Medicina e ricerca

La gestione integrata del paziente affetto da mieloma multiplo

di Maria Teresa Petrucci*

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Il mieloma multiplo, per incidenza, è il secondo tumore del sangue. Si tratta di un tumore delle plasmacellule, caratterizzato da fasi di remissione di malattia e recidiva, derivante appunto dalla trasformazione neoplastica di una cellula della linea B linfocitaria, ed è caratterizzato da numerose alterazioni genetiche. Insorge in particolare in età avanzata: l'età mediana alla diagnosi è infatti di 68 anni; solo il 2% dei pazienti all'esordio ha meno di 40 anni, mentre il 38% dei pazienti ha un'età superiore a 70 anni. La sopravvivenza dopo 5 anni dalla diagnosi di mieloma multiplo è del 51%, in aumento rispetto agli anni precedenti.
Ora, grazie alla ricerca medico-scientifica, sono buone le prospettive terapeutiche per i pazienti affetti da mieloma multiplo, secondo quanto emerso a BeCLose2 Hematology, l’evento romano organizzato da AbbVie. Se fino a poco tempo fa la sopravvivenza dei pazienti oltrepassava di poco l’anno, oggi invece la malattia, grazie a tre famiglie di farmaci quali gli inibitori del proteosoma, gli immunomodulanti e gli anticorpi monoclonali, va sempre più cronicizzandosi.
Le persone affette da malattie ematologiche soprattutto quelle ad andamento «cronico» presentano bisogni complessi e mutevoli nel tempo in relazione a fattori clinici, sociali, psicologici. Rappresentano l’ultima fase evolutiva della malattia, nella quale confluiscono varie condizioni morbose che sono assimilabili tra loro in termini di bisogni assistenziali e di cura, essendo caratterizzate dalla necessità di forte integrazione tra aree sanitarie e sociosanitarie. Si tratta di situazioni di complessità tale da richiedere spesso cure ospedaliere (in emergenza-urgenza o in reparti ad alta intensità di cura o di alta specializzazione) seguita da lunghe fasi riabilitative e dal follow-up territoriale nei casi in cui la malattia superi la fase acuta con necessità di integrazione con interventi socio-sanitari o socio-assistenziali (Servizio di Assistenza Domiciliare Comunale), oppure cure palliative o ricovero in hospice.
Anche in virtù delle sempre più numerose opzioni terapeutiche, è quindi importante personalizzare la cura fin dall’inizio, definendo la migliore sequenza terapeutica e le corrette combinazioni di farmaci per ottenere da subito il miglior risultato possibile. Solo un vero approccio multidisciplinare sarà all’altezza della complessità totale del bisogno di salute del paziente.
Le molecole di ultima generazione stanno disegnando un nuovo percorso, ridefinendo la patologia e la sua cura. Se i nuovi strumenti diagnostici e le tecnologie molecolari hanno migliorato la precisione della diagnosi e la prognosi della malattia, recentemente esistono nuove possibilità sia per i pazienti di nuova diagnosi, sia per i pazienti recidivati/refrattari, di utilizzo di molecole come venetoclax, con meccanismi d’azione diversi dai quali ci si aspettano ulteriori risposte, modificando quella che è la sopravvivenza dei pazienti.
La percentuale di sopravvivenza è dunque in crescita, ma il nostro compito ora è anche quello di migliorare la qualità di vita dei nostri pazienti. Questa sarà la sfida dei prossimi anni.

*Dirigente medico presso l'Azienda Ospedaliera Policlinico Umberto I, Dipartimento di Medicina Traslazionale e di Precisione dell'Università Sapienza di Roma


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