Medicina e ricerca
Etica e ricerca, la collaborazione con le aziende è utile e possibile se c’è trasparenza
di Andrea Poli (Sitecs per la consulta cardiovascolare - www.consulta-cscv.it)
I rapporti professionali tra ricercatori e aziende, e le implicazioni che tali rapporti possono comportare sull’indipendenza e l’affidabilità della ricerca scientifica e delle opinioni espresse dai ricercatori stessi, sono oggetto di un dibattito che negli ultimi tempi si è fatto serrato. Le letture critiche di questo rapporto prevalgono in genere sui media “laici”, dove sembra dominante l’idea che i ricercatori che collaborano con le aziende sia come consulenti e sia come destinatari di sponsorizzazioni per le proprie ricerche possano lasciarsi condizionare da tali rapporti fino al punto da mettere a repentaglio la propria indipendenza e quindi l’attendibilità, sul piano scientifico, del loro lavoro. Sulle riviste scientifiche l’approccio al tema è più articolato, e alle valutazioni molto rigide di alcune testate (Steinbrook R et al., BMJ 2015) si contrappongono gli atteggiamenti più riflessivi di altre (Drazen JM, NEJM, 2015; Cappola AR, JAMA 2015; Lüscher T, Eur Heart J 2016).
I principali termini del problema possono essere così riassunti:
• I ricercatori che hanno rapporti di collaborazione a qualsiasi titolo con aziende industriali o commerciali, devono avere la possibilità di elaborare o partecipare all’elaborazione di review, commentari, editoriali, linee-guida, o di partecipare come relatori a corsi accreditati di formazione/aggiornamento, oppure no?
• La diffusa tendenza a considerare intrinsecamente di valore limitato la ricerca e il punto di vista di questi ricercatori, presumendo che essi siano necessariamente condizionati dal loro rapporto con le aziende (Kesselheim AS, NEJM 2012), è condivisibile oppure no?
• È importante, oppure no, tutelare l’interazione tra accademici e mondo aziendale, sia pur prevedendo l’interposizione di appropriate barriere protettive, nella convinzione che tale rapporto può facilitare lo sviluppo delle conoscenze ed è quindi di vantaggio alla società nel suo complesso (Lüscher T, Eur Heart J 2016)?
• I conflitti di interesse di ambito finanziario sono gli unici (e i più gravi) che possono minare l’obiettività degli esperti?
La posizione della Consulta cardiovascolare su questi temi è presentata di seguito.
a. I vantaggi della collaborazione tra mondo scientifico e mondo aziendale sono importanti e prevalenti sui rischi che tali rapporti comportano. Considerazioni specifiche, al proposito, sono reperibili in alcuni autorevoli editoriali o commenti sul tema (Drazen JM, NEJM 2015; Rosenbaum L, NEJM 2015, 2015a, 2015b; Cappola AR, JAMA 2015; Lüscher T, Eur Heart J 2016). Pragmaticamente non si può non considerare, a questo proposito, che la ricerca scientifica è in buona parte supportata dalle aziende del settore (sostanzialmente, da aziende produttrici di farmaci, device di varia natura, strumenti per diagnostica e imaging, dispositivi medici). Tale collaborazione tra ricercatori e mondo aziendale consente di trovare risorse per ricerche che difficilmente sarebbero altrimenti sostenute da finanziamenti pubblici, ma anche (e soprattutto) di indirizzare efficacemente lo sviluppo industriale, con attenzione ai principali medical needs.
b. È interesse comune del mondo scientifico e aziendale che il rapporto tra aziende ed esperti/organismi di ricerca sia del tutto trasparente, e finalizzato in primis all’acquisizione di nuove conoscenze di alta qualità nei settori di interesse. La qualità di queste conoscenze è essenziale perché le conoscenze stesse possano generare, nel tempo, i legittimi ritorni economici alle società sponsor della ricerca.
c. Il processo di selezione degli esperti da coinvolgere nella ricerca sponsorizzata da parte delle aziende si basa nella stragrande maggioranza dei casi, anche per i motivi ricordati, sulle loro competenze tecnico-scientifiche e sulla loro capacità di produrre significativi progressi delle conoscenze nel settore: quindi non sulla loro disponibilità a farsi portavoce di specifiche esigenze aziendali, che non porterebbe alcun vantaggio concreto (e soprattutto duraturo) alle aziende stesse.
d. La presenza di esperti di riconosciuta competenza nei progetti di ricerca sponsorizzata dalle aziende è la migliore garanzia del fatto che questi progetti, sul piano dell’elaborazione del protocollo, della metodologia di studio, dell’interpretazione dei risultati, saranno basati sui migliori standard scientifici del momento. L’esclusione di queste figure dalla collaborazione con il mondo aziendale e dalla ricerca sponsorizzata ne impoverirebbe i contenuti tecnico-scientifici, rallentando il trasferimento delle competenze dalla comunità scientifica al mondo aziendale e all’ambito applicativo, da cui possono derivare i maggiori vantaggi per la società nel suo complesso.
e. La loro esclusione dal processo di revisione e di elaborazione delle conoscenze (reviews, linee guida, corsi di aggiornamento e formazione, ecc.) rappresenterebbe, parimenti, una perdita di competenze importanti per la comunità scientifica, producendo inevitabilmente uno scadimento del livello di questi documenti.
Le necessarie precauzioni. Che pericoli possano emergere dalla collaborazione tra esperti e aziende è d’altra parte evidente. Nel disegno, nella conduzione e nella presentazione dei risultati di una ricerca sponsorizzata è possibile introdurre, deliberatamente o meno, elementi distorsivi, che ne orientino l’esecuzione o l’interpretazione. Alla luce di ciò, nonostante il progresso delle conoscenze scientifiche sia caratterizzato da importanti meccanismi di “autodepurazione” da dati falsi e/o dalla falsificazione dei dati, i rapporti tra comunità scientifica e mondo aziendale devono essere caratterizzati da assoluta trasparenza, e la ricerca sponsorizzata deve essere condotta nel rispetto degli standard internazionali comunemente accettati.
