Medicina e ricerca
Lo scientismo è un umanesimo
di Gilberto Corbellini (da Domenica de Il Sole-24Ore)
Tessere un elogio della materia, peraltro nella forma di una storia ideologica della medicina, significa, oggi, cantare fuori dal coro. E già questo è un merito dell'ultimo libro del medico, filosofo e storico della medicina Giorgio Cosmacini (“Elogio della materia. Per una storia ideologica della medicina” - Edra, Milano). Due insulti sempre in voga nel mondo intellettuale sono: scientista e materialista. Se poi si vuol condannare senza appello un punto di vista, si dice che è «ideologia». Scientismo e materialismo si pensa che impoveriscano l'uomo. Uno scientista o un materialista, dicono i filosofi, non saprebbero spiegare perché ci si emoziona davanti a un tramonto o leggendo una tragedia di Shakespeare o guardando gli occhi dell'amante.
Le dimensioni e gli elementi storico-culturali, soggettivi o spirituali che danno valore, senso o dignità alla vita umana si possono cogliere, dicono gli umanisti, solo attraverso le categorie delle metafisiche o filosofie religiose, idealiste, spiritualiste, umaniste, ecc., saprebbero apprezzare e coltivare. È davvero così? In realtà, un minimo di prospettiva storico-filosofica può fare chiarezza.
Cominciamo dal termine «ideologia» che tutti usiamo con una connotazione negativa, per intendere un punto di vista che trova la sua ragion d'essere nell'adesione a interessi di parte e a fini politici, ed elude ogni riscontro obiettivo delle affermazioni, anche attraverso la manipolazione mistificatrice, più o meno intenzionale, dei fatti. In questo senso, si parla di ideologia fascista, comunista, razzista, etc. In realtà, la faccenda è un po' più complicata, perché l'accezione in uso la dobbiamo a due tizi non proprio raccomandabili quanto a onestà intellettuale: Napoleone Buonaparte e Karl Marx.
Il termine «ideologia» fu coniato nel 1796 da Destutt de Tracy per indicare la scienza che studia le idee, analizzandone la formazione, i rapporti, i caratteri dei segni che le rappresentano e la loro origine. Quello degli ideologues, era un salutare, benché epistemologicamente debole, approccio empirista. Di fronte all'opposizione degli intellettuali al dispotismo imperiale, Napoleone iniziò a utilizzare la parola «ideologo» con l'accezione di intellettuale sganciato dalla realtà o asservito a cause politiche.
Per Marx, invece, l'ideologia era l'insieme delle sovrastrutture dottrinarie attraverso cui gli intellettuali borghesi cercano di nascondere la realtà dello sfruttamento di classe, e di giustificare lo stato delle cose per quanto riguarda i rapporti di produzione. Per gli intellettuali di orientamento marxista l'ideologia gioca un ruolo anche nella scienza, influenzando l'interpretazione delle teorie scientifiche in funzione della giustificazione e del rafforzamento dell'ordine sociale dato, ovvero riflettendo a livello della concezione stessa della teoria una naturalizzazione delle condizioni sociali esistenti, che cerca di nascondere la contraddittorietà del reale.
Sotto l'influenza di un'idea sbagliata, la concezione comunista o socialista della società, anche non pochi filosofi e scienziati hanno scritto per anni le più incredibili insensatezze sulla genetica borghese, l'economia politica applicata alle teorie scientifiche, gli approcci materialistico-dialettici alla meccanica quantistica, ecc. E la visione socialista della società e dell'economia a cui erano piegati anche i fatti della scienza, era definita «scientifica».
Una delle conseguenze è stata che anche intellettuali liberali, come Hayeck e Popper, hanno definito il delirio totalitario di fondare il governo della società su ideologie spacciate per scienza, così come l'idea che i fatti sociali ed economici fossero studiabili e spiegabili con i metodi delle scienze sperimentali, come forme di «scientismo».
Il termine «scientismo» ha assunto quindi il significato di uso improprio della scienza, cioè una forma di ideologia. In realtà, volendo essere precisi lo «scientismo» nasce a fine ottocento come visione certo ispirata dai deliri comtiani, per nulla totalizzante, con i francesi Hyppolite Taine, Ernest Renan, Felix Le Dantec, etc. E anche oggi Michael Sharmer, o chi scrive, si definiscono scientisti non nel senso di credere che la scienza consenta di studiare tutto, spieghi tutto e possa giustificare tutto, ma perché pensano che la realtà è fatta solo di ciò che la scienza dice o può dire che esiste. Rivendicare che esiste qualcosa che ha una natura altra dalla realtà accessibile alla scienza serve solo per girare intorno ai fatti e ai problemi, per rassicurarsi o peggio per ingannare e manipolare i consimili.
