Medicina e ricerca

Danni da fumo: serve un approccio multidisciplinare e pragmatico per accelerare sulla riduzione del rischio

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24 Esclusivo per Sanità24

Nel 2022 quasi un italiano su quattro è risultato essere un fumatore (pari al 24,2% della popolazione), secondo i dati del recente “Rapporto sul fumo in Italia” diffuso dall’Istituto superiore di sanità. Si tratta di una percentuale in calo rispetto al 2021, ma in crescita se confrontata con il 2019, anno prima della pandemia da Covid-19. A fronte di un numero di fumatori che non sembra calare, si rende sempre più urgente identificare strategie efficaci per favorire la cessazione del fumo. A discuterne, all’interno della tavola rotonda denominata “Il futuro cambia direzione. La riduzione del rischio di danno da fumo in Italia e in Europa”, è un team di medici specialisti, esperti a livello nazionale e internazionale, che hanno fatto il punto, a livello scientifico, sui diversi approcci possibili al fine di raggiungere questo obiettivo. L’evento, che si è tenuto recentemente a Roma, è stato realizzato in collaborazione con Philip Morris Italia con PMI Science.

Tra le possibili strategie individuate dagli esperti su scala globale, è emersa quella di sostituire le sigarette con prodotti alternativi che non prevedono la combustione, come le sigarette elettroniche (e-cigarettes o e-cig) e i prodotti a base di tabacco riscaldato o heat-not-burn.

L’opinione scientifica

Secondo la maggior parte degli specialisti che hanno partecipato alla tavola rotonda, ci sono numerose evidenze scientifiche a supporto dei prodotti alternativi, valutate positivamente da diversi enti regolatori a livello internazionale. Gli esperti riuniti concordano infatti sul fatto che numerosi studi indicano come l’emissione di sostanze nocive prodotte durante il consumo di e-cig e prodotti a base di tabacco heat-not-burn sia minore rispetto a quello delle sigarette tradizionali: una ricerca del 2021 , condotta dalla Seoul National University College of Medicine in Corea del Sud e pubblicata sulla rivista Circulation, suggerisce ad esempio che chi ha smesso di fumare ed è passato a prodotti che non prevedono combustione, ha un rischio cardiovascolare più basso di coloro che continuano a fumare sigarette ma più alto di quelli che hanno cessato senza l’uso di nuovi prodotti di fumo. Lo studio osservativo in questione, condotto in Corea del Sud, ha coinvolto oltre 5 milioni di adulti, seguiti per più di 5 anni e la riduzione del rischio di incorrere in patologie cardiovascolari è stata rilevata entro i primi 5 anni dal passaggio ai prodotti non combusti. A lungo termine, oltre i 5 anni, la riduzione del rischio con i prodotti heat-not-burn era minore rispetto alla sospensione completa dell’abitudine di fumare.

Per questa ragione è importante adottare strategie che evitino quanto più possibile l’accesso a nuovi utilizzatori - spiegano gli specialisti - favorendo invece il passaggio dei fumatori che continuerebbero a fumare: in questi casi, infatti, risulta prioritaria la riduzione del rischio di danno da fumo.

“Nell’ottica di una corretta comunicazione verso il paziente, medici e operatori sanitari assumono un ruolo sempre più centrale”, prosegue Fabio Lugoboni, professore di Psichiatria e Responsabile di Medicina delle Dipendenze dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Integrata di Verona, “mentre sinora, nonostante le varie evidenze scientifiche, i professionisti della salute sono rimasti in ombra rispetto a questo tema e tendono spesso a non presentare l’opzione alternativa. A mio avviso, un approccio pragmatico dovrebbe essere guidato dalla scienza, per aiutare realmente chi può trarne vantaggio”.

Il gap normativo

A livello legislativo, Stati Uniti, Regno Unito e Nuova Zelanda hanno adottato un approccio pragmatico che riconosce il ruolo che i prodotti senza combustione possono avere nel debellare il fumo. Secondo gli esperti, uno dei paesi in cui anche dal punto di vista normativo sono stati compiuti passi rilevanti sono gli Stati Uniti: dal 2009, infatti, la Food and Drug Administration (FDA) statunitense ha assunto sotto il suo controllo questi prodotti. Anche qui l’arrivo sul mercato di nuovi strumenti non è in generale semplice, perché deve seguire un rigido protocollo; tuttavia, il percorso è comunque più accessibile rispetto a quello europeo, e questo proprio grazie alla presenza negli Usa di regole specifiche e criteri chiari, ad oggi assenti in Europa.

A luglio 2020, la FDA, l’agenzia federale americana, responsabile tra l’altro della regolamentazione di farmaci e prodotti del tabacco negli USA, ha autorizzato la commercializzazione di un sistema a tabacco riscaldato con la dicitura “ad esposizione modificata”, affermando che “lo stesso è appropriato per la tutela della salute pubblica, ed è prevedibile che porti un beneficio alla salute della popolazione nel suo complesso tenendo in considerazione sia gli utilizzatori di prodotti del tabacco sia chi non ne fa attualmente uso.” Per quanto riguarda l’Europa, il Regno Unito è uno dei Paesi che si sta muovendo già da anni con politiche sanitarie per la riduzione del rischio di danni da fumo; il tutto anche attraverso misure concrete, rivolte alla popolazione, che sostengono comportamenti a minor rischio per la salute, quali il vaping. In Grecia, è stata, invece, istituita una commissione ad hoc, che include il Ministero della Salute greco, insieme ad altre Organizzazioni e Istituzioni sanitarie del Paese, preposta alla valutazione di e-cigarettes e dei prodotti a tabacco riscaldato. C’è poi il caso unico in Europa dei Paesi Scandinavi dove è ammesso il commercio e l’utilizzo del cd. snus, un particolare tabacco umido in polvere ad uso esclusivamente orale. Lo snus è l’unico prodotto ad aver ottenuto, negli Stati Uniti, la qualifica di "reduced risk”, un’attestazione ufficiale che indica un minor rischio di insorgenza di patologie da fumo correlate rispetto al tabacco combusto.

“L’auspicio è che anche in Italia si riesca a perseguire, anche dal punto di vista normativo, una solida strategia di riduzione del rischio del danno da fumo”, conclude Francesco Fedele, ordinario di Cardiologia e presidente dell’Istituto Nazionale Ricerche Cardiovascolari. “Il tutto in un’ottica di prevenzione basata da un lato sulle crescenti evidenze scientifiche e, dall’altro, modulata sulle esigenze dei pazienti che non intendono smettere di fumare, evitando un atteggiamento proibizionistico tout court, in favore di un approccio maggiormente pragmatico, facendo riferimento a una strategia di modulazione degli interventi di prevenzione”.


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