In particolare, come forma di specifica cautela, andrebbero esplicitamente precluse: 1. la possibilità da parte dello sponsor di promuovere modifiche del protocollo, una volta che esso sia stato definito. Tali modifiche, ove rese necessarie dallo svolgimento della ricerca stessa, devono essere indipendentemente decise e promosse dal Comitato scientifico indipendente che la coordina; 2. la possibilità di “non pubblicare” i dati, se difformi dalle attese e/o potenzialmente sfavorevoli per lo sponsor; 3. la possibilità di non menzionare la sponsorizzazione nella reportistica dei risultati dello studio Andrebbe inoltre esplicitamente prevista l’esistenza di un “adjudication committee”, indipendente dallo sponsor, per la valutazione degli end-points clinici rilevati nelle popolazioni studiate; il team statistico che analizzerà i dati, analogamente, dovrà essere del tutto indipendente dallo sponsor.
Il referaggio degli articoli relativi a progetti di ricerca sponsorizzati dovrebbe essere effettuato (come è peraltro prassi, per le riviste di alto livello) da esperti non collegati in alcun modo all’azienda sponsor dello studio. È opportuno creare ulteriori barriere protettive quando si entri in ambiti specificamente e direttamente collegati agli aspetti economici del mercato della salute (la registrazione dei farmaci e la definizione del prezzo e della loro rimborsabilità). Simili considerazioni possono riguardare altri interventi o strumenti diagnostici o terapeutici.
Caratteristiche del processo di sviluppo delle conoscenze scientifiche. Non va peraltro trascurato il fatto che il progresso delle conoscenze scientifiche è protetto da alcuni meccanismi di sorveglianza e da aspetti metodologici da considerare adeguatamente. La valutazione degli esiti sperimentali di una ricerca o di un contributo di pensiero, prima della loro pubblicazione prevede, come è ben noto, la peer-review: e cioè la valutazione, in forma riservata e anonima, della qualità del lavoro scientifico realizzato dal ricercatore da parte di “pari”. Compito della peer-review è di accertare che tutti i criteri base della ricerca scientifica e della sua elaborazione in documenti di sintesi (dalla corretta formulazione del quesito sperimentale, alla pianificazione, esecuzione, analisi statistica ed interpretazione dei dati, ma anche all’estrazione ed alla valutazione dei dati di letteratura) siano state svolte correttamente. Inoltre, dopo la pubblicazione di risultati o dati di qualunque natura, gli stessi saranno ricontrollati sperimentalmente da parte di altri ricercatori, specie se particolarmente innovativi o “controcorrente”. Tale “controllo” dei dati raccolti e pubblicati, che caratterizza tutte le attività di ricerca, rende di fatto certo che, nel tempo, eventuali falsificazioni dei dati (o loro letture parziali) verranno identificate ed eliminate e che qualunque errore sperimentale (deliberato o non che sia) verrà inesorabilmente alla luce nel tempo.
L’eventuale “retraction” dei dati pubblicati, che segue la scoperta di falsificazioni degli stessi, macchia inoltre indelebilmente il curriculum del ricercatore. Vale anche forse la pena di sottolineare, in conclusione, che la maggior parte dei ricercatori, inclusi quelli che collaborano con le aziende (come peraltro i membri di tutte le categorie professionali) sono persone con precisi principi etici, del tutto restii a qualunque falsificazione di dati scientifici, mossi da un generale desiderio di contribuire al progresso delle conoscenze ad al benessere del pubblico (Fuster V, JACC 2015).
Alla luce di questi presupposti la CSCV ritiene corretto concludere che tutti i ricercatori, qualunque sia il loro rapporto con le aziende, devono avere accesso e possibilità di partecipazione attiva a tutti gli ambiti di discussione in ambito scientifico (produzione, valutazione ed elaborazione dei dati), con pari dignità rispetto a coloro che, per scelta o per assenza di proposte, non hanno rapporti con il mondo aziendale stesso. I contributi scientifici degli esperti coinvolti a qualunque titolo in rapporti di collaborazione con il mondo aziendale fatti salvi i principi prima ricordati devono essere valutati “a posteriori” (sulla base della solidità e della plausibilità dei contenuti esposti, delle posizioni espresse e delle argomentazioni prodotte) e non classificati “a priori” come non accettabili o “biased”. Anche perché è inopportuno che gli esperti siano costretti a “scegliere” tra una ricerca di ambito puramente istituzionale e la collaborazione con il mondo aziendale: nel competitivo mondo scientifico moderno il ruolo degli esponenti di maggiore rango (e quindi di maggiore contributo potenziale) dovrebbe essere massimizzato, e non limitato.
Riportando la valutazione delle posizioni degli esperti al loro stretto contenuto scientifico si tutela tra l’altro indirettamente la società anche da altri conflitti di interesse (non finanziari) potenzialmente non meno pericolosi (avanzamenti di carriera, necessità di pubblicare, opportunismo scientifico, posizioni dogmatiche o comunque predefinite, ecc., si veda il box dedicato). Queste posizioni, specie quelle di tipo ideologico, se supportate dal consenso dei media, di parte del mondo politico e del pubblico, sono potenzialmente molto pericolose, in quanto possono rallentare in modo grave il progresso scientifico e lo sviluppo delle sue applicazioni tecnologiche, ritardandone o precludendone i possibili impatti favorevoli sulla qualità di vita della popolazione (si pensi ad esempio al tema Ogm).
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