Cosmacini utilizza l'accezione di ideologia applicata alla scienza da George Canguilhem, per il quale l'ideologia scientifica denota quella produzione intellettuale che ha la pretesa di essere scientifica, ma che ignora i vincoli metodologici della scienza e il rapporto con la realtà empirica. Per Canguilhelm, l'ideologia può precedere la comparsa di una teoria scientifica e renderla possibile, in quanto gli elementi di irrazionalità che essa pone come ostacoli alla scienza rappresentano una sfida da vincere per accedere a una comprensione scientifica di un dato fenomeno.
In questo senso, l'ideologia è la difesa di un'idea, come quella di materia, che parte da intuizioni poco definite e che se contiene elementi euristicamente produttivi può migliorare la comprensione dei fatti.
L'ideologia scientifica, in questo senso, stimola l'avanzamento delle conoscenze. O, meglio, l'ideologia scientifica è la dimensione filosofica di intuizioni che possono diventare conoscenze o spiegazioni controllate dei fenomeni o dei fatti. Se si possono sottoporre a indagine scientifica e se non sono difese come dogmi. In quanto rappresentano la dimensione retorica di un sistema esplicativo, le ideologie scientifiche hanno causato danni e hanno smesso di rappresentare un rischio per le persone fisiche quando sono state raggiunte le conoscenze valide. Questo prima di tutto nel contesto che l'autore considera più importante per l'ideologia materialista, cioè la medicina.
Anche per Cosmacini, come per il patologo napoletano dell'Ottocento, Salvatore Tommasi, il medico non può non essere materialista. Il naturalismo materialista prese piede, non solo in occidente, tra i medici, per esempio con la teoria degli umori, e tutti gli avanzamenti nella comprensione fisica della materia sono tornati esplicativamente alla medicina, dopo aver pensato modelli corpuscolari sempre più aderenti ai fatti. Pensare che la materia della vita fossero i quattro umori e che la malattia fosse dovuta a un loro disequilibrio, implicava purghe e salassi, e l'idea che le malattie mentali derivassero da un'idea iatrochimica e iatromeccanica del cervello implicava la contenzione fisica e l'uso della violenza sui folli. Quando l'uso del metodo scientifico ha portato alla luce l'autentica materia di cui siamo fatti, corpo e mente, i trattamenti sono diventati via via più efficaci e rispettosi della dignità delle persone.
Come scriveva il barone d'Holbach, il materialismo restituisce dignità alle persone, perché non c'è niente di dignitoso nel credere di essere liberi farneticando di anima immateriale – lo stesso si può dire per l'io, la mente, ecc. che sono solo modi di parlare di tratti fenotipici dell'anatomo-fisiologia della materia neurobiologica.
Il materialismo è stato ed è giudicato con supponenza anche dai positivisti e dai filosofi della scienza. Ma a costoro si potrebbe rispondere con Gaston Bachelard, che nel suo Le materialisme rationelle (1953) scriveva che «la scienza non ha la filosofia che merita» e gli intellettuali amano coltivare credenze confuse, piuttosto che «professare la filosofia chiaroveggente della scienza».
Come mostra Cosmacini l'idea di materia è andata incontro a un'evoluzione coerente con quella della scienza. Il più lucido materialista è oggi un neuroscienzato: Jean Pierre Changeux. Rispondendo alla critica più scontata, per cui il materialista nega sé stesso come soggetto conoscente, dato che solo un soggetto che percepisce può conoscere gli oggetti materiali, Changeux argomenta che il soggetto non è altri che «un» cervello. Cioè un «apparato di verità» che è un sistema materiale, costruito dalla selezione naturale, la cui organizzazione anatomica e la cui fisiologia sono spiegabili scientificamente consentono all'individuo, e in seconda istanza alle società di elaborare rappresentazioni della realtà conformi a come questa è effettivamente.
Le coordinate teoriche e scientifiche per formulare una visione materialistica delle basi naturali del pensiero e della cultura, proposte da Changeux, insistono, diversamente dalla tradizione del materialismo ingenuo, non sulla mera natura della materia di cui il cervello è fatto, ma sull'organizzazione che tale materia assume come conseguenza del fatto che si tratta di una particolare modalità di canalizzazione dell'energia per accumulare ed elaborare fisicamente, chimicamente e biologicamente informazione.
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