Medicina e ricerca

Neuromielite ottica, per i pazienti nuove chance terapeutiche da un anticorpo monoclonale

di Eugenio Di Brino *

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In Italia oltre 1.300 persone sono colpite dal disturbo dello spettro della neuromielite ottica (Nmosd), una patologia rara, autoimmune e devastante caratterizzata da attacchi acuti e ricorrenti al sistema nervoso centrale che possono portare a cecità, paralisi e alla morte. Migliorano però le opportunità terapeutiche dei pazienti grazie all’introduzione di nuovi farmaci. In particolare lo scorso marzo l’Agenzia italiana del Farmaco (Aifa) ha approvato, come terapia di seconda linea, la rimborsabilità di inebilizumab. Alla malattia e alla novità terapeutica è dedicato il convegno nazionale "Change Direction in Nmosd", in corso a Roma nella cornice di Hotel Villa Pamphili.
Si presentano i primi risultati di una ricerca Hta (Health Technology Assessment) di Altems Advisory, spin-off dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, in corso di finalizzazione su inebilizumab e in particolare sugli aspetti economici, organizzativi e sociali legati alla terapia. Vi sono aspetti positivi sull’introduzione della molecola, in particolare, quasi la metà del tempo dell’impegno degli operatori sanitari ospedalieri, pazienti e caregiver verrebbe risparmiato per la somministrazione del trattamento per via endovenosa. Se tutti i pazienti in Italia fossero potenzialmente trattati tutti con inebilizumab, il risparmio medio del tempo di somministrazione è stato quantificato, in termini di personale sanitario ospedaliero, a circa 900.000 euro. I costi sociali evitati ammontano invece a 600.000 euro e sono rappresentati dalle perdite di produttività evitate al paziente o al caregiver. In totale, l’introduzione di inebilizumab potrebbe comportare un risparmio per il sistema sanitario nazionale pari a 8 milioni in 3 anni.
La molecola è in grado di ridurre la quantità di linfociti B che esprimono l’antigene CD19. Il farmaco, un anticorpo monoclonale umanizzato, è approvato per il trattamento di pazienti sieropositivi per le immunoglobuline G anti-aquaporina-4 (IgG AQP4), presenti in circa il 75% dei pazienti con questa malattia.
Come ha affermato il prof. Massimo Filippi (Direttore dell’Unità di Neurologia, del servizio di Neurofisiologia e dell’Unità di Neuroriabilitazione dell’Irccs Ospedale San Raffaele di Milano) la Nmosd è una rara malattia autoimmune che coinvolge il sistema nervoso centrale. Si caratterizza per episodi acuti di disabilità neurologica, spesso grave, spesso solo parzialmente reversibile e secondaria a estese aree di danno tissutale che colpiscono più frequentemente il nervo ottico, il midollo spinale e il tronco encefalico. Senza una cura adeguata, vi è un alto rischio di morbilità e mortalità. Infatti, se la patologia non viene trattata, in media un terzo dei pazienti muore entro cinque anni dal primo attacco. Mentre uno su due è costretto alla sedia a rotelle. Nell’insorgenza dalla malattia giocano un ruolo fondamentale le cellule B e, in particolare, quelle positive al marcatore CD19. Queste cellule producono anticorpi anti-AQP4 che, a loro volta, provocano la cascata infiammatorio-demielinizzante della malattia che alla fine determina morte neuronale.
Paolo Emilio Alboini (Dirigente Medico presso l’Irccs Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza San Giovanni Rotondo/Foggia) ha invece sottolineato come Inebilizumab sia un anticorpo monoclonale innovativo e specificamente designato per raggiungere le cellule biologicamente attive nella malattia. Il farmaco agisce infatti direttamente contro le plasmacellule che producono gli anticorpi patogenetici. È questo il valore aggiunto rispetto ad altri approcci terapeutici: riuscire a raggiungere alcune delle cellule responsabili del processo di malattia. La somministrazione avviene per via endovenosa tramite un’infusione di circa 90 minuti. Dopo la fase di induzione, che si realizza nei primi 15 giorni, si procede con un richiamo ogni sei mesi nella fase di mantenimento. È quindi un trattamento "favorevole" per il sistema sanitario nazionale e anche per i pazienti che, in un anno, devono sottoporsi solo a due sedute, ciascuna della durata di un’ora e mezza circa. Ma uno dei maggiori bisogni ancora insoddisfatti dei pazienti è riuscire a ottenere una corretta diagnosi. La neuromielite ottica, infatti, è una malattia molto rara e nell’oltre 40% dei casi viene confusa con la sclerosi multipla.
La Nmosd colpisce in totale più di 10.000 persone in tutta Europa e l’età media di esordio della patologia è 40 anni. Le donne sono nove volte più a rischio di insorgenza della malattia rispetto agli uomini. L’imprevedibilità, la severità e le conseguenze delle ricadute cliniche presentano un forte impatto negativo sulla qualità di vita ha aggiunto il prof. Mario Alberto Battaglia (Presidente della Fism-Fondazione italiana sclerosi multipla e Dg Aism-Associazione italiana sclerosi multipla). Il dolore cronico interessa tre pazienti su quattro, mentre il 40% soffre di depressione. Sono molto frequenti anche l’affaticabilità, disturbi della sensibilità e sintomi sfinterici. Ma soprattutto la malattia può provocare un deficit severo visivo e dopo cinque anni circa metà dei pazienti con Nmosd diventa cieco. Tutti questi sintomi per il 60% dei malati rappresentano un forte limite sia nella scelta che nel mantenimento del lavoro, ma anche nello svolgimento di gran parte delle attività quotidiane. La continua innovazione indotta dalla ricerca medico-scientifica ha portato a trattamenti sempre più efficaci per questa patologia come l’anticorpo inebilizumab che consentono di ridurre il rischio di danni irreversibili. Proprio per questo sarebbe auspicabile un’indicazione di rimborsabilità come terapia di prima linea come già avviene in altri Paesi europei.

* Co-founder & partner di Altems Advisory, Università Cattolica del Sacro Cuore


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