Medicina e ricerca
Con la “biopsia liquida” il tumore all’ovaio si scopre con l’esame del sangue
Sulla rivista “Cancer Letter” sono stati recentemente pubblicati i risultati di uno studio, attuato in gran parte attraverso finanziamenti dell'Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (AIRC), che ha consentito di identificare una firma molecolare di microRNA (miRNA) nel siero delle pazienti affette da tumore epiteliale maligno dell'ovaio.
La ricerca è stata realizzata da un folto gruppo di ricercatori italiani (biologi, bioinformatici e statistici) facenti capo a diversi Centri clinici (Dipartimento di Biologia dell'Università di Padova, Università di Ferrara, Ospedali Civili di Brescia, Università del Sacro Cuore di Roma) ed è stato coordinato dall'Irccs Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri.
I miRNA sono delle piccole molecole di Rna che hanno importanti funzioni regolatorie. Sono molecole molto stabili e per questo si è scoperto di recente che vengono utilizzate dal tumore e dai tessuti del nostro organismo come degli importanti messaggeri intracellulari. In breve, funzionano sia all' interno della cellula sia dopo essere rilasciati in circolo come messaggeri di un processo tumorale o infiammatorio.
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Una nuova frontiera
«Si tratta di un campo di ricerca ancora largamente inesplorato - spiega Maurizio D'Incalci, capo dipartimento di Oncologia dell'Istituto Mario Negri -, per cui i dati vanno presi con cautela e validati in ulteriori studi. L'analisi comparativa dei profili di miRNA serici di 168 pazienti affette da tumore sieroso ad alto grado e di di 65 donne di età simile, ma non affette dalla stessa malattia, ha tuttavia evidenziato delle differenze importanti e riproducibili. In particolare vi erano delle differenze nell'espressione di tre miRNA denominati miR1246, miR595 e miR2278».
Lo studio pone le basi per successive ricerche mirate a valutare se la misura di questi miRNA possa essere utilizzata per una diagnosi più precoce del tumore ovarico. Inoltre i successivi studi serviranno a stabilire se gli stessi biomarcatori sono potenzialmente utili per misurare l'efficacia della terapia in modo più sensibile e precoce rispetto alle valutazioni tradizionali di tipo radiologico.
«La possibilità di rintracciare nel sangue di un paziente le molecole che sono rilasciate dai tumori - conclude D'Incalci - rappresenta un nuovo, valido strumento, anche meno invasivo, per migliorare i percorsi diagnostici e terapeutici».
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