Medicina e ricerca
Coronavirus: la salute mentale e le terapie "stupefacenti" di cui non si parla
di Filomena Gallo*, Marco Perduca** e Tania Re***
24 Esclusivo per Sanità24
Come stiamo imparando, gli attacchi pandemici portano con sé malattie fisiche per molti e traumi per tutti. L'epidemia di SARS del 2003 portò a un impressionante aumento della depressione e dei disturbi post traumatici da stress (DPTS) tra chi era in quarantena e moltissimi caregiver.
Sebbene da marzo siamo stati invasi da pareri e commenti medico-scientifici, il dibattito non si è concentrato su quale potrebbe essere lo scenario dell'impatto della pandemia sulla salute mentale. Nella primavera scorsa, nel suo intervento in uno dei webinar che l'Associazione Luca Coscioni ha organizzato durante il lockdown, Fabrizio Starace, Direttore del Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze Patologiche dell'AUSL di Modena, ha ricordato che "se la grande tragedia collettiva, le migliaia di morti, le decine di migliaia di contagi hanno determinato un impegno senza precedenti del servizio sanitario nazionale, non altrettanto si può dire della capacità di lettura, delle azioni di coordinamento e di concreto intervento per la salute mentale ed il sostegno psicosociale". Se quindi non eravamo pronti alla pandemia, ma col tempo ci siamo organizzati per il "primo soccorso", l'attenzione alla salute mentale è rimasta un argomento per conciliaboli di esperti.
Starace faceva inoltre notare che durante una delle conferenze stampa che quotidianamente informavano sullo stato dell'emergenza sanitaria, il capo della Protezione Civile aveva fatto riferimento al "volontariato" e alle "associazioni" senza però fare alcun cenno alla rete dei Dipartimenti di Salute Mentale, ai Consultori, ai Servizi di Psicologia Clinica presenti sui territori maggiormente colpiti dal coronavirus.
Occorre quindi sfruttare questa pausa dall'epidemia per iniziare a prepararsi ad affrontare l'inevitabile picco di disturbi mentali che piano piano inizia ad emergere dopo settimane di grande stress. Occorre che le istituzioni e gli esperti trovino il modo più appropriato per rendere il problema visibile e, come per molti altri aspetti collegati alla crisi sanitaria, si esplorino nuovi modi di re-agire, o si faccia tesoro di esperienze che altrove stanno dando risultati incoraggianti per quanto riguarda le terapie possibili.
Esistono molti studi, in USA, Regno Unito e Israele, che includono MDMA e psilocibina (il principio attivo dei funghi normalmente definiti "allucinogeni") nella cura dello stress post-traumatico. Tra i più avanzati ci sono quelli dall'associazione statunitense MAPS che mostrano come queste sostanze superino in efficacia i farmaci attualmente approvati per il DPTS e la depressione.
Un recente studio clinico su veterani, vigili del fuoco e agenti di polizia con DPTS negli USA di MAPS (che si presenta come organizzazione senza fini di lucro) dimostra che dopo due dosi di MDMA i sintomi si riducono significativamente e che l'effetto del nuovo "farmaco" si conferma fino alla fine della sperimentazione (della durata di un anno). Secondo uno studio del 2020 del Journal of Psychopharmacology, una singola dose di psilocibina può invece migliorare significativamente i sintomi della depressione con benefici che durano più anni.
Là dove è consentita, la ricerca continua a dimostrare che l'impiego di queste sostanze sotto controllo medico e all'interno di piani psico-terapeutici conferma l'intuizione della Convenzione Onu sulle droghe del 1961 che prevedeva la necessità di rendere disponibili piante e sostanze psicoattive per usi medico-scientifici (salvo poi nella pratica ostacolarli).
Lo shock pandemico potrebbe rimettere in marcia la ricerca su quelle terapie stupefacenti predisponendo una serie di progetti pilota anche in Italia, uno dei paesi maggiormente colpiti dal virus nella fase iniziale della pandemia.
Forse tra i primi da coinvolgere in queste ricerche ed esperimenti ci potrebbero essere coloro che abbiamo chiamato "eroi" perché con dedizione e abnegazione, senza lamentarsi, per giorni e giorni sono stati in prima fila ad affrontare il virus negli ospedali. Glielo dobbiamo. Occorre quindi che tanto le istituzioni quanto la comunità scientifica affrontino quanto prima il bisogno di rimanere "sani di mente" dopo questi mesi molto pesanti e che potrebbero presto tornare a esserlo. Le evidenze internazionali ci sono - occorrono decisioni politiche per farne tesoro fattivo.
* Segretario, Associazione Luca Coscioni
** Fondatore, Science for Democracy
*** Antropologa Cattedra Unesco Università Studi di Genova e Psicoteraputa CSTG
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