Medicina e ricerca

Tumori/ Dal cancro del seno alla cervice uterina, così migliora la sopravvivenza

di Saverio Cinieri *

S
24 Esclusivo per Sanità24

La ricerca contro il cancro fa segnare passi avanti importanti, a partire dalle neoplasie più frequenti come quelle della mammella e del polmone, fino ai tumori ginecologici. Lo dimostrano gli studi più rilevanti presentati al Congresso della Società Europea di Oncologia Medica (Esmo) di Madrid. Nel 2022, in Italia, sono stati stimati 55.700 nuovi casi di carcinoma della mammella, il più frequente in tutta la popolazione. All’Esmo sono stati presentati i risultati a cinque anni di un’analisi predefinita dello studio di Fase 3 monarchE che ha valutato l’utilizzo di abemaciclib per due anni in combinazione con terapia endocrina rispetto alla sola terapia endocrina nei pazienti con carcinoma mammario in fase iniziale positivo ai recettori ormonale (HR+), negativo al recettore del fattore di crescita umano epidermico di tipo 2 (HER2-), linfonodo-positivo, ad alto rischio di recidiva. Lo studio ha dimostrato che la terapia adiuvante con abemaciclib, a 5 anni, riduce del 32% il rischio di recidiva nel tumore alla mammella in stadio precoce e migliora la sopravvivenza libera da malattia invasiva del 7,6%. Circa il 15% dei tumori mammari HR+/HER2- è a rischio aumentato di sviluppare metastasi.
Come ha spiegato Lucia Del Mastro (Professore Ordinario e Direttore della Clinica di Oncologia Medica dell’Irccs Ospedale Policlinico San Martino, Università di Genova), il periodo di cinque anni è un punto di riferimento consolidato per gli studi clinici sul tumore al seno in fase adiuvante e rappresenta una pietra miliare importante per i pazienti e i clinici in questo setting con finalità curativa. I dati a cinque anni di monarchE dimostrano chiaramente un effetto che va oltre il completamento dei due anni di trattamento con abemaciclib, con le curve della sopravvivenza libera da malattia invasiva e della sopravvivenza libera da recidiva a distanza che continuano a separarsi, confermando la fiducia nel ruolo di abemaciclib in aggiunta alla terapia endocrina nel setting adiuvante per i pazienti ad alto rischio di recidiva.
Come ha evidenziato Valentina Guarneri (Direttore della Oncologia 2 dell’Istituto Oncologico Veneto – Irccs di Padova e Professore Ordinario di Oncologia Medica all’Università di Padova), i benefici ottenuti da abemaciclib in aggiunta alla terapia endocrina tendono a protrarsi anche dopo la fine del trattamento, che dura due anni. L’effetto è molto evidente sulle recidive locali e su quelle a distanza, che sono responsabili della malattia metastatica: evitarle implica non soltanto allungare la sopravvivenza, ma anche aumentare la probabilità di guarigione. L’evoluzione della patologia da stadio iniziale a metastatico infatti ha ripercussioni negative sulla sopravvivenza e sulla qualità di vita dei pazienti. I dati a 5 anni dello studio rappresentano un ulteriore passo avanti per portare a guarigione un maggior numero di persone.
Fra i tumori più frequenti, vi è anche quello del polmone con circa 44mila nuovi casi stimati nel 2022. Nella malattia in stadio precoce, l’immunoterapia con pembrolizumab, prima e dopo l’intervento chirurgico, riduce del 28% il rischio di morte e migliora la sopravvivenza globale, con il 71% dei pazienti vivi a 3 anni. Lo hanno dimostrato i risultati dello studio di Fase 3 Keynote-671 che ha valutato l’immunoterapia con pembrolizumab come regime terapeutico perioperatorio, che prevede il trattamento prima della chirurgia (neoadiuvante) e dopo la chirurgia (adiuvante), dei pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule (NSCLC) di stadio II, IIIA o IIIB