Medicina e ricerca
Il dolore è donna: troppa distanza tra la teoria e l'applicazione sul campo delle cure
di Franco Marinangeli*
24 Esclusivo per Sanità24
L'impatto sulla società legato alle problematiche del dolore è notevolissimo, con imponenti ripercussioni economiche e sociali. Non tutti sanno, però, che tale fenomeno è soprattutto "femminile". A livello mondiale, Il dolore cronico colpisce una percentuale più alta di donne rispetto agli uomini; tuttavia le donne hanno meno probabilità di essere curate. La ricerca scientifica ha dimostrato inequivocabilmente che le donne avvertono più dolore di tipo ricorrente, dolore più severo e dolore più duraturo rispetto agli uomini. Alcune specifiche condizioni patologiche ad alto impatto doloroso sono più frequenti nelle donne che negli uomini. Ad esempio, la fibromialgia, una condizione caratterizzata da dolore cronico diffuso, è significativamente più diffusa nelle donne (l'80-90% dei casi diagnosticati sono donne). Altre condizioni che colpiscono in modo sproporzionato le donne includono la sindrome da colon irritabile, l'artrite reumatoide, l'artrosi, i disturbi dell'articolazione temporo-mandibolare, il dolore pelvico cronico e l'emicrania.
Se si tiene conto che l'aspettativa di vita delle donne è nettamente superiore a quelle degli uomini, è altrettanto evidente come le donne sono necessariamente più esposte a tutte le patologie legate all'invecchiamento, per lo più caratterizzate da dolore. E stante il ruolo che la donna ha nella società moderna, decisamente centrale, è evidente che le ripercussioni sociali/economiche della disabilità dolore correlata della donna sono notevolissime.
Sebbene l'Italia sia avanti nel campo della ricerca sul dolore, essendo uno dei Paesi che pubblica di più su questo tema a livello mondiale, siamo ancora indietro sull'applicazione pratica della ricerca stessa. Per fare un esempio, siamo certi del legame tra dolore fisico, sofferenza, aspetti psicologici del dolore, sistemi di amplificazione del dolore legati alle problematiche psicologiche stesse, ma non abbiamo investito nulla per inserire nei centri di terapia del dolore la figura dello psicologo. Ci sono eccezioni, ma questa è la regola. Vi è un'indubbia distanza tra la teoria e l'applicazione sul campo. È sufficiente pensare a quanto non si è fatto per garantire l'analgesia del parto in tutti i punti nascita degli ospedali pubblici, nonostante i numerosi annunci, per capire come il problema sia innanzitutto organizzativo. Non è inappropriato parlare di dolore acuto (il dolore da parto è un dolore acuto) in questa sede, stante il fatto che un dolore acuto non trattato facilita l'insorgenza di dolore cronico.
Ciò che è necessario fare, quindi, è iniziare a rispettare, dopo 10 anni dalla sua promulgazione, la legge 38/2010, sul "diritto a non soffrire". Il "pianeta donna" sarebbe il primo a giovarsene. Ancora non si è investito a sufficienza per garantire una copertura omogenea sul territorio nazionale dei servizi di terapia del dolore. Da anni Grünenthal, impegnata nell'area del dolore, è attiva nel sensibilizzare su tema, anche quale partner della (H) Open Week, la settimana dedicata alla salute della donna organizzata dalla Fondazione ONDA. Nell'esperienza del parto, così come nel dolore cronico, la componente emotiva è fortissima. Tale componente amplifica il messaggio del "dolore fisico" che arriva al cervello, e su tale componente è necessario lavorare in maniera importante, innanzitutto offrendo la giusta tranquillità di essere seguiti in maniera continuativa.
La medicina del dolore "efficace" è innanzitutto legata ad un rapporto diretto e continuo medico-paziente, poi ad una organizzazione multidisciplinare, in cui più specialisti lavorano insieme per risolvere i problemi dei pazienti. Per quanto attiene il trattamento del dolore cronico, è necessario garantire una continuità terapeutica per assicurare l'efficacia della terapia stessa nonché favorire il recupero dell'integrità psico-fisica del paziente. A riguardo, è bene ricordare che la la pandemia COVID ha stimolato, anche nel campo del dolore, la ricerca di soluzioni nuove e per favorire la continuità e il controllo del trattamento, come la telemedicina. La SIAARTI (Società taliana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva), società di riferimento dei medici algologi, su quest'ultima tematica sta lavorando intensamente. Io ritengo che questa sia la strada giusta anche per mitigare il problema della difficoltà di interazione medico-paziente, oltre che per ottimizzare il tempo in una società che viaggia ad una velocità eccessiva rispetto a persone che soffrono di patologie dolorose croniche, spesso disabili, e che quei ritmi non possono sostenerli.
*Direttore Istituto di Anestesia e Rianimazione – Università degli Studi dell'Aquila, ASL Avezzano Sulmona L'Aquila. Responsabile Area Culturale Dolore SIAARTI (Società Italiana Anestesia, Analgesia, Rianimazione e Terapia Intensiva)
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