Medicina e ricerca

A Trento il primo atlante digitalizzato del cervello umano

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La cura dei tumori cerebrali rappresenta una delle sfide più impegnative nel campo della medicina e dell’oncologia. Così come la comprensione del cervello per chi si dedica alle neuroscienze. Negli ultimi anni questi settori hanno vissuto un notevole sviluppo anche grazie alle innovazioni tecnologiche e strumentali che hanno consentito di raggiungere risultati inimmaginabili fino a poco tempo fa. A Trento, grazie alla collaborazione dei tre principali stakeholder della ricerca neuroscientifica del territorio – Università di Trento, Fondazione Bruno Kessler e Azienda provinciale per i servizi sanitari – è stato realizzato il primo atlante funzionale cerebrale ottenuto integrando dati di risonanza magnetica funzionale a riposo di soggetti sani con dati di stimolazione elettrica raccolti nel corso di interventi neurochirurgici di asportazione di tumore cerebrale. Una complessa integrazione informatica di queste due preziose informazioni, basata su metodiche di intelligenza artificiale, ha consentito l’esatta definizione della distribuzione delle aree del cervello essenziali per 12 diverse funzioni. E ha aiutato a chiarire le vie di connessione cerebrali tra queste grazie a un’ulteriore e avanzata metodica di risonanza magnetica, la trattografia, che permette di visualizzare le fibre cerebrali.
È il risultato del progetto di ricerca clinica “NeuSurPlan”, partito nel 2021 e finanziato dalla Provincia autonoma di Trento. L’obiettivo è sostenere il trasferimento tecnologico. Aiutare a chiarire l’anatomia funzionale cerebrale. E trasformare le scoperte scientifiche fatte in laboratorio in applicazioni terapeutiche e chirurgiche.
Questo non è l’unico traguardo che l’interazione tra clinica, neurochirurgia e ricerca di base ha garantito. L’integrazione tra esperienza e competenze di ciascuna istituzione coinvolta ha consentito la creazione del primo sistema automatico per esplorare le funzioni cerebrali al livello corticale. Un software che consente di ottenere attraverso una breve sequenza di risonanza magnetica di 11 minuti una mappa di diverse funzioni cerebrali che può essere utilizzata sia come strumento per la pianificazione chirurgica, e quindi ridurre il rischio di danni al tessuto cerebrale funzionale, sia per comprendere i meccanismi di riorganizzazione e plasticità neuronale nel corso della malattia dei pazienti.
Infine, l’affiancamento del lavoro clinico a quello in laboratorio ha consentito ai ricercatori trentini di creare il primo atlante digitalizzato della sostanza bianca cerebrale ottenuto integrando la micro-dissezione anatomica delle fibre del cervello con gli studi di trattografia con risonanza magnetica. Uno strumento reso disponibile online (bradipho.eu) e che costituisce una risorsa unica per la didattica e l’apprendimento dell’anatomia delle principali vie di connessione del cervello umano.
In un contesto in cui la neurochirurgia italiana ha raggiunto una posizione di rilievo a livello internazionale, il convegno “Connect brain” è l’occasione per parlare di nuove frontiere della ricerca e della chirurgia. Giunto alla terza edizione (la prima è stata nel 2015, la seconda nel 2019) l’evento si svolge a Trento dal 13 al 15 giugno. «Si tratta di un vero e proprio corso – spiega Silvio Sarubbo, docente al Centro interdipartimentale di Scienze mediche dell’Università di Trento e direttore dell’Unità operativa complessa di Neurochirurgia dell’ospedale Santa Chiara di Trento – nato con l’idea di creare un ponte tra le neuroscienze di base e la ricerca clinica, neurologica e neurochirurgica. Una sinergia che ha ricadute pratiche sul trattamento dei pazienti affetti da tumore cerebrale».
Un’iniziativa dalla forte impronta interdisciplinare
«Il nostro contributo – dice Jorge Jovicich coordinatore scientifico del laboratorio di neuroimmagini al Centro interdipartimentale Mente/Cervello dell’Università di Trento – è quello di fornire all’Unità operativa di Neurochirurgia un protocollo di acquisizione dati di diffusione di functional imaging e strumenti per analizzare questi dati in maniera congiunta. Sia per pianificare un intervento chirurgico che analizzare l’andamento post- intervento per monitorare il recupero cognitivo del paziente».
Un ruolo importante nello sviluppo delle neuroscienze cliniche lo ha l’intelligenza artificiale. «Si sta creando uno strano cortocircuito. Da una parte – sottolinea Paolo Avesani, responsabile del laboratorio di Neuroinformatica di Fbk – le neuroscienze cercano di spiegare come funziona il cervello. Dall’altra l’intelligenza artificiale cerca di replicarlo. Esiste un mutuo beneficio tra queste due discipline che sta avendo riscontri positivi anche per l’attività clinica».
“Connect brain” porterà nel capoluogo trentino neuroscienziati da tutto il mondo, neurologi, neurofisiologi, neurochirurghi, oncologi e radioterapisti, esperti di imaging neuroradiologico avanzato, neuroinformatici, che si confronteranno con le nuove evidenze che riguardano il funzionamento del cervello umano e le tecniche più avanzate per studiarlo e intervenire con terapie chirurgiche e mediche sempre più precise e personalizzate.
Oltre cento le persone iscritte e cinquanta speaker, provenienti da diversi paesi europei, Stati Uniti e Canada. Le giornate di giovedì e venerdì sono dedicate allo studio, al dibattito, alle conferenze dei relatori. Sabato è in programma una sessione pratica di esercitazione con alcuni nuovi strumenti sviluppati nell’ambito della collaborazione tra Fbk, Università di Trento e Apss. I partecipanti potranno cimentarsi con le più moderne applicazioni della tecnologia per il trattamento delle neoplasie cerebrali, e più in generale dei disordini del movimento. Potranno utilizzare questi strumenti, imparare a utilizzare la risonanza magnetica funzionale a riposo e consultare le mappe che riguardano sia la struttura del cervello che le sue funzioni.


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