Medicina e ricerca
Plasmaderivati, la complessa filiera di una materia prima biologica
di Claudio Jommi*
24 Esclusivo per Sanità24
La carenza di immunoglobuline e le possibili soluzioni richiedono una riflessione sulle peculiarità della domanda, offerta e mercato dei plasmaderivati.
La domanda di plasmaderivati, risultato dell’interazione tra paziente, clinico e pagatore, usa criteri simili a quelli dei farmaci: le variabili chiave sono la gravità della patologia, il livello di unmet need (assenza di valide terapie alternative), il valore aggiunto rispetto alle alternative terapeutiche se esistenti, la coerenza tra valore e costo e l’impatto complessivo sulla spesa a carico del SSN (Servizio Sanitario Nazionale).
L’offerta è invece caratterizzata da un complesso e costoso processo di produzione che dipende dalla raccolta di sangue, da una sostanziale rigidità e dal fenomeno dell’”economia dell’ultimo litro”.
Donazione del sangue, raccolta del plasma, pooling, frazionamento, purificazione, e confezionamento richiedono dai 7 ai 12 mesi per le immunoglobuline. I costi di produzione dei plasmaderivati sono pari al 57% dei costi totali sostenuti dalle imprese, rispetto al 14% per i farmaci derivanti da sintesi chimica. La produzione viene realizzata, ora in regime competitivo, dalle imprese per conto del SSN su raccolta sangue nazionale. Poiché però l’autosufficienza non viene raggiunta in toto e non per tutti i plasmaderivati si dispone di “versioni” biotecnologiche, l’SSN ricorre, ai fini della copertura piena della domanda, ai plasmaderivati commerciali, venduti direttamente dalle imprese al SSN su raccolta sangue internazionale (in prevalenza USA). La possibilità di soddisfare la domanda dipende dall’offerta globale di plasma e dai relativi costi. In generale e, in particolare nel periodo pandemico, una carenza di plasma genera carenze di offerta.
Infine, il plasma raccolto serve (frazionato) per più prodotti che si rivolgono ad un target numericamente diverso: una volta soddisfatta la domanda per plasmaderivati di pochi pazienti (Alfa1-antitripsina, Fattore VIII), bisogna comunque raccogliere e “lavorare” plasma per ottenere altri plasmaderivati usati per una popolazione più ampia (albumina ed immunoglobuline): oltre un certo livello di raccolta e lavorazione, il ricavo che si ottiene dalla vendita può non essere più coerente con i costi sostenuti, rendendo non più sostenibile l’offerta.
Domanda ed offerta si interfacciano poi sul mercato, regolato per i plasmaderivati. Se la domanda supera l’offerta è importante capire se questo dipenda da un eccesso di domanda o da una carenza di offerta.
Il primo può dipendere da un consumo eccessivo di plasmaderivati, ed è quindi importante agire sull’appropriatezza d’uso, o da un budget SSN non coerente con il bisogno. La soluzione in questo caso è aumentare il budget o soddisfare come prioritari gli unmet need: ad esempio, le immunoglobuline rappresentano l’unica effettiva opzione terapeutica per le immunodeficienze secondarie.
Se esiste un problema di offerta, le soluzioni non possono che essere un aumento della raccolta (che risente però delle rigidità di cui sopra), una migliore efficienza produttiva (incrementare la resa del plasma), o un aumento dei prezzi, se la carenza di offerta è determinata da una incoerenza tra prezzi e costi di produzione: l’aumento dei costi di produzione rappresenta peraltro in Italia l’unico razionale per richiedere un aumento dei prezzi dei farmaci (inclusi i plasmaderivati commerciali).
*Professor of Practice di Health Policy, SDA Bocconi
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