Dal governo

Contratti pubblici: la super tredicesima non è obbligatoria per i medici, decidono le Regioni

di Stefano Simonetti

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24 Esclusivo per Sanità24

Da giorni siamo stati tempestati da comunicazioni e informazioni riguardo a quello che prevederà la manovra per il pubblico impiego, in particolare, per la Sanità. Il Governo ha fornito cifre, dati, indicazioni varie ma sempre in forma orale e, soprattutto, piuttosto indistinta e generica. Per tale motivo avevo deciso di evitare qualsiasi commento o previsione fino a quando non si fosse potuto leggere qualcosa di scritto e un articolato dettagliato del DDL Bilancio 2024. Ma poi, proprio il 19 ottobre scorso, è entrato in vigore un decreto legge che anticipa alcuni interventi e quindi, sulla scorta del principio “carta parla” tanto caro ad un esponente del Governo, alcune riflessioni possono essere fatte. Si sta parlando del decreto legge n. 145, dal solito titolo omnibus, pubblicato sulla GU n. 240 del 18.10.2023, il cui art. 3 è significatamente rubricato “Anticipo rinnovo contratti pubblici”.
La norma è scritta piuttosto male ma – a prescindere dalla correttezza terminologica e da alcuni passaggi criptici – consente di dedurre che per i dipendenti pubblici viene erogata una super tredicesima nella misura del beneficio già in busta paga dal luglio 2022 come anticipazione dei rinnovi (una sorta di indennità di vacanza contrattuale) pari a quell’importo moltiplicato per 6,7. Il beneficio risalente al comma 609 della legge 234/2021 era dello 0,5% dei rispettivi stipendi tabellari. Il provvedimento dovrebbe avere queste caratteristiche:
•riguarda i dipendenti delle “amministrazioni statali”;
•è limitato al solo personale a tempo indeterminato con esclusione di quello a termine;
•ha per destinatari i dipendenti contrattualizzati e non quelli in regime di diritto pubblico;
•viene erogato “in via eccezionale” e “salvo eventuali successivi conguagli”;
•la liquidazione è “a valere sul 2024”.
Sul primo punto si rileva la definizione anomala della platea degli interessati perché “amministrazioni statali” è una locuzione atecnica che non coincide con quella ufficiale a livello contrattuale il cui riferimento è “comparto delle Funzioni centrali”. Tuttavia, si può ritenere che si tratti di uno dei tanti refusi che da anni incontriamo nelle norme legislative, anche perché è irragionevole supporre che il beneficio sia destinato solo ai ministeriali (verrebbe un bonus da circa € 8.000 a testa) e non agli EPNE e alle Agenzie; la controprova è rinvenibile nel comma 2 laddove per la copertura finanziaria si parla di 2 miliardi di € che si riferiscono giocoforza non soltanto a tutto il comparto delle Funzioni centrali (ministeri e altre 45 amministrazioni) ma anche a quello dell’Istruzione e ricerca. Anche sull’ultimo punto si possono sollevare domande, perché la precisazione “a valere sul 2024” sembra in contraddizione con il pagamento del bonus in coincidenza con lo stipendio di dicembre 2023, anche per la particolare complessità delle disposizioni finanziarie di cui all’art. 23. Resta inoltre da capire come agirà l’eventuale successivo conguaglio, che fa somigliare molto questa erogazione ad un prestito.
Fin qui, qualche punto fermo viene compreso, anche se con molta fatica. Dove cominciano i problemi è nel comma 3 che fa riferimento alle altre componenti del pubblico impiego contrattualizzato (“amministrazioni di cui all’art. 48, ecc.”), cioè le Funzioni locali e il Servizio sanitario nazionale. Come da prassi consolidata e in coerenza con lo stesso art. 48 citato, la legge nazionale non provvede direttamente ma “apre” alla possibilità che Regioni, enti locali e aziende sanitarie si allineino nell’erogazione del beneficio. La parola chiave, in tal senso, è quel “possono” che apre un baratro a due mesi dalla chiusura dei bilanci 2023. In altre parole, per il personale della Sanità pubblica questo bonus non è affatto obbligatorio e dovranno decidere nel merito le singole Regioni in ragione delle proprie situazioni finanziarie, perché nel comma 3 viene espressamente detto “con oneri a carico dei propri bilanci”. Peraltro, la discrezionalità della decisione è soltanto nell’alternativa si/no, giacché in caso di decisione positiva il beneficio è blindato (“con le modalità e nella misura”). Sarà un bel problema da risolvere per gli Organi regionali e l’operazione potrebbe anche essere intesa come prova tecnica di autonomia differenziata. In ogni caso e per completezza di esposizione, si segnala che per le aziende ed enti del S.s.n. l’erogazione in questione consisterebbe in:
•€ 1.516 per i medici e tutti gli altri dirigenti sanitari e PTA
•€ 846 per i dipendenti inquadranti nella quarta Area e in proporzione per tutti gli altri.


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