Medicina e ricerca
Donazione di organi a cuore fermo: una realtà anche in Italia
di Francesco Procaccio (Cnt)
24 Esclusivo per Sanità24
L'implementazione della donazione a cuore fermo è uno degli obiettivi strategici che il Centro Nazionale Trapianti insieme alla rete nazionale e alle società scientifiche ha deciso di perseguire.
Al pari della donazione di organi e tessuti su soggetti di cui è stata accertata la morte con criteri neurologici (cosiddetta morte encefalica), anche quella a cuore fermo è strettamente regolamentata dalla Legge 29 dicembre 1993 n. 578 e dal D.M. 11 aprile 2008 n. 136 che aggiorna il D.M. 22 agosto 1994 n. 582.
L'accertamento di morte con criteri cardiaci prevede l'osservazione di un'assenza completa di attività cardiaca e di circolo per almeno il tempo necessario perché si abbia con certezza la necrosi encefalica tale da determinare la perdita irreversibile di tutte le funzioni encefaliche: in Italia questo periodo è di 20 minuti, negli altri Paesi dell'Unione europea è ridotto in una forbice tra i 5 e i 10 minuti.
La legge italiana ha privilegiato la sovrabbondante certezza della morte rispetto alla necessità di limitare il danno ischemico degli organi per il bene del paziente trapiantato. Ciò ha per lungo tempo fatto pensare che la funzionalità degli organi, in particolare fegato, polmoni e cuore, non fosse adeguata per un trapianto efficace ed ha praticamente escluso la DCD in Italia, nonostante la DCD avesse conquistato in molti paesi un ruolo importante per numero e qualità di organi utilizzati con successo, basti pensare che nel 2014 sono stati effettuati in Europa circa 2000 trapianti da donatore a cuore fermo.
La risposta italiana rispetto alla donazione a cuore fermo è stata peculiare: senza una riduzione preliminare del tempo di assenza di attività cardiaca richiesto dalla legge, peraltro auspicabile in futuro, si è riusciti a garantire una buona qualità degli organi prelevati grazie ad un'accurata gestione del potenziale donatore puntando a limitare il danno ischemico con l'utilizzo di assistenza cardiocircolatoria extracorporea (ECMO) immediatamente dopo l'accertamento di morte e successivamente con l'utilizzo delle tecniche di riperfusione degli organi ex vivo. È questa, infatti, una metodica che offre nuove prospettive per preservare e migliorare la funzionalità degli organi riperfondendoli e valutandoli dopo il prelievo e prima del trapianto. Ciò ha reso recentemente possibile il prelievo e trapianto anche di fegato, oltre a quello di rene già realizzato in Italia grazie al progetto pilota Alba condotto a Pavia sin dal 2007. Inoltre, grazie ad un protocollo innovativo messo in atto da un anno, si è reso possibile il prelievo e trapianto di polmone, ottenuto con la riperfusione dell'organo per alcune ore dopo il prelievo. In tutti questi casi la riuscita del trapianto è stata buona.
Questo approccio rende estremamente aperta la possibilità, anche nel contesto italiano, di incrementare il numero di organi utilizzabili e diminuire il rischio di fallimento del trapianto o di complicanze ma rende urgente una raccolta dati in registri nazionali e la programmazione di trials clinici che permettano la valutazione degli esiti e l'auditing continuo dei risultati. Per questo è essenziale che la rete nazionale agisca in modo coordinato e sinergico nello sviluppo di un programma nazionale di donazione a cuore fermo.
Al fine di chiarire i presupposti per lo sviluppo del DCD in Italia Il CNT ha prodotto un “Position Paper” e un Documento Operativo consultabili sul sito del CNT www.trapianti.net invitando i grandi ospedali a definire protocolli di donazione a cuore fermo, in particolare dove esista un consolidato percorso di trattamento delle gravissime insufficienze cardiocircolatorie.
Il Centro nazionale trapianti ritiene importante che si possa offrire un'adeguata formazione degli operatori finalizzata alla conoscenza del processo di donazione DCD e alla consapevolezza che la proposta di donazione in morte encefalica e a cuore fermo sono entrambe possibili ed appropriate, sia dal punto di vista etico che dei risultati clinici. È posizione condivisa che l'accertamento di morte con criteri cardiaci non deve mai sostituirsi a quello con criteri neurologici, quando l'accertamento in morte encefalica sia clinicamente effettuabile.
Le Società scientifiche hanno a loro volta prodotto un documento di indirizzo che chiarisce aspetti etici, clinici e tecnici, validando il percorso di donazione a cuore fermo nei soggetti con arresto circolatorio intrattabile avvenuto all'esterno e all'interno dell'ospedale e chiedendo un dibattito aperto per la presa in carico delle situazioni, peraltro molto frequenti, di cura del fine vita in rianimazione.
Le Società Scientifiche infine sostengono sulla base del consenso internazionale l'opportunità di ridurre i minuti di assenza di attività cardiaca necessari in Italia per l'accertamento di morte, come inutile prolungamento del danno ischemico agli organi potenzialmente trapiantabili.
Il numero di cittadini favorevoli alla donazione di organi continua a crescere nel nostro paese per cui i sistemi sanitari di ciascuna ragione sono chiamati ad offrire risorse adeguate per rendere possibile la donazione di organi in tutti gli ospedali italiani e, in particolare, quella a cuore fermo negli ospedali che sono particolarmente eccellenti nel trattamento dei pazienti con gravissime patologie cardiocircolatorie acute. Sicuramente la donazione di organi a cuore fermo è nelle possibilità del nostro Paese e dei medici e infermieri italiani.
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