Medicina e ricerca
27 anni di emicrania nella narrazione delle persone malate, dei loro familiari e dei neurologi
di Maria Giulia Marini * e Antonietta Cappuccio **
24 Esclusivo per Sanità24
Dall’adolescenza sino all’avvicinarsi dell’età più anziana, in media 27 sono gli anni di convivenza con l’emicrania trascorsi dalle 107 persone, 83% delle quali donne, che hanno partecipato alla ricerca di medicina narrativa Drone. Il progetto Drone, realizzato da Fondazione Istud con il sostegno incondizionato di Novartis, ha rappresentato la prima operazione italiana di ascolto delle persone che soffrono di emicrania, dei loro familiari (26 partecipanti, 58% uomini) e dei professionisti di cura che hanno lasciato 45 narrazioni dei propri pazienti dei centri cefalee di riferimento. Le narrazioni sono state raccolte principalmente durante il primo lock down del 2020 e l’elevata partecipazione mostra la necessità di condividere una storia spesso sottovalutata nonostante si collochi al secondo posto tra le dieci cause principali di disabilità al mondo secondo il parametro YLDs (anni vissuti con disabilità).
L’obiettivo della ricerca è stato quello di far luce sul vissuto con questa condizione, perché siano informate le scuole, i luoghi di lavoro e la cittadinanza: questa malattia, infatti, comporta almeno 56 giornate all’anno di lavoro perdute, e tante altre, come emerge dalle narrazioni, vissute con un dolore tale “che non si può più pensare”. Attraverso le metafore, i pazienti descrivono l’emicrania con immagini (49%) che richiamano l’azione del fabbro che usa un martello, di una lama che entra nella tempia, o immagini di natura violenta, mostri (31%), o il buio, la nebbia (20%). Nell’immaginario quindi in almeno uno su due casi sono citati strumenti di tortura.
È questo dolore che porta le persone affette da emicrania a vivere sopportando un peso gravoso che influisce negativamente sia sulle attività (90%) che sulle relazioni (65%). I continui attacchi e la loro imprevedibilità fanno sì che spesso le persone sviluppino la paura dell’emicrania e vivano in un continuo stato d’ansia, che si riflette anche nella vita familiare. Durante l’attacco si arriva all’ipersensibilità a un raggio di luce, a un campanello che suona, a una voce umana. E prima di arrivare ad un centro specializzato, l’unico rimedio possibile oltre a cure basate sul “fai da te”, - dalle narrazioni emerge che circa il 50% dei pazienti ha fatto uso di farmaci da banco arrivando anche all’abuso di farmaci (35%) - erano buio e silenzio. E la vicinanza silenziosa è il modo in cui il familiare assiste il partner. I familiari che hanno lasciato la propria testimonianza riferiscono di aver perso in media 15 giorni di lavoro all’anno a causa dell’emicrania del proprio caro e vivono spesso un senso di impotenza (65%) nel non riuscire a dare sollievo alla persona malata. Le attività programmate nel tempo libero, una cena con gli amici, una gita nel fine settimana, troppo spesso non si possono realizzare, vivendo nell’incertezza e portando “la coppia” a un rischio più elevato di isolamento sociale.
Una questione sociale drammatica deriva dallo stigma percepito da parte della propria comunità di riferimento, soprattutto se pensiamo che questa malattia colpisce tra il 25% e il 43% della popolazione italiana prevalentemente le donne tra i 20 ed i 55 anni. Dalle narrazioni i primi ricordi risalgono ai tempi della scuola come “Avere degli insegnanti che pensano che la tua malattia sia una scusa per saltare la scuola”, passando al mondo del lavoro con “i colleghi che ti etichettano come scansafatiche”, agli amici che bullizzano come “quella che ne ha sempre una”. Queste sono parole che segnano permanentemente, creando una vulnerabilità di personalità a persone che già vivono con una ipersensibilità neurologica: comprendere, riconoscere e far conoscere l’emicrania è fondamentale soprattutto in fase adolescenziale, un momento delicato nello sviluppo della propria identità, e che corrisponde spesso all’esordio di questa malattia.
La speranza è riposta nei centri esperti per la cura della cefalea, dove le persone arrivano dopo un pellegrinaggio tra specialisti: esistono cure innovative ed efficaci come le cure preventive con anticorpi monoclonali ma a detta dei clinici che hanno scritto le proprie narrazioni l’aspetto più importante è il prendersi cura che parte dell’ascolto della storia del paziente, e non solo della descrizione minuziosa dei sintomi.
Dal progetto è nato il libro "Dentro l’emicrania" distribuito da Edizioni Effedì ed è scaricabile gratuitamente dal link www.medicinanarrativa.eu/drone . Il libro, realizzato con il supporto di Novartis e con la partecipazione di Fondazione Onda e Al.Ce. (Alleanza Cefalgici), racchiude la ricerca e una selezione delle narrazioni per conoscere le storie di queste persone e mostrare alla società cosa significhi vivere con questa malattia.
* Direttore Innovazione Istud Sanità e Salute
** Ricercatore Project Manager Istud Sanità e Salute
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