Medicina e ricerca

“Epatite C. Mettiamoci un punto”: una campagna per informare e sensibilizzare le persone

di Stefano Fagiuoli *

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24 Esclusivo per Sanità24

L’infezione da Hcv oggi può essere curata e debellata. I farmaci antivirali ad azione diretta permettono infatti di curare la malattia e prevenire danni al fegato a lungo termine. Un progresso scientifico a cui devono accompagnarsi azioni di prevenzione e screening esteso, per diagnosticare il cosiddetto sommerso, ovvero le persone inconsapevoli di vivere con l’infezione. Proprio sulla base di questo progresso l’Oms ha stabilità l’obiettivo di eliminazione dell’epatite C entro il 2030.
In Italia si stima ci siano migliaia di persone che hanno contratto l’infezione e non lo sanno. Questo perché l’epatite C può agire silenziosamente anche per decenni, danneggiando progressivamente le cellule del fegato fino a provocare cirrosi o tumore del fegato. È stato calcolato che la più alta prevalenza dell’infezione potenzialmente asintomatica si trovi fra i nati fra il 1948 e il 1988, quindi fra i 35 e i 75 anni.
Questa inconsapevolezza nasce anche dal fatto che le possibili cause di infezione non sono note a tutti, e che fino agli anni Novanta il virus non era stato isolato e quindi non si applicavano le necessarie procedure di sicurezza quando venivano eseguite trasfusioni, operazioni chirurgiche, emodialisi, tatuaggi o interventi estetici. Ecco perché il rischio epatite C non è confinato a chi ha una storia di tossicodipendenza, ma anche a chi si sottopone a tatuaggi e/o procedure estetiche in ambienti poco controllati dal punto di vista igienico-sanitario o in caso di scambio di strumenti per l’igiene personale.
L’epatite C si trasmette esclusivamente attraverso il contatto diretto con sangue infetto: il contagio avviene attraverso ferite o lesioni, provocate per esempio da oggetti acuminati o taglienti (aghi, forbici o lamette infette), ma anche da strumenti chirurgici non ben sterilizzati. È bene evitare, quindi, la condivisione di oggetti personali che possono entrare in contatto col sangue (spazzolino, rasoio, forbici e tagliaunghie).
Attualmente è attivo un programma di screening nazionale gratuito dell’epatite C per i nati tra il 1969 e il 1989, ma tale screening è ancora diffuso a macchia di leopardo, con Regioni più virtuose dove è possibile effettuarlo e regioni che, pur avendo recepito il decreto, risultano ferme. Al momento, lo screening è comunque destinato a una fascia d’età ristretta e non ci consente di raggiungere il bacino dove si stima ci siano più persone a rischio HCV, ovvero la popolazione più anziana. Bisognerebbe dunque allargare la fascia d’età dello screening per andare a individuare la quota di sommerso diagnostico.
È bene infine ribadire i fattori di rischio proprio perché conoscenza dell’epatite e percezione del rischio non sono radicati nella popolazione. Effettivamente come emerge dall’indagine “Italiani ed epatiti” condotta da AstraRicerche per Gilead Sciences, l’informazione ancora non è capillare. I dati mostrano infatti che, sebbene 7 Italiani su 10 abbiano sentito parlare di epatite C (73,9%), tra questi, solo il 20% conosce davvero la patologia, oltre il 40% dichiara di saperne poco o niente (42,5%) e il 37% dice “così così”. Ancora, 6 italiani su 10 sono a conoscenza di un test diagnostico per rilevare il virus HCV, ma solo 4 su 10 sanno che oggi esiste la possibilità, per i nati tra il 1969 e il 1989 e per alcune categorie di persone a particolare rischio, di sottoporsi gratuitamente a questo test. Troppo poche, infine - solo 4 su 10 – le persone a conoscenza del fatto che l’epatite C, oggi, si può curare.
Da questa fotografia emerge chiara la necessità di continuare a promuovere l’informazione e la sensibilizzazione verso l’opinione pubblica, per mettere insieme un punto all’epatite C. Un quadro in cui si inserisce la campagna “Epatite C. mettiamoci un punto” che ha l’obiettivo di portare l’informazione nelle strade, attraverso il Tram della sensibilizzazione, e prevede la distribuzione materiali informativi sull’epatite C e sulle modalità di trasmissione, sottolineando l’importanza di eseguire il test di screening.
Questa campagna si inserisce in un più ampio contesto di lotta alle epatiti, con la volontà di contribuire al raggiungimento dell’obiettivo Oms di eradicazione del virus Hcv entro il 2030 ed è promossa da Gilead Sciences, con il patrocinio di Anlaids Sezione Lombarda ETS, Anlaids Onlus, EpaC - ETS, Associazione Milano Check Point, Cooperativa Sociale Open Group Bologna, Plus Roma, Fondazione Villa Maraini – CRI, AISF (Associazione Italiana Studio del Fegato), SIMG (Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie), SIMIT (Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali) e della Città Metropolitana di Milano. Aumentare la conoscenza della popolazione generale su questa forma di epatite è necessario per cogliere a pieno l’opportunità di uno screening esteso.

* Direttore Unità complessa Gastroenterologia, Epatologia e Trapiantologia Asst Papa Giovanni XXIII, Bergamo; Gastroenterologia, Dipartimento di Medicina Università Milano Bicocca


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