Medicina e ricerca

Focus Hpv: eliminare il tumore alla cervice non è utopia

di Silvia Franceschi (Centro di Riferimento Oncologico, Aviano)

Il tumore del collo dell'utero ha una causa ben precisa ed è una famiglia di virus, i papillomavirus umani, meglio conosciuti come Hpv. È stato anche in Italia fino ad alcuni decenni fa il principale killer femminile, poi grazie agli intensi programmi di screening citologici basati sull'esecuzione del Pap test ogni 2 o 3 anni, il triste primato è passato al cancro della mammella. Prima della scoperta dell'Hpv, non esistevano modalità efficaci per prevenire l'insorgenza del tumore della cervice.
Si era però capito già nell’ottocento che questo tumore fosse legato all'attività sessuale. Ma si è dovuto aspettare gli anni settanta perché i citologi impegnati negli screening si mettessero sulle tracce di virus allora poco conosciuti ma che assomigliavano a quelli che causano le verruche. Negli anni Ottanta i progressi nella biologia molecolare e, soprattutto, l'introduzione di un test di amplificazione del DNA (la PCR, che ormai domina molte pratiche mediche) permisero di trovare HPV oncogeni, soprattutto i tipi 16 e 18, in praticamente tutti i tumori della cervice. La scoperta, cui sia virologi che epidemiologi contribuirono sostanzialmente, fu seguita dal conferimento del premio Nobel per la Medicina ad Harold Zur Hausen nel 2008. Risultò rapidamente chiaro che questi HPV causano anche, seppur più raramente, altri tumori dell'apparato anogenitale di entrambi i sessi e ed una parte dei tumori dell'orofaringe (gola). Si stima che globalmente circa 630.000 tumori all'anno, cioè 4,5% di tutti i tumori nei due sessi, siano provocati.
Due sviluppi tecnico-scientifici sono stati cruciali per utilizzare queste conoscenze sia per la prevenzione che per la diagnosi precoce dell'infezione. Negli anni Novanta si riuscì a riprodurre l'involucro proteico dell'HPV che è estremamente immunogenico ma privo del DNA virale che sarebbe stato pericoloso. Nello stesso periodo i test per l'HPV furono semplificati per essere usati su larga scala e con costi in costante diminuzione nello screening del il tumore della cervice. Ne seguirono studi su centinaia di migliaia di donne per verificare l'efficacia ed l'innocuità dei vaccini e per confrontare l'accuratezza del test HPV a quella del Pap test .

Il vaccino anti-HPV
Attualmente sono in commercio tre tipi di vaccini e un centinaio di Paesi hanno introdotto nei loro programmi di immunizzazione nazionali, con coperture più o meno soddisfacenti, la vaccinazione contro l'HPV delle ragazze e, in alcuni, anche dei ragazzi intorno ai 12 anni. All’inizio, nel 2006-2007, ognuna delle tre dosi di vaccino raccomandate costava più di 100 euro, un costo salato per moltissime aree del mondo. L’Italia ha rapidamente introdotto il vaccino offrendolo prevalentemente alle adolescenti di dodici anni. A fine 2015 la percentuale di ragazze del 1999 vaccinate era del 70%. Nelle singole regioni la copertura variava in maniera forse inaspettata: da un minimo di 27% il Alto Adige a più 80% in Toscana, Umbria, Puglia, e Basilicata.

Le polemiche degli ultimi anni sui vaccini hanno toccato anche la prevenzione del tumore della cervice e l'adesione non è proporzionale al livello economico delle varie regioni. Nei Paesi Europei questa quota varia da meno di 30% a più di 80% ma molti paesi dell'Est non hanno ancora iniziato.
L'arrivo della vaccinazione nei Paesi in via di sviluppo si deve in gran parte all'entrata in azione nel 2012 di GAVI (Global Alliance for Vaccines and Immunization), una cordata pubblico-privata che include l'Organizzazione Mondiale della Sanità, la Fondazione Bill e Melinda Gates ed alcuni Stati, compresa l'Italia. Dal 2000 GAVI fornisce assistenza tecnica e finanziaria alla vaccinazione dei bambini nei 70 Paesi più poveri del mondo e, per l'acquisto di vaccini HPV da donare alle adolescenti, è riuscito a negoziare con le due industrie produttrici un prezzo di circa 4 dollari per dose e ha anche approfittato del pronunciamento dell'Oms nel 2014 sull'equivalenza di efficacia tra tre e due dosi. Questa riduzione delle dosi è stata prontamente adottata da tutti i Paesi.

