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Dermatite atopica: la novità degli anticorpi monoclonali per la cura delle forme più severe

di Antonio Costanzo*

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La dermatite atopica è considerata da molti solo un problema estetico, quando invece rende molto difficile la vita di chi ne soffre, non solo a livello fisico ma anche emotivo, tra stigma sociale e ansia. Chi ne soffre è significativamente vincolato alle manifestazioni fisiche come secchezza, prurito, rossore e infiammazione; tanto da vivere con disagio la vita sociale: le attività scolastiche nel caso dei pazienti più giovani e la vita socio-professionale dei pazienti adulti.
La dermatite atopica è una patologia cronica e infiammatoria, non contagiosa, caratterizzata da una mancanza di proteine che servono a tenere lontano dal sistema immunitario cutaneo gli agenti con cui la nostra pelle entra in contatto tutti i giorni, causando una iper-reattività del sistema immunitario cutaneo. Si manifesta attraverso ricorrenti infiammazioni della pelle, associate a prurito intenso. Nella maggior parte dei casi, la malattia compare nella prima infanzia e si risolve in adolescenza, ma può capitare che si presenti (o ripresenti) anche in età adulta.
Se non diagnosticata e trattata in tempo, questa condizione infiammatoria cronica della pelle, può aumentare in volume e consistenza, fino ad evolvere verso forme sistemiche, come l’asma e altre patologie allergiche. Nel nostro Paese, quasi il 25% dei pazienti trattati manifesta una forma di dermatite atopica da moderata a grave. I bambini sono i più colpiti e i primi segni possono manifestarsi già fin nei neonati. I sintomi più frequenti sono il prurito, le chiazze eritematose che si infettano molto facilmente e la secchezza nella pelle.
La malattia, negli ultimi anni, ha segnato numeri in crescita. In Europa l’incidenza è aumentata sino al 4,4% tra gli adulti, con un 20-30% circa dei pazienti diagnosticati con dermatite atopica da moderata a grave. In Italia si stima che tale patologia colpisca circa il 20% della popolazione in età pediatrica e, nelle sue forme di varia gravità, circa il 2-5% della popolazione in età adulta. Secondo le indagini più recenti, attualmente presso i Centri di riferimento per la dermatite atopica nel nostro Paese, circa 30.000 pazienti sono seguiti in maniera continuativa e circa 7.000 sono affetti dalla forma grave della malattia.
Attualmente esistono diversi rimedi terapeutici per la dermatite atopica. Nelle forme lievi vengono utilizzati corticosteroidi topici e antistaminici, invece, nelle forme severe possono essere applicate diverse strategie: steroidi sistemici, altri immunosoppressori e anticorpi monoclonali, la nuova frontiera della cura in questo campo.
Il più recente anticorpo monoclonale che ha ricevuto l’approvazione dalla Commissione Europea è lebrikizumab, che ha dimostrato efficacia clinica rapida e mantenimento della risposta fino a 2 anni in monoterapia e in combinazione con corticosteroidi topici con dosaggio di mantenimento mensile per tutti i pazienti. Lebrikizumab è in grado di bloccare l’interazione dell’interluchina 13 con il suo recettore: la citochina IL-13 è fondamentale nella dermatite atopica in quanto guida il ciclo infiammatorio di tipo 2 nella pelle e porta a disfunzioni della barriera cutanea, causando prurito, ispessimento cutaneo e possibili infezioni da stafilococco. Lebrikizumab permette il mantenimento della regolazione endogena dei livelli di IL-13, grazie al meccanismo di azione mirato, efficacia e sicurezza comprovate nel breve e nel lungo termine.
Fino a ieri avevamo a disposizione strategie terapeutiche limitate, soprattutto se confrontate con le terapie al momento approvate per altre patologie dermatologiche, quali la psoriasi. L’approvazione da parte della Commissione Europea di una nuova terapia (lebrikizumab) per il trattamento di pazienti adulti e adolescenti (di età pari o superiore a 12 anni, con un peso corporeo di almeno 40 kg) affetti da dermatite atopica da moderata a grave, amplia la gamma di opzioni terapeutiche disponibili per la cura di questa patologia impegnativa e complessa e segna una pietra miliare nella sua gestione. Come dimostrato dai risultati di Studi Clinici, la gran parte dei pazienti trattati ha riscontrato una importante riduzione delle lesioni cutanee, sollievo dal prurito e una riduzione della gravità della malattia. Da un punto di vista clinico, l’approvazione di lebrikizumab rappresenta la possibilità di migliorare la gestione della malattia e creare un impatto significativo nella vita di questo gruppo di pazienti, offrendo nuove speranze e migliori prospettive per il loro benessere.

*Professore Antonio Costanzo, Direttore dell'Unità operativa di Dermatologia Humanitas


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