Medicina e ricerca
Il terremoto e il trauma degli sfollati, un progetto di sostegno sul campo
di Giuseppe Scurci, psicoterapeuta, segretario generale PsyPlus Onlus
Il terremoto è tornato a farsi sentire drammaticamente in un centro Italia già martoriato dai recenti sismi. Nuovi crolli, vittime, una situazione climatica complessa, difficoltà enormi nell'operatività della macchina dei soccorsi, elementi concreti che influiscono in modo netto sulla psiche di chi era già stato messo duramente alla prova.
Ho seguito come psicologo, il processo che ha portato le vittime del primo sisma ad essere sfollate sulla costa, lavorando con loro su di un percorso di sostegno volto all'elaborazione del trauma. Insieme a Intersos e PsyPlus Onlus, abbiamo pensato e sostenuto un progetto, che ci ha portato sul campo dal 26 Agosto prima ad Accumoli e poi a San Benedetto del Tronto.
Il 18 gennaio si è presentata l'ennesima emergenza, un enorme sabotaggio al percorso faticosamente portato avanti dalle vittime del sisma che con forza combattono per riconquistare progettualità e fiducia nel futuro.
Muovendoci negli alberghi della costa abbiamo visto un forte senso di smarrimento, perdita di controllo, impulsività, crisi di panico e angoscia. Le persone riversate nelle hall, rifugiate in macchina, si muovevano disordinatamente, gli anziani erano tra i più disorientati, i loro sguardi persi nel vuoto.
Cos'è successo mercoledì scorso da un punto di vista psicologico?
Per rispondere partiamo da una riflessione sintetica sul Trauma, che feci nel 2014 quando mi venne chiesto da Giampiero Nicoli, Avvocato e scrittore marsicano, di collaborare alla stesura di un romanzo storico sul centenario del terremoto della Marsica intitolato “Le Radici Ritrovate”.
Non tutti reagiamo allo stesso modo di fronte ad un evento traumatico. Lessi sul web, un articolo di Antonello Correale, noto psicoanalista italiano, in cui veniva affrontato questo tema. L'autore approcciava il concetto relativizzandolo, «Si può definire trauma sia un certo tipo di mamma e di papà sia un terremoto che ti fa cadere la scuola sulla testa e ti fa morire tutti i compagni (…) naturalmente non c'è la stessa relazione, però l'unità del concetto non deriva dall'evento ma dall'effetto di quest'ultimo sull'individuo».
Quella che propone l'autore è una definizione in cui il trauma è un evento che produce una discontinuità nell'attività rappresentativa della mente, sostanzialmente quello che abbiamo visto ieri. Il cervello in quelle condizioni, smette di produrre pensiero, immagini ed associazioni fissandosi su un frammento dell'esperienza, quella traumatica. La mente si protegge a scapito della complessità che la caratterizza. Anche le neuroscienze hanno evidenziato come nei momenti di pericolo le funzioni corticali (quelle relative al pensiero) diminuiscono nettamente in favore di attività istintuali ipotalamiche e limbiche, tradotto in termini pratici è come se il nostro corredo fisiologico fosse programmato in queste occasioni, per ridurre al minimo la ricchezza del pensiero con una logica per cui non serve pensare ma serve semplicemente salvarsi.
Van der Kolk, illustre autore e clinico, definisce il trauma “tirannia del passato”. Un traumatizzato si concentra selettivamente sui ricordi legati all'evento traumatico che inquinano tutte le altre esperienze, facendo in modo che si perda la possibilità di apprezzare il presente e di trarre informazioni dal suo esperire.
Nella giornata di mercoledì è come se il tiranno si fosse concretizzato, trasformandosi in qualcosa di tangibile, di estremamente limitante e stringente. Il nuovo sisma ha rimesso al centro il vecchio trauma che faticosamente era stato relegato in una posizione marginale e questo è avvenuto per ben tre volte.
Cosa faremo?
Continueremo con Intersos e PsyPlus Onlus a sostenere il progetto di supporto psicologico, lavoreremo con strumenti d'intervento collettivo (laboratori, gruppi, assemblee, attività comunitarie e ricreative) mantenendo il nostro servizio di sostegno psicologico clinico per individui, coppie e famiglie che ad oggi è attivo a San Benedetto del Tronto ed ha assistito circa 300 persone. Lavoreremo sul trauma e sull'elaborazione dei lutti intesi psicoanaliticamente. Il Lutto non è una condizione legata indissolubilmente alla morte fisica di una persona ma una condizione in cui qualcosa viene a mancare. Sarà un processo lento e graduale che permetterà di disinvestire sul passato e tornare al reale.
Quando il processo di elaborazione del lutto sarà portato a termine in modo soddisfacente la memoria degli eventi che purtroppo hanno colpito il nostro amato centro Italia, non sarà rimossa ma elaborata, relativizzata ed accettata diventando in qualche modo un tassello dell'identità di quelle popolazioni.
È proprio sull'identità che vorrei chiudere citando, come già ho fatto nel 2014, uno stralcio di Claudio Magris e il suo “Infinito Viaggiare”, augurandomi che quello che è accaduto in questi mesi si stratifichi diventando un ricordo pensabile, un pezzetto dell'identità dei nostri amici del centro Italia. Mi piace particolarmente questo frammento perché mette in primo piano la memoria, quella positiva, identitaria, pensabile e non invadente, contraria alla “tirannia del passato”: siamo “Tempo Rappreso”. Non siamo solo «il nostro presente, ma pure quel labirinto di tempi ed epoche diverse che si intrecciano in un paesaggio e lo costituiscon». Il nostro lavoro sarà finito quando tutte le persone che abbiamo visto e continueremo a vedere, smetteranno di essere “terremotati” e torneranno a essere abitanti di Accumoli, Amatrice, Arquata e di tutti i paesi del Centro Italia straziati dal sisma.
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