Medicina e ricerca

Macrì (Fism): avviare un progetto multidisciplinare sulla Pma per arginare la denatalità

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“Con la PMA, la Procreazione Medicalmente Assistita, si può intervenire con successo per arginare la denatalità che, a causa di fattori sociali, biologici, economici e lavorativi, interessa con gravi conseguenze il nostro Paese. Si contano, infatti, meno di 7 nati per mille residenti contro una media europea del 9 per mille. Ma per garantire dei buoni risultati con la PMA occorre dotarsi di un modello multidisciplinare, con figure professionali diverse, quali endocrinologi, andrologi, ginecologi, pediatri, neonatologi, genetisti, psicologi”. Lo ha detto Francesco Macrì, Segretario nazionale della Federazione Italiana Società Medico-Scientifiche (FISM), intervenendo nel corso della tavola rotonda “Custodire la salute pubblica per la RiNascita del Paese”, nell’ambito dell’incontro “RiNascere nei borghi”, che si è svolto a Zungoli, in provincia di Avellino. In questa prospettiva, la FISM, con le sue 193 consociate, è impegnata a sviluppare un articolato progetto che porti a organizzare il lavoro dei vari esperti attraverso il coordinamento tra lo specialista prevalente e gli altri professionisti, creando all’interno delle aziende ospedaliere un unico percorso diagnostico-terapeutico.
“Esistono, ad esempio, fattori biologici come l’aumento dell’età media delle gravidanze che riducono la fertilità” ha spiegato Macrì, ricordando che “l’infertilità di coppia raggiunge cifre del 15-20 per cento, con una forte incidenza di problemi ambientali come quello degli interferenti endocrini”.
Secondo il segretario FISM è opportuno riflettere “in modo più specifico in merito all’esito positivo della PMA grazie alle metodiche che gli specialisti mettono in campo. Come vive psicologicamente la coppia le diverse fasi della procedura? In occasione delle visite presso il pediatra, ad esempio, la fecondazione eterologa viene a volte riferita con difficoltà, la paternità o la maternità anagrafica differenti da quella biologica comporta a volte riluttanza ad essere riferita al medico e, soprattutto, al bambino venuto al mondo. Inoltre – precisa Macrì - considerando il rischio di parti pretermine, la mamma si trova in questi casi al momento del parto ancora nella fase di idealizzazione sul bambino che porta in grembo, che immagina con tutte le caratteristiche positive possibili. L’ultima fase della gravidanza, che manca nel parto pretermine, è proprio quella più oggettiva e realistica. Dopo il parto, in questi casi, si vive una fase di delusione con rischio di forme depressive” ha concluso.


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