resecabili. Come ha spiegato Silvia Novello (Ordinario di Oncologia Medica all’Università degli Studi di Torino e Responsabile Oncologia Polmonare all’Ospedale San Luigi Gonzaga di Orbassano), pembrolizumab più chemioterapia prima dell’intervento chirurgico e a seguire come singolo agente dopo la chirurgia ha il potenziale per diventare una strategia fondamentale che può modificare la storia di questa neoplasia in stadio precoce, aumentandone significativamente le possibilità di cura. C’è ancora un forte bisogno clinico insoddisfatto per questi pazienti perché, anche quando la malattia è diagnosticata in fase iniziale, i tassi di recidiva dopo la chirurgia restano elevati e anche su questo lo schema dello studio Keynote-671 ha dimostrato un impatto significativo.
Importanti i risultati anche nel tumore dell’endometrio, la più comune delle neoplasie ginecologiche.
In Italia si registrano più di 10mila nuovi casi ogni anno. La malattia tende a svilupparsi solitamente dopo i 50 anni, in seguito alla menopausa. Tuttavia circa il 25% delle neoplasie si presenta in età premenopausale. In base ai risultati positivi dello studio di Fase III DUO-E, presentati all’Esmo, nelle pazienti con nuova diagnosi di tumore dell’endometrio avanzato o ricorrente, il trattamento con l’immunoterapia con durvalumab più chemioterapia seguito da durvalumab più olaparib (braccio durvalumab più olaparib) e il trattamento con durvalumab più chemioterapia seguito da durvalumab in monoterapia (braccio con durvalumab) hanno dimostrato una riduzione del rischio di progressione di malattia o di morte del 45% e del 29%, rispettivamente, rispetto alla sola chemioterapia (braccio di controllo).
Come ha affermato Domenica Lorusso (Responsabile Uoc Programmazione Ricerca Clinica della Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli Irccs di Roma e Professore Ordinario di Ginecologia e Ostetricia Università Humanitas di Milano), la prognosi per i casi di recidiva non è buona e la mortalità rimane alta, per questo servono terapie efficaci. I nuovi risultati presentati al Congresso Esmo mostrano, per la prima volta, il potenziale della combinazione dell’immunoterapia con un Parp inibitore nel fornire un miglioramento clinico significativo. Va inoltre sottolineato che i benefici dell’immunoterapia tendono a durare nel tempo. I dati dello studio DUO-E possono offrire, agli oncologi e alle pazienti, nuove opportunità terapeutiche contro il carcinoma dell’endometrio che è un tumore che negli anni abbiamo un po’ sottovalutato e che oggi è unico tra i tumori ginecologici con incidenza e mortalità in aumento.
La ricerca italiana si conferma al vertice nel mondo, grazie anche allo studio Keynote-A18 coordinato proprio dalla Prof.ssa Lorusso, che apre nuove vie nel trattamento del tumore della cervice uterina localmente avanzato. Come ha spiegato la Prof.ssa Lorusso, Principal Investigator di Keynote-A18, questo è il primo studio di Fase 3 in cui l’immunoterapia ha dimostrato un miglioramento della sopravvivenza libera da progressione rispetto allo standard di cura in questa popolazione di pazienti. I risultati di questo studio, che mostrano che il regime a base di pembrolizumab ha ridotto il rischio di progressione o morte del 30% rispetto alla sola chemioradioterapia concomitante, sono particolarmente rilevanti, soprattutto se si considera che per le pazienti di nuova diagnosi con tumore della cervice uterina localmente avanzato ad alto rischio non ci sono stati progressi delle opzioni terapeutiche per 20 anni. I risultati di Keynote-A18, che ha coinvolto circa 1000 pazienti, cambieranno lo standard di cura.

* Presidente Aiom (Associazione italiana di Oncologia medica)


© RIPRODUZIONE RISERVATA