Medicina e ricerca
Covid: possibile correlazione tra infezioni secondarie e antibiotico resistenza
di Massimo Andreoni*
24 Esclusivo per Sanità24
Si celebra in questi giorni l'annuale Settimana Mondiale dell'OMS contro l'antibiotico resistenza, la cosiddetta AMR.
L'impatto dell'AMR è così preoccupante che l'OMS e l'ECDC l'hanno indicata come una delle principali sfide per i sistemi sanitari, tanto che senza interventi mirati a contenere questa minaccia, si prevede possa causare fino a 10 milioni di decessi nel 2050 .
L'antibiotico resistenza è un fenomeno naturale in quanto la trasformazione dei ceppi batterici in organismi resistenti è un meccanismo inscritto nei meccanismi evolutivi. Durante questo processo si verificano delle mutazioni del corredo genetico in grado di proteggere il batterio dall'azione del farmaco. Queste mutazioni, che inducono resistenza al farmaco, fanno parte dei processi di competizione biologica tra microrganismi basati sulla produzione di antimicrobici.
Per quanto riguarda invece gli ambiti nei quali le infezioni possono verificarsi, tra quelli maggiormente a rischio vi sono tutti i contesti assistenziali. Nello specifico i reparti ospedalieri per trattamento di acuzie, il day-hospital, le strutture di lungodegenza, gli ambulatori, l'assistenza domiciliare e le strutture residenziali territoriali. Le infezioni correlate all'assistenza, le cosiddette ICA, sono infatti la complicanza più frequente e più seria dell'assistenza sanitaria.
Venendo all'Italia, tra i paesi europei il nostro purtroppo ha il triste primato del maggior numero di casi e di morti attribuibili ad infezioni da batteri antibiotico-resistenti.
La diffusione dei super batteri è un'escalation, la multi-resistenza si sta diffondendo non solo negli ospedali ma anche sul territorio, nelle case di riposo per anziani, nei centri di lunga degenza. In Italia ogni anno i germi resistenti uccidono 10-20mila persone.
Inoltre a causa di ciò il nostro paese soffre un impatto economico attribuibile all'AMR di circa 320 milioni di euro che, senza specifici interventi di sanita pubblica volti a ridurre il fenomeno, si stima possa salire fino ai 2 miliardi di euro nel 2050 . Si tratta di risorse importanti che vengono drenate dall'antibiotico resistenza e che invece potrebbero essere utilmente investite nel rafforzamento del nostro servizio sanitario. Così come sarebbe utile avere anche processi di approvazione ancora più rapidi ed efficaci, in modo da poter disporre in tempi minori di nuovi antibiotici dei quali si ritenga necessario dover impiegare nel contrasto alle infezioni.
L'attuale pandemia ha inoltre evidenziato una possibile e preoccupante correlazione tra AMR e Covid-19. Recenti studi paiono infatti suggerire che il quadro complessivo dell'AMR possa ulteriormente deteriorarsi a causa delle infezioni batteriche secondarie che possono svilupparsi in soggetti affetti da Covid e che necessitano di un trattamento antibiotico tempestivo e appropriato.
I pazienti a maggior rischio di contrarre infezioni nosocomiali, sostenute da batteri multi-resistenti, sono quelli già più vulnerabili alle infezioni polmonari virali come influenza, sindrome respiratoria acuta grave (SARS) e appunto Covid-19.
In due ospedali di Wuhan è stato infatti condotto uno studio che ha evidenziato come il 95% dei pazienti ospedalizzati per complicanze da Covid-19 fosse sottoposto a trattamento antibiotico e che il 50% dei pazienti deceduti presentasse un'infezione secondaria . Questi dati sono inoltre stati confermati da un altro studio condotto su un campione di pazienti anziani, considerati per definizione tra le categorie più fragili, affetti da Covid .
In definitiva, questa situazione ha evidenziato una volta di più l'importanza di poter disporre di molecole antibiotiche efficaci e di utilizzarle nel modo corretto.
* Ordinario di Malattie Infettive, Direttore UOC Malattie Infettive Tor Vergata e Direttore Scientifico SIMIT - Società Italiana di Malattie Infettive
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