterapia da sola o in combinazione con la chemio e la radioterapia”.
Le novità nel tumore dell’ovaio. È uno dei tumori ginecologici più difficili da trattare, anche perché viene diagnosticato in genere in fase avanzata, non avendo a disposizione uno screening. “Al momento – sottolinea Scambia - facciamo la ‘prevenzione a cascata’, andando a ricercare la presenza di mutazioni BRCA e di altri geni nelle pazienti con storia familiare di tumore dell’ovaio e in seguito nei loro congiunti sani. Ma un approccio più sistematico potrebbe portare a ridurre ulteriormente l’incidenza di questo tumore”. Alcuni studi inoltre suggeriscono di praticare la salpingectomia ‘opportunistica’, cioè la rimozione profilattica delle tube nelle donne in menopausa sottoposte a chirurgia addominale anche se per patologie benigne. “Questa procedura- spiega l’esperto – può essere d’aiuto nella prevenzione del tumore dell’ovaio. In futuro, l’individuazione delle cellule con mutazione p53 e la cosiddetta biopsia liquida potrebbero consentire di individuare questo tumore in fase molto precoce, quando le possibilità di guarigione sono maggiori”. Un’altra area di grande interesse riguarda le ricerche volte a capire come superare la resistenza alla chemioterapia nel tumore ovarico.
“In questo – prevede il professor Scambia - saranno di grande aiuto gli studio sui meccanismi molecolari di resistenza, che potrebbero portare alla messa a punto di farmaci mirati a questi target. Anche i progressi dell’imaging radiologico saranno preziosi per guidare con maggior accuratezza la mano del chirurgo, nell’asportazione di tutte le lesioni tumorali. In futuro quindi il trattamento del tumore dell’ovaio potrebbe essere rivoluzionato e passare da quello attuale che prevede chirurgia radicale seguita da chemioterapia adiuvante, ad un nuovo approccio che prevede la chemioterapia prima dell’intervento (neo-adiuvante), seguita dalla rimozione delle aree chemio-resistenti, attraverso la chirurgia guidata dal radio-imaging”.
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