Medicina e ricerca

Stop al tabagismo: la valutazione dei trattamenti e il bias dei follow up

di Fabio Beatrice*

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24 Esclusivo per Sanità24

L’argomento della cessazione dal tabagismo è certamente terreno di studio e di grande interesse dal punto di vista dei metodi e delle strategie cliniche ma molti aspetti sono in qualche modo trascurati o dati per scontati. Quale è il tempo giusto da considerare per affermare un risultato di cessazione nel caso del fumo di sigaretta? E’ un aspetto di non secondaria importanza perché ha conseguenze cliniche assai rilevanti.
Molti fumatori affermano di aver smesso ‘tra una sigaretta e l’altra’ ed il tempo è comunque una grandezza molto presente e variabile tra chi fuma. Più sigarette si consumano più è breve il tempo della astinenza tra una e l’altra: si può trattare di minuti o di ore. Per ogni sigaretta fumata si perdono 11 minuti di vita, con una aspettativa di vita inferiore di circa 10 anni rispetto a un non fumatore. Ma dopo quanto tempo è corretto affermare di aver fatto smettere di fumare un tabagista? Certo se fosse “per sempre” sarebbe un risultato pacifico per chiunque, ma essendo il tabagismo, come ogni dipendenza, una ‘malattia cronica recidivante’ la maggioranza delle astensioni sono, purtroppo, temporanee. Dunque, è difficile valutare il successo di un trattamento, qualunque esso sia. La raccolta dei follow up dei fumatori trattati è un compito gravoso in termini di costi e tempo da dedicare all’obiettivo anche perché è necessario oggettivare il dato e questo può essere fatto solo con test clinici che verifichino le affermazioni del fumatore. Come vedremo a breve anche questa non è impresa semplice. La misurazione del monossido di carbonio nell’espirato si modifica in poche ore: se non si fuma per 24 ore il monossido espirato torna ad un valore normale compreso tra 0 e 3 ppm (parti per milione). I livelli di cotinina ematica (un metabolita della nicotina) restano elevati nel sangue per più tempo ma parliamo di circa 7 giorni. La cotinina è poi rilevabile nella saliva fino a 14 giorni mentre persiste nel capello fino a 90 giorni.
Secondo i dati del sistema di sorveglianza Passi riportati dall’Istituto Superiore di Sanità solo una percentuale di circa il 5% dei fumatori che tentano di smettere da soli, resta senza fumare per più di 6-12 mesi, diventando ex fumatore.
Quindi quando si parla di risultati nel caso del tabagismo è necessario essere prudenti e sfiorati dal dubbio. Qual è, allora, il timing giusto per il follow up per dichiarare che il trattamento è stato efficace? In una revisione Cochrane del 2018 che valutava l’efficacia dei sostituti della nicotina nelle procedure di cessazione, i periodi di astinenza inferiori ai 6 mesi non venivano presi in considerazione tranne in caso di gravidanza. La maggioranza dei dati utilizzati era per un follow up a 12 mesi. Nell’ultima Cochrane del 12 settembre 2023 sono stati utilizzati ben 319 studi che includevano 157.179 fumatori adulti (in Europa e Stati Uniti) e sono stati studiati i benefici comparativi, i danni e la tollerabilità delle diverse farmacoterapie per smettere di fumare e delle sigarette elettroniche utilizzate in set clinici per la cessazione. Anche in questo caso era considerato cessazione un periodo non inferiore ai 6 mesi. Ma un fumatore può dirsi “guarito” dalla sua dipendenza da nicotina dopo 6 o 12 mesi? Quanti riprenderanno a fumare sigarette e dopo quanto tempo? Quanto una temporanea cessazione inciderà nella speranza di vita di quel fumatore? Sono domande senza risposta certa. Appare evidente quindi che studi con follow up di 3 o 6 mesi sono penalizzati da un bias e giovano solo a chi firma la ricerca o a chi vuole sostenere facilmente che quel trattamento ha avuto successo.
Al momento, i tempi di cessazione misurati in letteratura appaiono comunque modesti e la loro oggettivazione appare complicata rispetto ai ragionamenti clinici che sono formulati in altri ambiti come l’oncologia. In oncologia i tempi di guarigione sono funzionali al tipo del tumore ed alla sede della malattia: si parla di 5-10 o più anni .
Insomma l’analisi dei risultati in medicina viene sempre dopo ed è paradossalmente proprio il tempo a portare infine, seppure tardivamente, certezza. Più i tempi di analisi sono contenuti, maggiore deve essere la prudenza del giudizio.
Queste incertezze relative alla misurazione clinica degli esiti gravano come macigni sulla lotta al tabagismo e suggeriscono di non scartare a priori altre possibilità di aiuto, quale la riduzione del rischio, nei forti fumatori che muoiono a milioni ogni anno nel mondo.

*Primario Emerito Ospedale San Giovanni Bosco Torino e Direttore del board scientifico di MOHRE


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