Screening del tumore della cervice con test HPV
Diversi studi clinici randomizzati (dei quali di gran lunga il più grande è stato quello condotto in Italia, NTCC, e ha coinvolto quasi 100mila donne) hanno dimostrato la superiorità del test virale rispetto al Pap test. Le Linee Guida Europee del 2015 sottolineano che il test Hpv:
1) è più sensibile e capace di diagnosticare lesioni precancerose più precocemente;
2) è del 60/70% più efficace del nella prevenzione dei tumori cervicali;
3) più facilmente standardizzabile e automatizzabile della lettura citologica;
4) permette intervalli più prolungati tra un test e l'altro (ogni 5/7 invece che ogni 3 anni come raccomandato oggi in Italia con il Pap test).

Ad esempio, il rischio di tumore della cervice 3 anni e mezzo dopo un Pap test negativo (15,4% per 100.000 donne screenate) è doppio di quello 5 anni e mezzo dopo un test Hpv negativo (8,7/100.000 donne). La diminuzione del numero di test permette al test virologico di competere anche a livello di costi con il vecchio screening citologico pur necessitando di un secondo esame, detto di triage, nelle donne che risultano positive per il virus. Il test di triage raccomandato in Europa altro non è che la citologia che permette di valutare se l'infezione è accompagnata da una lesione preneoplastica che deve essere subito valutata con la colposcopia e trattata o rimandata ad un secondo test HPV ad un anno di distanza. E' importante notare, infatti, che l'infezione genitale da HPV è molto diffusa in entrambi i sessi e le donne spesso acquisiscono il virus appena incominciano ad essere sessualmente attive. La maggioranza delle infezioni, però, regredisce spontaneamente e per questo motivo si sconsiglia di usare il test HPV per lo screening delle donne che hanno meno di 30 anni e che per lo più si negativizzano in un anno o due.

Le donne accettano la sfida della prevenzione
Secondo i dati dell'Osservatorio Nazionale Screening, che stima a 75% la diffusione nazionale dello screening organizzato per il tumore della cervice, il 20% dei test di screening in Italia nel 2015 erano test HPV. Il ministero aveva fissato la transizione completa a test HPV per il 2018, data probabilmente troppo ottimistica. Era prevedibile che l'allestimento di laboratori per l'esame virologico di qualità controllata nelle varie aree avrebbe richiesto molto impegno, ma è positivo che dati parziali dalle regioni-pilota suggeriscano che le donne italiane non esitano ad accettare il test HPV quando ben spiegato. Una prerogativa del tutto unica del test HPV è che funziona bene anche se eseguito su auto-prelievo vaginale. Alcuni Paesi e regioni italiane hanno già incominciato ad usare questa modalità per includere nello screening anche le donne più riluttanti a recarsi in un ambulatorio ginecologico. L'auto-prelievo rappresenta anche una grande opportunità per superare la scarsità di strutture e personale sanitario nei Paesi più poveri e la creazione di una struttura di supporto agli screening dei tumori come GAVI per i vaccini sarebbe utilissima.
Con la disponibilità del vaccino anti-HPV (diretto soprattutto le adolescenti) e il test HPV (per le donne adulte in età da screening) l'obiettivo dell’eliminazione del tumore della cervice non è un'utopia. Alla lunga, la coesistenza dei due esami per le donne potrebbe portare alla fine del pericolo Hpv, ma gli Stati devono fare scelte precise di sanità pubblica, con allocazione di risorse e un’organizzazione efficiente sul territorio. Il resto lo faranno le cittadine e gli operatori sanitari che sono sempre l’entusiasta parte attiva di ogni cambiamento di salute.


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