Medicina e ricerca

Malattie rare: dallo zinco alla caffeina, l’uso alternativo di farmaci per la cura della mutazione Gnao1

di Simone Martinelli*

S
24 Esclusivo per Sanità24

Le malattie rare non sono poi così rare. In Europa una malattia è definita “rara” se interessa meno di 1 persona su 2.000. Dal momento che le malattie rare ad oggi conosciute sono circa 10.000, numero in continuo aumento con l’avanzare della ricerca, non si tratta di pochi pazienti. I dati della rete Orphanet (www.orpha.net) parlano chiaro: nel nostro paese le persone affette da una malattia rara sono circa 2 milioni, in Europa circa 30 milioni, e nel 70% dei casi si tratta di bambini.
Di una di queste malattie si è occupato Il Terzo Congresso Internazionale GNAO1, svoltosi a Roma all’interno di ROAD, Rome Advaced District, che ha visto la partecipazione di oltre 300 persone fra clinici, ricercatori e famiglie provenienti da più di 20 paesi. GNAO1 in realtà non è il nome di una malattia, è il nome di un gene fondamentale per lo sviluppo e il funzionamento del nostro cervello. Quando una delle due copie di questo gene (ognuno di noi possiede due copie di ciascun gene, una ereditata dalla madre, una dal padre) presenta un difetto, in gergo una “mutazione”, si manifesta una malattia genetica ad eredità autosomica dominante i cui sintomi principali – disturbi del movimento, ritardo psicomotorio, ipotonia ed epilessia – possono insorgere già nei primi giorni di vita. GNAO1 è un esempio eclatante di come una piccola e neonata associazione di pazienti (Famiglie GNAO1; www.gnao1.it) possa contribuire in modo determinante alla ricerca scientifica, raccogliendo attorno a sé clinici e ricercatori afferenti a Università e altri centri di ricerca in Italia e in Europa.
Scoperta da un gruppo di ricerca giapponese solo 10 anni fa, non esiste una cura per questa malattia e i farmaci sintomatici risultano spesso inefficaci. Essendo una condizione ultra-rara (ad oggi 20 casi diagnosticati in Italia e meno di 300 a livello globale), i piccoli pazienti GNAO1 rimangono fuori dai tradizionali programmi di sviluppo farmacologico, ma grazie all’impegno di Famiglie GNAO1 sono arrivati i primi finanziamenti che hanno permesso ai ricercatori di generare modelli preclinici della malattia, strumenti necessari per la comprensione dei meccanismi patogenetici, prerequisito fondamentale per lo sviluppo di nuove terapie.
Tra i risultati più promettenti discussi nei due giorni di conferenza vi è l’identificazione di molecole già in uso in altre patologie come potenziali farmaci in grado di alleviare i sintomi motori altamente invalidanti associati a mutazioni di GNAO1. Questo approccio, noto come “riposizionamento di farmaci”, riduce drasticamente costi e tempi del processo di drug discovery. Tra gli studi italiani, promossi grazie all’impegno di Famiglie GNAO1, vi è quello nato nei laboratori del dipartimento di Oncologia e Medicina Molecolare dell’Istituto Superiore di Sanità, da me coordinato, condotto su un verme microscopico non parassita appartenente al phylum Nematoda, Caenorhabditis elegans. C. elegans è costituito da meno di 1.000 cellule, di cui un terzo neuroni, il cui genoma è stato modificato in modo da presentare alcune delle varianti più frequenti di GNAO1 nel gene corrispondente. Gli studi hanno mostrato come le funzioni motorie degli animali “malati” migliorino drasticamente in seguito a trattamento con caffeina, il farmaco psicoattivo più usato al mondo già in uso nella terapia delle apnee primarie dei neonati prematuri, e come la caffeina agisca principalmente come antagonista del recettore per l’adenosina.
Un secondo studio estremamente interessante è quello svolto dai ricercatori dell’Università di Ginevra guidati dal prof. Vladimir Katanaev. In questo caso, l’uso di approcci biochimici e funzionali ha permesso ai ricercatori di identificare lo zinco come molecola utile nel correggere le distorsioni strutturali della proteina Gαo, codificata dal gene GNAO1, contenente alcune delle mutazioni associate alla malattia. I risultati ottenuti in vitro sono stati successivamente validati in vivo in moscerini della frutta (Drosophila) portatori delle stesse varianti, dove la supplementazione di zinco nella dieta si è rivelata efficace nel ripristinare la normale funzione motoria e la longevità degli insetti modificati geneticamente. Come la caffeina, anche lo zinco è una molecola soggetta a “riposizionamento” dal momento che gli integratori alimentari a base di zinco vengono utilizzati come adiuvanti nel trattamento della depressione, dell’epilessia, di condizioni psichiatriche e neurodegenerative e dei disturbi del sonno, così come per favorire il normale sviluppo neonatale.
Nonostante questi studi necessitino di conferme in modelli preclinici più vicini a noi prima di entrare in fase clinica, ad esempio in cellule staminali pluripotenti indotte in grado di differenziare in qualsiasi tipo cellulare (attualmente in via di sviluppo presso i laboratori diretti dal prof. Alessandro Rosa, Università di Roma Sapienza) o in modelli murini, essi rappresentano un punto di partenza per studi futuri e una fonte di speranza per le famiglie.
Annunciato nel corso della conferenza anche l’avvio di un progetto di ricerca volto ad effettuare uno screening farmacologico in silico. Il progetto, guidato dal dott. Davide Pirolli, ricercatore del Consiglio Nazionale delle Ricerche, utilizzerà la potenza di calcolo di uno dei supercomputer più potenti al mondo, l’HPC5 messo a disposizione da Eni.
La ricerca ha bisogno di tempo e di finanziamenti adeguati, ma ancor prima necessita di passione, qualità che per fortuna accomuna genitori, clinici e ricercatori impegnati in questa battaglia.

*Ricercatore, PhD, presso Dipartimento di Oncologia e Medicina Molecolare, Istituto Superiore di Sanità


© RIPRODUZIONE RISERVATA